Nel 1968 Ignazio Silone pubblicò “L’avventura d’un povero cristiano”, con una dedica emblematica: “la solita storia”. L’Autore rilegge in chiave evangelica, come aveva fatto il Petrarca, la storia di Celestino V, simbolo della inconciliabilità della santità con il potere. Pietro Angelerio si muove con impaccio sui sentieri del mondo e compie l’estremo atto di rinuncia al pontificato, caso rarissimo nella bimillenaria storia della Chiesa
La fuga
Celestino si dirige verso il monastero di San Giovanni in Piano, presso Apricena. Dopo quattro settimane il priore gli procura un imbarco a Rodi Garganico per la Grecia, dove si è rifugiata la comunità degli spirituali di Clareno, ma la nave naufraga a quindici miglia da Rodi e a cinque miglia da Vieste.
La località dove egli trascorre nove giorni, prima di essere consegnato agli emissari di Bonifacio Vili, non è stata individuata dai biografi coevi (Analecta Bollandiana, Vita C). Due storici locali, Giuliani e Aliota, la localizzano rispettivamente nella spiaggia di S. Maria di Merino, presso Vieste e nell’Abbazia benedettina di Santa Maria di Càlena, a Peschici.
Fonti orali, che si riflettono nella toponomastica dei luoghi, riferiscono che Celestino V si rifugia in una zona rupestre, la grotta dell’Abate, presso la spiaggia di Càlalunga, tra Peschici e Vieste, ed è qui che sarebbe stato prelevato dal governatore di Vieste. Lo storico locale Giuseppe Martella ipotizza: «Papa Celestino trovò rifugio in una grotta di Peschici, quella che noi chiamiamo ‘a grott u papa”. L’insenatura da cui si diparte il sentiero che conduce al complesso rupestre è denominato in dialetto «u’ lale d’ la Croce» ( spiaggetta della Croce).
La Croce fa parte della simbologia celestiniana: il suo logo è una Croce con una S intrecciata, simbolo dello Spirito Santo.
I luoghi garganici
La presenza nel Gargano di Celestino V, e dei “fraticelli” spirituali, trova un’eco letteraria ne “L’Avventura di un povero cristiano” di Silone. La scena V si svolge in una località impervia, raggiungibile solo in arca, tra Peschici a Vieste. Il tempo del racconto è un giorno di maggio del 1295, dopo sei mesi all’abdicazione di Celestino e dall’inizio della sua fuga per sottrarsi alle ricerche degli agenti di Bonifacio VIII.
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Celestino riposa all’interno di una grotta; due giovani frati, in abiti civili, aspettano che si svegli per comunicargli le ultime novità: il priore di San Giovanni in Piano ha messo a disposizione una barca con un paio di pescatori per andare in Grecia Aspettano, per partire, che il vento sia favorevole.
Presa la decisione dell’esilio, Celestino ne spiega i motivi ai due fraticelli che gli sono rimasti accanto: «Figli miei, guardate questa terra, queste pietre, il mare, il cielo; riempitevi l’anima di queste immagini; per ripensarle da lontano. Bisogna amare la propria terra, ma, se essa diventa inabitabile per chi vuole conservare la propria dignità, è meglio andarsene».
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Al di là ai questi riferimenti toponomastici e letterari, i luoghi del comprensorio sono interessati dall’onda della memoria di Celestino V. La sua figura restò impressa nell’immaginario collettivo per un’affinità importante: il territorio garganico si era qualificato, fin dal periodo medievale, per un’estesa e capillare colonizzazione monastica, una serie di insediamenti religiosi e di grotte rupestri, dove monaci, anacoreti ea eremiti vivevano in stretta simbiosi con la natura
Le abbazie
Nell’XI e XII secolo numerose abbazie benedettine erano proliferate intorno al Santuario dell’Arcangelo Michele: ebbero una straordinaria influenza spirituale ed economica, con estesi possessi territoriali e imponenti strutture insediative. Alle terre incolte e ai boschi, che costituivano gli iniziali possessi fondiari, si sostituì una rete di nuclei produttivi di seminativi e vigne. L’esperienza degli insediamenti monastici celestiniani, il sistema delle “fratemite” e delle “graneie” si inserirà in questo contesto propizi favorendo l’utilizzo razionale del territorio.
teresa m. rauzino
edicoladelsud