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Capitanata/ Inondati da 100 milioni di litri d’acqua

Disastro nel Foggiano. Almeno seimila persone sono senz’acqua potabile.

 

L’unica «buona» che raccomandano alcuni agricol­tori è quella interna da San Paolo Civitate a Serracapriola. L’unica per arrivare vicino al nuovo argi­ne del fiume Fortore, che da ieri pomeriggio si è abbassato di circa due metri. La «luce» sotto il pon­te, ovvero la parte che l’acqua non occupa più è di circa 7.70 metri. Tra martedì e mercoledì notte, quando il fiume ha rotto gli argi­ni, quel livello era più alto di due metri. Dopo il ponte ad una deci­na di chilometri 6000 persone, i cittadini di Serracapriola e Chieuti sono senz’acqua da giovedì sera. La condotta che trasporta l’acqua potabile è stata distrutta all’altez­za di Ripalta. E’ sommersa da ac­qua e fango e fino a ieri sera non poteva essere riparata. Neppure le idrovore sono riuscite a liberarla dal fango per consentire ai tecnici di ripararla. «Ho scritto al prefet­to. Non è possibile tornare indie­tro di trent’anni con la popolazio­ne con i sacchetti d’acqua e i bido­ni – protesta il sindaco di Serraca­priola, Marco Camporeale – i tecni­ci dell’acquedotto giovedì dopo sei ore di sopralluoghi ci avevano assicurato che avrebbero realizza­to un bypass alla condotta per non farci stare senza acqua potabi­le.

E invece questa mattina (ieri per chi legge) hanno detto che si aspettava che il terreno assorbisse l’acqua per riparare quella fradi­cia ». Già, la condotta di Ripalta. «Sono due anni, carte alla mano, che scrivo, segnalo, ripeto che quella condotta non regge. Avete visto qualcuno? Io no». Tutto in­torno le campagne sono zuppe d’acqua e dove il terreno l’ha già assorbita i colori, il verde del gra­no, il marrone della terra arata so­no ancora più accessi. L’odore del­la pioggia, del fango è penetrante. La statale 16 ter, che normalmen­te viene utilizzata solo dagli agri­coltori della zona che devono rag­giungere i poderi e gli appezza­menti di terreno, da tre giorni è trafficata. La 16 bis nel tratto che collega Puglia e Molise e ancora chiusa e i mezzi che non prendo­no l’autostrada si inerpicano tra pianura e collina. Quando la stra­da statale 16 ter si inerpica lenta­mente sulla collinetta dopo San Paolo all’orizzonte il Tavoliere, la Puglia piana, non è quella terra di assetata che la letteratura spesso ha raccontato. Sotto un cielo anco­ra molto grigio e plumbeo, tra i vi­tigni e i campi di grano verde ci sono enormi stagni d’acqua. Più si procede, più il fango e l’acqua aumentano e si comprende che si è vicini al Fortore. Ieri sembrava meno minaccioso, il suo livello sta scendendo lentamente anche se è presto dirlo. La Diga di Occhi­to continua a rilasciare acqua. In mare e sul terreno sono andati per­duti qualcosa come 100 milioni di metri cubi d’acqua. Un’altra diga. L’acqua che avrebbe potuto conte­nere quella di piano dei Limiti, se non fosse ancora un progetto nel cassetto e un accordo interregio­nale non firmato. «Ma visto che si sapeva che il maltempo non sareb­be stato clemente non si poteva fa­re qualcosa?» ripetono i contadini della zona di Ripalta. La diga è stracolma da novembre. Ci vorran­no giorni prima che tutto torni ad una parvenza di normalità con l’acqua del Fortore nel suo letto e i campi con le colture, anzi con i danni ingenti e milionari.
Ci sono alberi di cui si vede solo la chioma, vigneti con il tronco af­fondato nel fango. Stradine pode­rali che sembrano piccoli ruscelli. Cartelli stradali imbrattati e but­tati giù dall’acqua. Il Fortore resta sotto controllo serrato. Ma non ci sono le webcam, i satelliti, le tele­camere a controllarne il livello. Uo­mini in carne e ossa inzaccherati oltre le ginocchia sono le sentinel­le del Fortore da tre giorni. Come gli operai dell’Anas Antonio Cava­liere e Giuseppe Simone che per 12 ore dalle 4 di ieri mattina sino alle 18 inoltrata hanno misurato di ora in ora il livello del fiume. «Noi in 21 anni si lavoro sulle stra­de provinciali, una cosa simile non l’abbiamo mai vista».
Misurano il livello con un filo a piombo calato dal punto centrale del ponte Fortore segnato con la venice rossa dalla Protezione civi­le. Alle 6.30 di ieri il «punto luce» era a quota 8,285 metri e giù lenta­mente fino alle 9.30. Poi ha ripre­so a salire di 15-20 centimetri ogni ora. Poi di nuovo giù fino ai 7.70 metri di ieri pomeriggio. «Si è stabilizzato – spiegano mentre indicano il punto più ampio – lì l’acqua sarà profonda una ventina di metri. Ora scende, scende. Spe­riamo che smetta di piovere». Ma guardando l’argine che è esonda­to oltre il ponte, e che ha sommer­so un campo di grano si capisce forse perché gli argini non hanno retto in molti punti. Quel campo di grano era abusivo, hanno arato così vicino al fiume che di fatto l’argine non c’era più. E in una notte il fiume si è ripreso la sua terra.

Antonella Caruso
Corriere del Mezzgiorno