Consiglio provinciale mezzo vuoto ieri, molti consiglieri sono rimasti a casa a seguire la seduta convocata dal presidente Nobiletti. Per la verità anche il sindaco di Vieste, che presiede l’assemblea, sarebbe dovuto rimanere nel suo ufficio a palazzo di città, almeno secondo quanto denunciato dai consiglieri di opposizione che hanno inscenato ieri una singolare protesta presentandosi regolarmente in aula. «Il presidente restituisca dignità all’alta, basta con i consigli provinciali convocati da remoto».
Sta di fatto che ieri il presidente ha sorpreso i contestatori, presentandosi in aula davanti a scranni semideserti, alla presenza di quattro dei sei consiglieri che hanno firmato la nota polemica (Roberto Augello, Rino Pezzano, Liliana Rinaldi, Antonio Zuccaro, assenti Mangiacotti e Maggi).
L’assemblea ha votato un solo accapo all’ordine del giorno all’unanimità, relativo alla ratifica della deliberazione del presidente avente ad oggetto: “Progetti Pnrr – atto di indirizzo – variazione al bilancio di previsione 2022-2024 – annualità 2023 in esercizio provvisorio e utilizzo avanzo vincolato di amministrazione 2022».
«Collegati in videoconferenza – informa Palazzo Dogana – i consiglieri: Cilenti Lucrezia; De Maio Tonio; Giurato Luigi; Prencipe Salvatore; Sementino Michele e la Vice Presidente, Palladino Nunziata».
I consiglieri di opposizione avevano contestato nella nota il «il modus operandi del presidente Nobiletti e chiesto con forza il rispetto della dignità del consiglio provinciale». La riunione di ieri del consiglio provinciale sarebbe stata «l’ennesima» collegata ancora una volta in remoto prima del blitz di Nobiletti.
Cambierà qualcosa adesso? I consiglieri parlano di «situazione intollerabile ed inaccettabile – affermano – poiché irrispettosa dell’istituzione che rappresenta e mortificante per l’intero consiglio provinciale».
«Nobiletti ha evidentemente accusato ben presto la fatica di dover percorrere quotidianamente decine di chilometri per portarsi da Vieste a Foggia e viceversa a svolgere l’incarico per cui si è candidato, diventando, di fatto, un presidente “da remoto”».