Menu Chiudi

VIESTE ANTICA/ L’ETA’ DEL BRONZO (4)

Nel territorio viestano l’età del bronzo è conosciuta soprattutto nei suoi riflessi finali e di transizione verso l’età del ferro. Il Bronzo, nel Gargano, è peculiare della civiltà del ferro, cioè della c.d. « civiltà enea »: in alcune località garganiche, infatti, la pietra continua ad essere usata al posto dei metalli, e quando alle pendici del Gargano,” nella pianura di Lago Salso, fioriva la colonia di Coppa Nevigata, dove i « terramaricoli » fondevano oggetti di bronzo e confezionavano farine dai grani prodotti nel vicino Tavoliere, sul Promontorio continuava la caccia agli orsi e ai cinghiali.

E non sarebbe errato parlare di una specie di «hiatus» esistente nel Gargano tra il livello eneolitico e quello attribuibile alla prima età del ferro. Sicché si può affermare che la fine dell’età eneolitica, nei nostri luoghi, sfocia insensibilmente nella prima età del ferro, allorché iniziano i primi rapporti delle genti garganiche con le altre regioni della penisola italiana, rapporti che non restano un episodio isolato, in quanto tutta la regione garganica fa già parte integrante della civiltà appenninica, fiorita alla fine del secondo millennio a. C. e caratterizzata dalla ceramica plasmata con impasto nero-lucido (pseudo-bucchero) e decorata con motivi a meandro e a spirale.

Nella Caverna di Manacore (Peschici), dove sono state scoperte deposizioni funebri nella tipica posizione rannicchiata, accompagnate da corredi individuali di vasi e di bronzi e soprattutto da spade, la « tipologia dei bronzi, e in particolare delle spade, mostra chiaramente rapporti sia con gli ambienti continentali delle regioni centro-settentrionali della penisola italiana, sia con il mondo miceneo » ( 1 ).

All’età del bronzo vengono attribuiti gli strati inferiori della caverna, i quali richiamano Io strato medio dell’abitato capannicolo della punta omonima, dove l’industria litica scompare (è stata rinvenuta solo qualche scheggia o lama bruta). Notevoli, per la « facies » corrispondente a questo strato, alcuni frammenti di grossi fornelli, muniti di quattro larghi fori. Un particolare gruppo di oggetti fittili è costituito da « piramidette » a superficie grezza o levigata, munite di un foro che le attraversa nella parte superiore. La ceramica c abbondante: predomina quella nerolucida, ma vi è anche quella a superficie marrone o rossiccia e quella di colore rosso vivo, particolarmente brillante.

(t) Puglisi S. M., op. cit., pag. 23.

Anche il materiale più antico della stazione di Molinella riporta allo strato inferiore della Caverna di Manaccore e a quello medio del villaggio della punta omonima, manifestando le medesime radici culturali della civiltà del bronzo.

È a questo periodo che risale l’occupazione di Punta Molinella da parte dei capannicoli. La località, che si trova a circa Km. 4 a Nord-ovest di Vieste, è costituita da uno di quei piccoli promontori calcarei che si riversano nell’Adriatico; le sue condizioni ambientali sono analoghe a quelle rilevate per la stazione di Paglianza e per il villaggio di Manaccore.

Anche il villaggio di Molinella è stato scoperto dal Puglisi nell’autunno del 1946. L’altura si presentava spoglia di vegetazione e priva di depositi terrosi; solamente il versante Sud-occidentale aveva permesso la formazione di un deposito di spessore rilevante, la cui stratigrafia dimostrò l’esistenza di due livelli culturali. Palma di Cesnola attribuì lo strato inferiore all’età del bronzo e quello superiore, invece, all’età del ferro (2). Il livello culturale inferiore poggiava sulla superficie del banco calcareo del Cretacico superiore, appositamente adattato con un battuto di detriti, nel quale i numerosi fori circolari dimostrano che essi dovettero servire per conficcare i pali, sui quali venivano erette le capanne.

(2) Palma di Cesnola, Problemi e lineamenti di preistoria garganica, in Atti della Soc. Ital. di Scienze naturali, CII, Fase. Ili, 1963.

