Dove mi curo? È la domanda immancabile, ed angosciante, nel momento in cui si è dinanzi ad una diagnosi di tumore. La risposta, però, deve dipendere da dati oggettivi ed il primo, avvertono gli esperti, è il volume, ovvero il numero di interventi di chirurgia oncologica che una struttura effettua in un anno. Maggiore è il volume, maggiore è la qualità e l’efficacia delle cure.
Da oggi, un aiuto concreto ai pazienti è a portata di clic: è una mappa aggiornata dei centri dove si registrano i maggiori volumi per 17 diverse neoplasie. A metterla a punto è stata la Rete oncologica pazienti Italia (Ropi), partendo da un dato: in Italia più di un intervento su 4 (pari al 26%) avviene ancora in strutture «sotto soglia» in cui il numero di operazioni effettuato è sotto lo standard previsto.
La mappa «Dove mi curo?», presentata al ministero della Salute ed elaborata partendo dai dati del Programma Nazionale Esiti 2022 di Agenas, è online sul sito di Ropi www.reteoncologicaro- pi.it) ed evidenzia come, tuttavia, in 5 anni – dal 2017 al 2021 – le strutture «sopra soglia» siano passate da 143.469 a 148.491, segnando uh aumento del 3,5%. Nello stesso arco di tempo, inoltre, si è comunque registrata una riduzione dell’11% dei luoghi di cura in cui si esegue un volume sotto soglia di operazioni. Il Nord è stabilmente in testa e supera i volumi soglia per gli interventi su tutte, o quasi tutte, le 17 neoplasie.
Al Sud, invece, solo 3 Regioni si avvicinano a coprire tutte le principali patologie nella top ten nazionale: Sicilia, Campania e Puglia. Per questo, è ancora forte la «migrazione» sanitaria verso il Nord, con oltre 24mila pazienti costretti a muoversi ogni anno. Con la mappa della Ropi, ha affermato il ministro della Salute Orazio Schillaci, «si lancia un forte segnale di trasparenza e informazione verso i cittadini» ma è necessario «rafforzare la rete dell’assistenza e superare quel gap tra un Centro-Nord e un Sud del Paese, del quale ancora ci parlano i dati della mobilità sanitaria in particolare in tema di assistenza oncologica». L’indicazione è dunque quella di rivolgersi ai centri con i maggiori volumi e puntare ad un sistema, rileva Schillaci, «nel quale gli interventi chirurgici si concentrino nelle strutture più altamente specializzate, con il numero di casi maggiore e gli esiti migliori».
La scelta del luogo di cura, conferma infatti la presidente Ropi Stefania Gori, «può fare la differenza nel trattamento dei tumori. I dati confermano una forte associazione tra volumi di attività chirurgica più alti e migliori esiti delle cure». Ed i dati resi noti da Ropi, in termini di sopravvivenza, lo dimostrano: per il tumore ovarico, ad esempio, la sopravvivenza a 3 anni è del 65% se l’intervento è effettuato in strutture specializzate, ma cala al 44% in quelle con un volume di interventi sotto la soglia minima. Per il tumore del seno, invece, la sopravvivenza a 5 anni è dell’83,9% nei centri con alti volumi di interventi (ovvero sopra la soglia minima fissata a 150 interventi l’anno), ma scende al 78,8% nelle strutture che effettuano 99-50 interventi l’anno e cala ancora al 74,9% in quelle con meno di 50 interventi l’anno.
Avere una mappa di centri con i maggiori volumi di attività è dunque fondamentale, commentano soddisfatte le associazioni dei pazienti, che considerano questo progetto un punto di riferimento. Nel caso del tumore al seno ad esempio, afferma Giorgia Capacci, presidente dell’Associazione Oltre il nastro rosa, «conoscere i centri dove le ricostruzioni mammarie hanno liste di attesa più brevi, dove la chirurgia plastica è d’eccellenza, può davvero essere dirimente nel risultato del percorso per una donna». gazzettamazzogiorno