Il 27 giugno, alle ore 20.00, nell’aula consiliare del Municipio di Peschici, verrà presentato il “Dizionario del dialetto peschiciano” (Andrea Pacilli editore) della prof.ssa Angela Campanile. Dopo i saluti istituzionali del sindaco di Peschici Luigi D’Arenzo e dell’assessore alla cultura, dott. Di Miscia e del Delegato allo spettacolo Francesco D’Arenzo, interverranno, oltre all’Autrice, il prof. Pasquale Corsi, presidente della Società di storia patria per la Puglia, e la prof.ssa Teresa Maria Rauzino, presidente della sezione Gargano nord e del Centro Studi Martella di Peschici. Sono previsti piccoli intermezzi: Maria Michela Tavaglione e Anna Costante reciteranno uno sketch intitolato “Chi nasce tunne, na màure quatre!”; il dottor Vincenzo Ferrone leggerà un aneddoto tratto dal “Dizionario”, il poeta Nicola Angelicchio reciterà una sua lirica in vernacolo; qualche canto popolare sarà interpretato dal musicista Michele Vescia. A condurre l’evento ci sarà il giornalista Michele Lauriola.
Angela Campanile, nata a Peschici, vi è tornata dopo gli studi universitari di Pedagogia alla Sapienza di Roma. Ha insegnato per 26 anni Materie letterarie alla Scuola media di Peschici e per 11 anni ha svolto il ruolo di Dirigente scolastica presso il “Circolo Torelli” di Apricena e presso il “Comprensivo Michelangelo Manicone” di Vico del Gargano. Appassionata di tradizioni popolari, ha effettuato interessanti e puntuali ricerche sul campo. Socia fondatrice del Centro Studi “Giuseppe Martella”, ha pubblicato nel 2000 il suo primo libro “Peschici nei ricordi” (Claudio Grenzi editore), nella collana “I luoghi della memoria” del Centro Studi.
La Campanile ama la sua terra, ama il mare e ama soprattutto le vecchie generazioni della sua terra e il racconto del loro vissuto. Ha pubblicato nel 2005 “Il trabucco tra Storia e leggenda” (per i tipi Edigraf, Foggia) come omaggio agli anziani che hanno vissuto il mare e che sono riusciti a trasmetterle la curiosità di approfondire le conoscenze sui trabucchi e sulla gente che con loro è vissuta. Ha scritto e scrive commedie in vernacolo che rappresentano spaccati di vita vissuta, rappresentate da gruppi teatrali scolastici e da “Ars Nova”. Ha lavorato per oltre un trentennio alla raccolta di termini dialettali in disuso “che non vuole essere un vocabolario, anche se ne ha la fisionomia, ma il recupero delle storie e dei ricordi che ogni parola trasmette”. Un faticoso lavoro che l’ha appassionata tantissimo, anche se ha richiesto non pochi sacrifici. E’ socia della Società di Storia patria per la Puglia.
Il prof. Pasquale Corsi, nella prefazione al “Dizionario del dialetto peschiciano”, ha sottolineato la novità dell’impostazione che l’Autrice ha dato al suo lavoro: «Di solito, i dizionari presentano liste di nomi in ordine alfabetico, corredate da sintetiche esplicazioni di carattere grammaticale o sintattico, cui fanno riferimento anche gli esempi che eventualmente si aggiungono ai singoli lemmi. Grande è stata quindi la mia sorpresa – scrive Corsi – nel constatare invece, pagina dopo pagina, che questo Dizionario conserva sì la forma esterna consueta, ma in realtà presenta molti altri aspetti interessanti, che incuriosiscono il lettore e lo avviano verso conoscenze inaspettate e riflessioni non previste. Si tratta del frutto, né poteva essere diversamente, di lunghi anni di ricerca nell’ambito locale e, quindi, di una paziente e pluriennale (ipotizzo, anzi, pluridecennale) schedatura di un patrimonio che non è solo linguistico, ma che direi è “storico” a tutti gli effetti. La lingua, in questo caso il dialetto di Peschici, ne è il veicolo, diventando di fatto il motore di un tracciato che si allarga alle tematiche più varie, pur conservando sempre il suo punto focale di riferimento in una ben circoscritto territorio e nella comunità che vi si è insediata. Sulla base di queste valutazioni generali, ho seguito con autentico interesse e curiosità il cammino indicato dal Dizionario, dalla lettera A alla Z. Ho potuto così constatare che ne veniva fuori il ritratto di un’epoca e di un mondo, con tutte le sue articolazioni e specificità, anche se ovviamente non estraneo al coevo mondo garganico e, in genere, del Mezzogiorno d’Italia. In sintesi, Angela Campanile non ha compilato solo un dizionario del dialetto del suo paese; il che sarebbe bastato per lodarne l’impegno. Ha fatto molto di più: ha delineato la storia della sua comunità, partendo (se vogliamo usare questa espressione poco consona) “dal basso”, recuperando e raccogliendo i frammenti di vita del suo popolo, cui ha aggiunto la sua diretta testimonianza, ogni volta che fosse possibile. L’Autrice nel suo Dizionario ha ripercorso l’intera vita del suo popolo, ricostruendone – attraverso il linguaggio – l’immagine, le peculiarità, i cicli esistenziali. Ad ogni tappa corrispondevano le loro parole, i loro segni: la nascita, i giochi dei bambini, il fidanzamento, il matrimonio, la casa, il lavoro, la vecchiaia, la malattia e la morte. Ed a ciò si aggiungevano le devozioni e le festività religiose (per sant’Elia, per la Madonna di Loreto, per san Michele ed i pellegrinaggi al suo santuario), le chiese, i preti e le monache, il malocchio, gli stornelli d’amore e di odio, le ninnenanne, le favole e tutti i personaggi che animavano questo piccolo mondo antico, che per molti era tutto e se lo portavano nel cuore sino alle lontane Americhe. Insomma, c’è il flusso della vita che scorre e mai si ferma, con i suoi dolori e le sue poche gioie (o forse molte, ma piccole e nascoste), narrato ad ogni passo dal linguaggio tagliente del dialetto, a volte penetrante sino all’ironia ed al sarcasmo, talvolta dolce ed avvolgente come una carezza».
Corsi intravede reminiscenze rievocate da Proust (“À la recherche du temps perdu”) nel recupero memoriale di parole desuete operato dalla Campanile: «Anche quando la loro realtà è ridotta solo ad un labile ricordo, ne può riaffiorare per un attimo qualche ombra tenue, trattenuta per un istante prima che sparisca ancora, sull’onda di una sensazione occasionale, per l’eco improvviso di un nome che sembrava ormai sepolto nell’oblio, per il sapore di un dolce, per il profumo di una pietanza, per un giocattolo rotto e ritrovato in soffitta o per il rottame rugginoso di una pentola, dove nessuno prepara più il pranzo per i viventi».
Certo, conclude Corsi «La storia è cambiamento continuo, condizionato dallo sviluppo scientifico e tecnologico. Come affrontare e, non dico risolvere, i gravi problemi che si affacciano all’orizzonte? L’unico strumento utile è quello della conoscenza consapevole delle proprie radici. Se sappiamo da dove veniamo, quali esperienze storiche sono state attraversate e vissute dalle nostre popolazioni, che le ha assorbite e trasmesse dalle generazioni precedenti, mediante il linguaggio che nasce dalla visione della realtà circostante, non certo dai fumi delle ricorrenti ideologie, forse si potrebbero cercare le vie di una esistenza migliore e più saggia».
Comunicato stampa a cura della Sezione Gargano Nord della Società Storia Patria per la Puglia