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CINEMA/ FAVINO (DA CANDELA) E RAGNO (DA VIESTE) INCARNANO IL SUD DA CUI PROVENGONO. NEL FILM CANDIDATO ALL’OSCAR VA IN SCENA LA CITTA’ MERIDIONALE

La città del Mezzogiorno è una bella donna da cui scappa­re, resta un dolore necessario. Un dolore che porta in sé la voglia di tornare e che trasforma la vita di ogni meridio­nale in una resa dei conti che sta lì e aspetta che sia giunto il tempo di guardare. Di guardare al passato e rimettere insieme i pezzi, riconsiderando le azioni, le scelte, i legami e i pentimenti, per dare una lettura finale della propria anima, che non si sen­te in ordine finché questa resa dei conti non è compiuta.

E un archetipo che sta alla base di molte pellicole di successo questo rimpatrio trasformativo. Un rimpatrio che si mostra for­te e foriero di violenza, quasi una possibilità di redenzione ne­gata che in ogni caso trasforma. Non quello che attendeva da anni di essere trasformato, ma altro. Quell’altro che si era bloc­cato e che doveva ricominciare a camminare, perse stessi, per gli altri, per le vite che ai protagonisti sono intrecciate. Pierfrancesco Favino e Tommaso Ragno,con i loro linea­menti mobili e maschili, hanno raccontato egregiamente que­sto passaggio profondissimo e umano, tanto da essere rico­nosciuti come Migliore attore protagonista e non protagonista, in un film che rappresenterà l’Italia agli Oscar del 2023: No­stalgia di Mario Martone. Un film che ha partecipato in con­corso all’ultima edizione del Festival di Cannes, riscuotendo molto successo tra il pubblico e la critica. E che ha poi ottenu­to cinque Nastri d’Argento: per la Miglior Regia a Mario Marto­ne, per il Migliore Attore Protagonista a Pierfrancesco Favino, per la Migliore Sceneggiatura a Mario Martone e a Ippolita Di Majo e per il Migliore Attore Non Protagonista a Francesco Di Leva e Tommaso Ragno.

Favino e Ragno illuminati su una passerella mondiale dunque. Uomini che seppur distanti dalla loro terra di origine (che è poi la Capitanata), quella stessa terra da cui resta doloroso e ne­cessario scappare, non smettono di rappresentarla.

Ragno è originario di Vieste, dove nacque nel 1967 e dove tut­tora vivono i suoi genitori cui spesso fa visita. Favino ha ricordi di infanzia legati a Candela (paese in cui lo considerano un con­terraneo e di cui è originaria la sua famiglia), quando ancora bambino, stava affacciato alla finestra della casa dei nonni, in quel paese in cui “abitano ricordi che non si cancellano, radicati come sono in quella porzione di memoria infantile”.

Da Vieste Ragno scappa a Milano non appena possibile, così da poter frequentare la Scuola d’arte drammatica Paolo Gras­si, debuttando poi in teatro proprio con lo stesso Martone con cui oggi riceve gli applausi. Favino la provincia foggiana la por­ta nel cuore, grazie ai genitori candelesi. Un uomo e una don­na dalle idee tradizionali che male accolsero il desiderio del fi­glio di lavorare nel cinema, affermando che “solo un coglione” avrebbe fatto una scelta del genere.

“Sono uomini della nostra terra: pezzi da novanta”, racconta a l’Attacco l’esperto Mauro Palma, che gestisce il cinema Adriatico a Vieste. “Ragno viene dal teatro e lo stiamo sco­prendo adesso. In Ti mangio il cuore ha una parte bellissima, che gli è servita ad avere grande visibilità. Favino è il nostro Ro­bert De Niro. La coppia di pugliesi Favino-Ragno funziona al­la perfezione. In Puglia abbiamo attori favolosi e non ce ne pos­siamo lamentare”. E tornando a Nostalgia commenta: “Si trat­ta di un film splendido, di una delicatezza mostruosa e di una quotidianità che sa riferire la vita comune del protagonista. Sa raccontare il rapporto che tutti noi abbiamo con una madre an­ziana di cui ci prendiamo cura. Così come la fuga da una terra che il protagonista sente sua, ma da cui è dovuto scappare per un omicidio che non ha commesso. C’è la voglia di rientrare e trovare le radici. Al protagonista resta dentro un germe che gli fa sentire Napoli come la sua casa. Una Napoli che potrebbe essere qualunque paese del sud. Anche noi proveremmo que­sta nostalgia se fossimo costretti ad allontanarci”.

Se gli si chiede a quale destino sono condannate le città del sud, come ne escono da una narrazione che le vuole sempre maledette, con gli abitanti stretti nella morsa della nostalgia, Palma risponde: “La fuga è necessaria e nessuno ritorna, a me­no di non avere la forza intellettuale e spirituale per superare una città del genere. Napoli ne esce splendida, accogliente, un luogo che anche negli angoli peggiori offre bellezza. Favino e Ragno bene incarnano il volto del sud. Sono loro il sud. Tra lo­ro c’è un’amicizia carnale. È un talento che hanno attori che vengono da terre in cui c’è tanto sole, spesso contrapposto al­le zone buie”.

Apprezzamento per Nostalgia anche dal docente universitario Eusebio Ciccotti,: “Favino è un attore completo, bravo come Gassman. Lo stesso dico di Ragno. Favino l’ho conosciuto personalmente durante un incontro e devo dire che mi ha fatto un’ottima impressione. Sono felice che entrambi abbiano le ra­dici in questa terra”..

Una felicità che ha come contraltare la tristezza di poter riven­dicare soltanto un minuscolo pezzo della vita dei due grandi at­tori: quello dell’infanzia, la parte di esistenza originaria da cui ogni cosa ha inizio. Perché dalla bella donna, scappare resta un dolore necessario. Appunto.

l’attacco