Il boss pugliese, dopo la fuga dal carcere di Nuoro, potrebbe essere in Olanda o Germania grazie alle protezioni dei narcotrafficanti colombiani. Non si esclude possa essersi anche ricongiunto con il latitante Gianluigi Troiano.
Non si sono mai fermati i controlli e le perquisizioni in provincia di Foggia nell’ambito delle indagini sulla clamorosa fuga del boss della mafia di Vieste, Marco Raduano. Indagini che, dopo l’arresto a Nuoro, della moglie di un detenuto e di un agente della polizia penitenziaria del carcere di massima sicurezza dove era detenuto Raduano, potrebbero portare un contributo importante a quello che si sta facendo anche nel foggiano.
Dal giorno dell’evasione del boss in provincia di Foggia sono in atto posti di blocco, controlli e perquisizioni: soprattutto sul Gargano la terra di Raduano, dove può contare su una serie infinita di appoggi e collaborazioni. Tra le ipotesi anche quella che Raduano, subito dopo l’evasione, possa aver raggiunto un posto sicuro nel Nord Europa, forse in Olanda o Germania. Una ipotesi non assurda, se si pensa che in passato diversi esponenti della criminalità organizzata foggiana sono stati arrestati, proprio in Olanda e in Germania, dove erano riusciti a rifugiarsi. Ad Amsterdam si era rifugiato Saverio Tucci, “Faccia d’Angelo”, originario di Manfredonia: nella stessa città è stato ucciso ottobre 2017 da Carlo Magno per una questione di droga. Nel 2008 Giuseppe Manzella, detto “Sansone” esponente di spicco di un clan di Manfredonia era stato arrestato a Langenfeld, una città della Renania settentrionale. Personaggi che, nel corso della loro latitanza avrebbero goduto di una serie di “protezioni” a aiuti della criminalità del posto: gli stessi che potrebbe avere ora Marco Raduano.
Nel corso degli scorsi anni sarebbero emersi numerosi “contatti” tra mafia garganica e narcotrafficanti colombiani, che proprio nei paesi del Nord Europa smercerebbero ingenti quantitativi di cocaina che vengono dirottate anche in Puglia. Meno probabile l’ipotesi avanzata da qualcuno che Marco Raduano possa nascondersi a casa sua, nella Foresta Umbra. E’ vero che qui potrebbe beneficiare dell’aiuto di numerosi suoi sodali e fiancheggiatori, come il gruppo di Mattinata che in passato ha fatto “affari” con il gruppo di Raduano. Un territorio impervio, è vero, ma controllato quotidianamente dai reparti speciali dei carabinieri, come i cacciatori di Puglia.
Insieme al braccio destro Troiano?
Tra le ipotesi, forse la più pericolosa, c’è anche quella che Raduano possa essersi, in qualche modo, ricongiunto con Gianluigi Troiano, braccio destro del boss e anche lui latitante dopo essere evaso dagli arresti domiciliari l’11 dicembre del 2021 da Campomarino, in provincia di Campobasso, dove era sottoposto a misura cautelare dal gup di Bari per reati di criminalità organizzata di matrice mafiosa. I due, l’8 marzo scorsi, dovevano essere presenti all’udienza del processo “Neve di marzo” davanti ai giudici della Corte d’Appello di Bari. Il processo prende il nome dall’operazione che nel 2019 sgominò il clan di Raduano. Tra le accuse contestate associazione dedita al traffico di droga aggravata dal metodo mafioso, detenzione illegale di armi, furto e riciclaggio. Secondo quanto evidenziato dagli investigatori Troiano si sarebbe dato alla latitanza “per gestire in prima persona gli affari illeciti del clan colpito e sprov¬visto di elementi di spicco in seguito ad Omnia Nostra”, operazione contro la mafia del Gargano portata a termine nel gennaio del 2022: tra i destinatari dell’ordinanza lo stesso Raduano. Ora non è escluso che con la sua evasione il boss voglia tornare a gestire lui stesso gli affari del suo clan ritornando a controllare il territorio e i suoi traffici illeciti.
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