Il regista Elio Piccon con il suo film cult “l’Antimiracolo”, fu definito da Filippo Fiorentino «un interprete accreditato del neorealismo e dell’identità garganica», mettendo in risalto la grande valentìa del regista ligure che aveva portato all’attenzione nazionale un’altra Italia: l’incontaminato e ancora selvaggio Gargano, terra bellissima afflitta da secoli dalla disoccupazione e dall’emigrazione, lontana anni luce dal “miracolo italiano” del triangolo industriale italiano. Film importante per conoscere il contesto del territorio garganico degli anni sessanta e spiegare il persistere delle sacche di arretratezza socio-economica negli anni novanta e nei tempi attuali.
Oggi, la riscoperta di Elio Piccon a livello nazionale è dovuta alla tenacia della figlia Natalia che dal padre ha mutuato la passione per la fotografia e il cinema. A lui ha dedicato un sito web, riprendendo tutti i materiali d’archivio che documentano la genesi di film e cortometraggi di Piccon ed elaborandoli sul web.
Come nasce l’Antimiracolo? Nel 1961 Piccon aveva girato il film “Italia 61” con la Walt Disney Production, opera spettacolare presentata dalla Fiat all’Esposizione di Torino per le manifestazioni del centenario dell’Unità d’Italia II lavoro di ripresa si svolse per 22mila chilometri attraverso Italia e Rhodesia per filmare la diga di Kariba, costruzione italiana. È da lì che nasce la decisione di Piccon di mostrare anche l’altro volto dell’Italia degli anni Sessanta: l’Antimiracolo appunto. «Per realizzare “L’Antimiracolo’, il regista si trasferisce nel Gargano, sulla laguna di Lesina,
senza uno straccio di soggetto e sceneggiatura, e vive lì tre mesi prima di girare un metro di pellicola. Sceglie interpreti non professionisti, li fa parlare nella loro lingua, li filma nel loro mondo. Praticamente senza troupe, arriva a girare in un anno di lavoro ventimila metri di pellicola.
teresa m. rauzino
edicoladelsud