Il motivo per cui la Corte costituzionale ha deciso di cancellare la proroga del Piano casa pugliese per l’anno 2022 è davvero molto semplice. Interventi straordinari – come lo è il bonus volumetrico pensato ai tempi del governo Berlusconi -, sono ammissibili solo «quando presentino i caratteri dell’eccezionalità e della temporaneità», e dunque non possono essere riproposti per 10 anni di fila. Ma le conseguenze della sentenza depositata ieri, che ha cancellato i tre articoli della legge 38/2021 che hanno disposto la proroga dei bonus (e del recupero dei sottotetti, dei porticati e dei seminterrati) per tutto lo scorso anno, sono pesantissimi: tutti i permessi rilasciati in base a quella legge, infatti, sono nulli e potrebbero non essere più richiedibili.
Da ieri gli uffici urbanistici dei Comuni pugliesi sono infatti in subbuglio. La sentenza della Consulta (17/2023, redattore de Pretis) comporta l’eliminazione dal mondo giuridico delle norme con cui il Consiglio regionale ha modificato per la settima volta il Piano casa originario (legge 14/2019), consentendo dunque di autorizzare «fino al 31 dicembre 2022» gli interventi straordinari di ampliamento su immobili esistenti alla data del 1° agosto 2021. Questa sentenza dunque travolge tutte le autorizzazioni chieste nel corso del 2022, o meglio quelle precedenti all’entrata in vigore della nuova legge 20/2022. Ad agosto scorso, infatti, il Consiglio regionale ha approvato una ulteriore legge che ha reso strutturali i bonus volumetrici (ed è stata a sua volta impugnata dal governo): in questa nuova legge è esplicitamente previsto che le pratiche edilizie presentate in base al «vecchio» Piano casa dovessero essere «istruite e concluse secondo le prescrizioni» della legge 14/2019.
Il risultato finale è che chiunque ha ottenuto un permesso secondo la legge 14/2019, così come prorogata dalla legge 38/2021, deve immediatamente fermare i lavori. All’annullamento sfuggono sicuramente gli interventi edilizi autorizzati in base alla proroga precedente (quella scaduta il 31 dicembre 2021), e – probabilmente – quelli autorizzati dopo ma già portati a termine. «Bisognerà verificare caso per caso – spiegano dal Comune di Bari – ma di certo l’effetto giuridico è netto. Abbiamo già cominciato a fare una ricognizione, almeno per tipologie di casi. Ovviamente andranno con- siderati anche gli effetti sul bilancio», dal momento che i Comuni – disponendo l’annullamento dei permessi – saranno chiamati anche a restituire gli oneri concessori e i contributi sul costo di costruzione.
Il problema è enorme: basti pensare a chi ha demolito un fabbricato per effettuare ima ricostruzione con bonus volumetrico in base al Piano casa, ma anche – banalmente – a chi sta ampliando una villetta. L’intervento immaginato lo scorso anno potrebbe infatti non essere più effettuabile. Le istanze di autorizzazione edilizia decadute possono senz’altro essere ripresentate sulla base della nuova legge di agosto 2022, ma il problema è che nel frattempo le regole sono cambiate. L’ultima legge prevede infatti la possibilità di ampliamento «nel limite del 20% della volumetria complessiva e comunque non oltre 300 metri cubi» (che diventa il 35% per demolizione e ricostruzione) men
tre la legge precedente, quella cassata, modulava i bonus in fattispecie diverse. Significa dunque che alcuni dei progetti autorizzabili in base alla legge precedente ora potrebbero diventare inammissibili. Senza contare che la nuova legge 2022 prevede che i Comuni possano adottare delibere per escludere determinate zone del territorio dalla possibilità di applicare il Piano casa: qualcuno potrebbe insomma rimanere con il cerino in mano.
Un pasticcio enorme, le cui responsabilità sono assolutamente bipartisan, e che potrebbe addirittura allargarsi nei prossimi mesi. Il Consiglio regionale pugliese è sempre stato felice di mettere le mani nelle norme urbanistiche, a volte con invenzioni che hanno sfiorato l’incredibile (tipo la possibilità di ampliare anche edifici non ancora esistenti). E non è affatto detto che la nuova legge passi indenne il vaglio della Corte costituzionale.
gazzettamazzogiorno