“Pur nella consapevolezza che la stragrande maggioranza degli operatori economici e dei professionisti operino nel pieno rispetto della legge, dalle audizioni è emerso che nel Foggiano non c’è stata ancora una reazione forte e netta di tutte le componenti della società civile alla sfida terribile lanciata dalla mafia foggiana. Le indagini hanno fatto emergere 1’esistenza di ima zona grigia tra mafia propriamente detta e operatori economici; una zona di mezzo in cui è difficile distinguere tra chi è vittima dei criminali e chi in qualche modo ne è diventato col tempo socio”. E’ uno dei passaggi salienti delle 187 pagine dedicate dalla commissione parlamentare alla criminalità organizzata pugliese, e soprattutto a quella della Capitanata.
SENTITE 40 PERSONE – La commissione nella precedente legislatura tra la missione a Foggia del 9 e 10 maggio 2019 e le audizioni in Parlamento tra febbraio 2020 e febbraio 2022 ha ascoltato una quarantina di persone tra vertici delle forze dell’ordine, magistrati, prefetti, amministratori pubblici, commissari di governo insediati dopo lo scioglimento di 5 comuni tra cui Foggia, vittime del racket, presidenti di imprenditori, commercianti, associazioni antiracket. Tracciato un quadro grave, occupandosi attraverso il lavoro della consulente Giovanna Montanaro anche della nascita e dell’evoluzione della “Società foggiana” e della mafia garganica, che insieme alla mafia cerignolana formano la “quarta mafia d’Italia” dopo Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra.
DA CUTOLO IN POI – Partendo dalla nascita negli Settanta della “Nuova camorra pugliese” (i capi erano Cosimo Cappellari su Cerignola, Giuseppe Iannelli e Giosuè Rizzi su Foggia, i fratelli Modeo su Taranto, Pino Rogoli a Lecce) fondata da Raffaele Cutolo e subordinata inizialmente alla “Nuova camorra organizzata” tanto da essere obbligata a versare al capo della Nco fino al 40/50% dei proventi dei propri affari, i mafiosi pugliesi e foggiani con gli anni acquisirono autonomia tanto che adesso “le varia mafie del territorio non sono subalterne a quelle di altre regioni e alla criminalità albanese” con cui sono in affari.
TRE REALTÀ – Tre organizzazioni criminali la fanno da padrone. C’è la “Società foggiana” divisa in tre batterie (Moretti/Pellegrino/Lanza; Sinesi/Francavilla; e Trisciuglio/Prencipe) “che mostra un volto particolarmente violento e brutale di ispirazione cutoliana, facendo dei traffici di droga e delle attività estorsive i punti cardine della propria attività, con interessi nel settore ricreativo, delle onoranze funebri, nell’agro-alimentare, nel settore rifiuti e del turismo”. La mafia garganica “è particolarmente feroce e violenta; si occupa di traffico di droga e armi, c’è una fitta rete estorsiva e dunque l’imposizione di un capillare controllo del territorio; i gruppi predominanti sono i Libergolis di Monte Sant’Angelo e i Romito di Manfredonia, un tempo alleati e dal 2009 in perenne lotta tra loro”. E ci sono i cerignolani che dopo le batoste giudiziarie del processo Cartagine degli anni Novanta (decine di arresti e condanne, anche 15 ergastoli) “si sono ricompattati, sviluppando una politica meno predatoria rispetto al territorio, abbandonando l’estorsione selvaggia a vantaggio di altri metodi ai arricchimento quali traffico di droga e grandi rapine: scelta condivisa tant’è che negli anni si è assistito a un solo omicidio di tipo mafioso, dando luogo a un modello criminale difficile da contrastare. Dismessa la richiesta di pizzo, a Cerignola si punta a sviluppare una sorta di connivenza, quasi un patto di mutuo sostegno con la comunità”. L’economia del territorio foggiano “sotto il profilo dell’interesse dei clan si riparte in tre settori strategici: agricolo nel Gargano e a Foggia; turismo, sul Gargano; edilizio nel capoluogo”.
PREOCCUPANTI LE INFILTRAZIONI NEL TESSUTO AMMINISTRATIVO
Il fenomeno delle mafie foggiane è diventato un’emergenza nazionale; i clan sono aumentati; le infiltrazioni nel tessuto amministrativo-economico-sociale hanno superato la soglia di guardia. C’è tutto questa nelle 187 pagine della relazione della commissione parlamentare antimafia sulla situazione della criminalità organizzata pugliese: due/terzi sono dedicati a Foggia e provincia.
“Le mafie foggiane mostrano un’elevata capacità di pene- trazione nel tessuto imprenditoriale locale e nelle pubbliche amministrazioni, come testimoniano i recenti scioglimenti per infiltrazioni mafiosi di 5 consigli comunali, tra cui Foggia, secondo capoluogo di provincia in Italia a essere sciolto. Le mafie locali si distinguono per l’impenetrabilità connessa con la struttura familistica dei gruppi e con il forte radicamento territoriale, favorito dall’omertà di larghe porzioni del contesto in cui operano e dall’ancora debole portata (piuttosto recente) delle azioni di contrasto sociale,
nonostante la presenza di vittime innocenti e il frequente verificarsi di fatti di sangue. Dalle audizioni di esponenti della società civile e dell’associazionismo antimafia è emerso che ancora tantissimo dev’essere fatto per sensibilizzare e coinvolgere i cittadini nei percorsi di legalità e per aiutare gli operatori economici a uscire dal circolo vizioso della paura e del pizzo; la realtà di Foggia da questo punto di vista è ancora purtroppo allo stato embrionale”.
