I Righeira cantavano “L’estate sta finendo”, e con l’estate si chiudono i rapporti di lavoro stagionale, in particolare quelli legati all’ospitalità: camerieri di ristoranti e pizzerie, addetti alla pulizia delle camere degli alberghi, cuochi e bagnini. Un mercato importante, che ha ripreso vigore dopo la pandemia.
Ma anche in questo settore, e non solo in agricoltura, si scrivono pagine di sfruttamento. La paga oraria si aggira dai tre ai cinque euro, per almeno 12 ore di lavoro sette giorni su sette.
Le storie che abbiamo ascoltato da tre ragazzi che hanno lavorato quest’anno in Puglia, quello passato in Romagna, sono simili: dieci -dodici ore di lavoro malgrado il contratto part time, nessun giorno di riposo. «Sono queste le condizioni – ci spiega Giovanni – se vuoi lavorare. Il mio stipendio è di 1200 euro netti in busta, per almeno dieci ore di lavoro, e senza riposo. Il conto è presto fatto: sono cinque l’euro l’ora». Giovanni è stato anche” indottrinato” dal datore di lavoro. In caso di controlli da parte dell’Ispettorato del lavoro non deve assolutamente far cenno a orari e mancato riposo.
«Sono un bagnino con tanto di brevetto, sono capace di effettuare interventi di primo soccorso in attesa dei sanitari ed ho imparato ad usare il defibrillatore – racconta Giulio, alla sua quinta stagione lavorativa – e la mia paga è di 1100 euro».
Anche in questo caso è facile fare i conti, e sono drammatici: in agosto i Lidi balneari garantiscono l’assistenza del bagnino almeno per dodici ore e la paga di Giulio scivola quindi a tre euro l’ora. Ma il suo contratto racconta una storia diversa: lo stipendio è sempre da 1.100 euro ma su cinque ore giornaliere e con il giorno libero.
Anche Ilaria, fidanzata con Giulio, ha la sua storia di sfruttamento da raccontare. «Lavoro in albergo, e il mio compito è rassettare le camere e pulire i bagni. Una volta rinite le camere do una mano in cucina, pulisco le verdure e le pentole sporche. Dodici ore di lavoro al giorno e senza riposo settimanale per 1200 euro». Ilaria pranza e cena con il personale dell’albergo. «Ma non è un regalo- ci dice orgogliosa – questi pasti me li guadagno con il sudore della fronte. E quel sudore non è una metafora».
edicoladelsud