Lo strato, spesso cm. 40 circa, era costituito da terreno di colore tabacco. Il materiale archeologico, abbondante, è rappresentalo da ceramica e da qualche scheggia priva di tracce di lavorazione. Uno degli elementi di concomitanza con i depositi di Manaccore è fornito da un grosso piatto, frammentano, di impasto a superficie marrone, internamente lucidata, con scanalature incrociate.

La ceramica è in prevalenza lucidata a stecca e buccheroide; essa contiene gli elementi più significativi. Di accurata fattura sono due anse nastriformi riverse in fuori e a margini rialzati, con anello basilare; un’insellatura è appena accennata all’apice e i margini tendono a formare lievi falcature. Una di tali anse è in ceramica buccheroide; l’altra è a superficie marrone-lucida.

Notevole, perchè specifica e nuova, è un’ansa larga, con ampia apertura circolare mediana, a falcature laterali culminanti in due apici alla spatola. Tra la ceramica non levigata, generalmente inornata, è da menzionare un frammento a superficie rossiccia fornita di presa a protuberanza, nel quale è visibile tratto dell’orlo irregolarmente dentellato mediante la pressione delle dita sull’argilla ancora molle.

Compare, inoltre, quale elemento nuovo, in questo livello, un’industria ossea costituita per lo più da « punteruoli ricavati da ulne di cane e di bove ». Ceramiche tardo-appenniniche, industria ossea, litotecnica ormai impoverita costituiscono, quindi, gli aspetti

caratteristici del livello culturale inferiore del villaggio capannicolo di Molinella, che «è poi quello diffuso su tutto il Promontorio, dalle rive del lago di Varano a Peschici e a Vieste » (3). Osservando ancora, la località, il Puglisi notò un taglio semicircolare, che può considerarsi il fondo di una capanna: prolungando, infatti, le due estremità del semicerchio si ottiene un’area circolare di circa m. 4 di diametro.

Sulla parte più elevata del colle, inoltre, fu scoperto il «dolmen», sul quale è stato riferito nel capitolo riguardante il Neolitico. Qui si ricorda solo che non mancano coloro che attribuiscono il monumento di Molinella all’età del bronzo.

Esaminate le stazioni del nostro territorio che hanno dato reperti dell’età del bronzo, è necessario fare ora alcune considerazioni di carattere generale. Con la tarda età del bronzo, per le genti dei nostri luoghi, si ha l’inizio di una nuova «facies» culturale: scompare la tecnica dell’incisione, mentre appare la decorazione «a solcature», con lo sviluppo di particolari anse sopraelevate (anse cornute o lunate) e si ha rimpianto di una vera e propria economia agricola sussidiaria. Si ha, inoltre, la cessazione pressocchè totale della frequentazione della grotta e dal tipo di insediamento semplice

3) Mancini, Palma di Cesnola, Saggio di scavo a Grotta Pippola, in Boliett. di Paletti, ¡tal, Serie XII, 1958-59, pag. 95.

 si passa a forme di vere abitazioni; ciò è dovuto soprattutto alla prevalenza dell’economia agricola su quella pastorale. Si assiste anche a uno sviluppo di altre attività artigianali e di una ceramica dipinta, mentre grande impulso riceve la produzione metallurgica.

Il Peroni ritiene che da noi la civiltà del bronzo sia stata introdotta da alcuni Cretesi, i quali, secondo la leggenda di Erotodo, impossibilitati ad espugnare la città di Camica, si accingevano a fare ritorno in patria, quando assaliti da « fiera procella » furono sbattuti sui nostri lidi, dove si integrarono con le genti indigene per dare luogo ad una nuova unità etnica (4).

Infine è da dire che, nella valutazione di questa nuova «facies», non si può prescindere dal considerare la posizione geografica del territorio di Vieste, dove la «facies subappenninica» è penetrata già precostituita ed elaborata.

(4) Peroni R., op. cit., pag. 26.

Michele Potito

Giorgio Vario

Da Vieste Antica – 1970 –