Le indagini “hanno consentito d’accertare che la Società foggiana nel corso degli anni ha abbandonato una dimensione esclusivamente cruenta e selvaggia per assumere le vesti di associazione mafiosa in grado di inquinare con le proprie forze il tessuto economico e sociale, perseguendo la strada di una mafia imprenditoriale attiva nel settore del delitti contro il patrimonio, delle armi, dello spaccio, e anche nell’alterazione della regolarità delle corse ippiche”.
La controprova di queste infiltrazioni estese anche al condizionamento dei circuiti politico-istituzionali va cercata e trovata nello scioglimento nell’estate 2021 del consiglio comunale di Foggia, che “segnala una elevata pervasività della Società nel contesto locale e nella pubblica amministrazione, e sembra rappresentare un modello paradigmatico per la Puglia in riferimento ai rapporti tra delinquenza organizzata, politica, funzionari pubblici e imprenditoria”.
Ci sono “elementi critici co- munì ai casi di scioglimento dei comuni di Monte Sant’Angelo, Mattinata, Cerignola, Manfredonia e Foggia: le irregolarità registrate nelle procedure di affidamento degli appalti per la gestione di servizi e lavori pubblici. Nei cinque comuni si registrano in maniera sistematica punti di contatto tra macchina amministrativa, politica e imprenditoria criminale. Il caso di Foggia è in tal senso paradigmatico: i titolari delle società che erogano i servizi comunali sembrano collegati alle consorterie criminali cittadine. Nel capoluogo si è delineato un intreccio tra gestione della cosa pubblica e attori criminali intorno a diversi servizi: l’affidamento degli alloggi popolari (un consigliere comunale ha riferito che questo settore risulta pressoché controllato dalla compagine mafiosa, in grado di gestire l’assegnazione abusiva delle case esigendo una tangente dai richiedenti); la riscossione dei tributi (vicenda tuttavia finita con tante scuse dello Stato, ndr); la gestione degli impianti semaforici; la manutenzione del verde pubblico; i servizi cimiteriali (anche questa vicenda finita con la completa riabilitazione, ndr); la gestione dei bagni pubblici e del sistema di videosorveglianza stradale. Il caso denota quindi l’ingerenza della criminalità organizzata in differenti aree amministrative, favorita da una colpevole inosservanza delle disposizioni normative da parte degli apparati amministrativi nelle procedure seguite per gli affidamenti”.
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IL PIZZO PRETESO IN AGRICOLTURA MA C’E’ CHI HA DENUNCIATO I BOSS
L’audizione di Lazzaro D’Auria – imprenditore agricolo che vive sotto scorta dopo aver denunciato e fatto arrestare e condannare gli estorsori, tra cui il boss Rocco Moretti, che pretendevano da lui 200mila euro di pizzo – “ha permesso alla commissione parlamentare antimafia di venire conoscenza anche dell’esistenza di un vero e proprio tariffario imposto presumibilmente a gran parte degli imprenditori agricoli di Foggia in cambio di servizi di guardiania”. E’ una della novità che emerge dalla relazione dell’organismo parlamentare sul “caso Foggia”. Sugli oliveti chiesti 150 euro annui “per evitare che vengano tagliati”; sui vigneti 300 euro; sui frutteti 150 euro “perché si tratta di una coltura più povera”; sul grano 50 euro; e sul pomodoro 300 euro a ettaro. “Tenendo presente che a Foggia ci sono 510mila ettari di terreni coltivabili, di cui 90mila uliveti, vigneti e frutteti; 300mila destinati a coltivare grano; 20mila al pomodoro e 15mila ad altre colture come asparagi e carciofi, il complessivo di queste moltiplicazioni per imposizione raggiunge una cifra di 40 milioni di euro all’anno”.
Nella relazione vengono fomiti altri dati: tra estate 2017 e maggio 2019 la prefettura firmò 30 interdittive antimafia (e oltre 60 sono arrivate negli anni successivi) “quando a livello storico fino a quel momento ne erano state prodotte solo 12”; “dal ’78 al 2022 nel Foggiano compiuti più di 300 fatti di sangue di stampo mafioso, dei quali solo il 20% ha avuto un esito giudiziario”. Dopo la strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017 collegata alla guerra tra i clan garganici Libergolis e Romito, “c’è stata una svolta in termini di risposta repressiva da parte dello Stato con un cambio di strategia nel contrasto alle mafia locali sviluppandosi da una parte sul versante delle risorse (istituiti lo squadrone Cacciatori di puglia dei carabinieri; il reparto prevenzione Crimine della Polizia a San Severo; la sezione operativa della Dia a Foggia), e dall’altro sul metodo, puntando sulla cooperazione sinergia istituzionale tra tutti gli uffici inquirenti che operano a livello nazionale e locale: Dna nazionale, Dda di Bari, Procura di Foggia, forze dell’ordine, prefettura. E la squadra stato dal 2017 a oggi” annota la commissione “ha permesso il compimento di 60 operazioni antimafia con circa 400 misure cautelari eseguite, 67 interdittive del prefetto, lo scioglimento per infiltrazioni mafiose di 5 comuni: Monte Sant’Angelo, Mattinata, Cerignola, Manfredonia e Foggia».