C’è il via libera alla realizzazione di nuovi fabbricati rurale, quando sono necessari all’attività agricola. Ma dalla Consulta arriva uno stop abbastanza pesante all’urbanistica creativa della Regione, contenuta nella legge 39 approvata nel novembre 2021, quella con cui è stato prorogato il Piano casa: lo stop alle demolizioni e ricostruzioni fuori sagoma in aree vincolate, e quello agli ampliamenti creativi degli immobili destinati ad attività produttive.
Nella legge di cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di due articoli, infatti, la Puglia aveva giocato d’astuzia. Gli interventi di demolizione e ricostruzione fuori sagoma, che comportano un bonus di volumetria, sono considerati ristrutturazioni dalla legge nazionale ma soltanto se riguardano aree escluse da vincoli paesaggistici. In caso contrario sono considerate «nuove costruzioni» che devono passare attraverso la normale trafila: e dunque hanno bisogno del parere paesaggistico.
La Regione aveva giocato di astuzia, inserendo nella legge regionale il riferimento a una circolare del Ministero Infrastrutture del 2 dicembre 2020 che sembrava consentire quella possibilità. Circolare smentita 15 giorni dopo da un parere di segno opposto. La Consulta ha giocato a rimpiattino e ha cancellato dalla legge proprio quel riferimento alla corpoare. «In questo modo – scrive il giudice delle leggi -, l’incipit della disposizione regionale assume effettivamente la natura di rinvio mobile, consentendo fra l’altro l’applicazione della citata clausola di salvaguardia anche nella formulazione attuale, risultante dalle modifiche medio tempore introdotte». Vuol dire che si toma a fare riferimento al Testo unico per l’edilizia, da ultimo modificato a luglio, secondo cui – appunto – gli interventi di demolizione e ricostruzione in area vincolata si considerano «ristrutturazioni» soltanto mantenendo sagoma, prospetti e sedime dell’edificio pre-esistente.
Stop anche ai «bonus» su alcune tipologie di immobili destinati a industria e terziario previsti da altri due commi della legge 39. Il primo è rimasto in vigore appena tre mesi (è stato modificato a gennaio, ma anche là modifica è stata impugnata) e prevede che «l’ampliamento delle attività produttive non è soggetto a limitazioni di superficie coperta e di volume». Il secondo è il più importante, perché ha già consentito varie operazioni abbastanza spericolate, alcune delle quali sono all’esame dell’autorità giudiziaria (il progetto di ristrutturazione del mercato coperto di Otranto, un supermercato in zona San Pasquale di Bari). Si tratta della norma in base a cui «gli ampliamenti fino al 20 per cento delle attività produttive» non hanno bisogno di variante urbanistica (e dunque di conferenza di servizi), ma possono essere autorizzati direttamente attraverso il permesso di costruire: è l’equivalente urbanistico di una licenza di uccidere. La Consulta ha rilevato che la Regione non poteva farlo, perché quelli imposti dalla legge urbanistica nazionale sono «limiti massimi di densità edilizia a tutela del “primario interesse generale all’ordinato sviluppo urbano”».
Le decisioni non sono di poco conto, se si pensa a quante demolizioni e ricostruzioni in area vincolata sono state autorizzate dai Comuni. Le sentenze della Corte costituzionale valgono ex tunc, con le salvezze previste dalla legge: vuol dire che le autorizzazioni rilasciate in base a quella norma, per le quali non sono scaduti i termini di impugnazione, dovranno essere annullate.
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