Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea esprimendosi su una vertenza che coinvolge l’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato e il comune di Ginosa (Taranto).
«I giudici nazionali e le autorità amministrative» italiane, stabilisce la Corte «sono tenuti ad applicare le norme pertinenti» del diritto europeo, «disapplicando le disposizioni nazionali non conformi».
I giudici di Lussemburgo erano chiamati a pronunciarsi sull’interpretazione della legge italiana che prevede la proroga automatica delle concessioni balneari, facendo chiarezza sulla validità, il carattere vincolante e l’effetto diretto della direttiva Ue per i servizi nel mercato interno, nota come Bolkestein.
Nel dettaglio, la vertenza sotto esame risale al dicembre 2020, quando il comune di Ginosa, applicando la normativa nazionale, decise di prorogare automaticamente le concessioni andando incontro alla contestazione da parte dell’Agcm.
Nella sentenza odierna la Corte ricorda che le disposizioni Ue si applicano «a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo» e che, nel valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili per la messa a bando, i Paesi membri sono chiamati a basarsi «su parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati».
I giudici sottolineano come non sia emerso «alcun elemento idoneo a inficiare la validità della direttiva» europea, e come nell’approvarla, nel 2006, il Consiglio Ue – che rappresenta i Ventisette – abbia «correttamente deliberato a maggioranza qualificata».
La Corte ritiene inoltre che «l’obbligo per gli Stati membri di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente» per l’assegnazione delle concessioni, e «il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione» siano «enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva». Alla luce di questi elementi, i togati europei hanno dunque stabilito che «i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti ad applicare» le disposizioni europee, disapplicando invece «le norme di diritto nazionale non conformi».
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