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Viaggio “virtuale” tra scavi e necropoli d’èlite a Vieste

Grande pubblico per la presentazione del libro “Tesori archeologici dalla tomba di una èlite a Vieste del Gargano” a cura di Giovanni Pacilio, commentato nell’auditorium dell’Istituto scolastico polivalente “Lorenzo Fazzini”. La pubblicazione è solo una tappa del percorso iniziato circa un anno fa, grazie alla collaborazione tra l’Amministrazione Provinciale, l’Irase provinciale di Foggia e la Soprintendenza archeologica della Puglia, che ha visto il coinvolgimento dei giovani e delle scuole che hanno partecipato attivamente al convegno organizzato nella sede della Provincia di Foggia e alla mostra iconografica curata dalla dottoressa Giovanna Pacilio e dalla professoressa Maria Bianco.  “L’avventura archeologica di Vieste è nata quasi per caso, dallo scavo di una vasca antincendio nel cortile del Comune”, racconta il presidente del Consiglio provinciale, Sergio Clemente. Il territorio di Vieste è intriso di storia e questi ultimi ritrovamenti archeologici sono senza dubbio espressione di una civiltà fiorente in passato, che riflette ancora il suo splendore nella civiltà odierna arricchendola di storia e di cultura. “Riallacciare i fili di questa trama costituisce un impegno non solo etico ma anche sociale, perché dimenticare il passato significa negare il futuro”, sostiene il Presidente della Provincia.
La pubblicazione del testo offre a Eliseo Zanasi, Presidente di Confindustria di Foggia, l’occasione di ricordare la grande valenza del binomio turismo e cultura, quale elemento di sviluppo del territorio e della sua economia. “Va quindi rafforzata l’attenzione per il patrimonio archeologico, erroneamente ritenuto di interesse elitario, ma che al contrario è in grado di coinvolgere settori più ampi della società civile, per i suoi valori intrinseci che richiamano la nostra storia e le nostre tradizioni”, sostiene Zanasi. Infatti, la tomba di Vieste può essere considerata a buon diritto un unicum nella, zona garganica. Si tratta di una tomba dietà ellenistica, del periodo che va dall’inizio del III fino al TI sec. a. C., di tipo a cassa o semicamera, posta a 300 cm dal piano della pavimentazione del cortile.
Questa tomba, di solito, veniva utilizzata per un’unica deposizione, ma nel caso di Vieste, la stessa venne riutilizzata spesse volte per nuove inumazioni. Tra i ventisei inumati si sono potuti riconoscere uomini, donne e bambini. Alcuni defunti, forse, appartenevano a una sola famiglia, forse non erano indigeni, come attestano le monete, il vasetto alessandrino, il cristallo di rocca con la delicata incisione, l’anfora rodia. Notevole è la complessiva ricchezza dei corredi presenti al suo interno: ceramiche, metalli, oggetti d’osso e monili. Il cospicuo materiale recuperato, la particolare struttura tombale e la raffinatezza di alcuni oggetti sembrano denotare l’appartenenza a un ceto elevato della famiglia quivi deposta, probabilmente in intensi rapporti con i poli delle altre sponde del Mediterraneo.
Le indagini, per esigenze di tempo e per la scarsità dei finanziamenti, si sono fermate a questi ritrovamenti. Per una ricostruzione rispettosa della complessa realtà storica, si resta in attesa dei risultati delle analisi dei dati raccolti da parte degli esperti, tutt’oggi in corso. Una sepoltura che ha riservato interessantissimi ritrovamenti testimoniando la ricchezza degli individui deposti, grazie ai preziosi e rarissimi reperti che furono tumulati coi defunti. Inoltre, proprio per valorizzare il patrimonio archeologico foggiano, è stato presentato un progetto ‘MosaiComEra’ con tanto di sito internet per capire di cosa si tratta.