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AMBULANZE DA CODICE ROSSO IN PUGLIA, MANCANO ALMENO 240 MEDICI. MOLTE LOCALITÀ TURISTICHE SCOPERTE DURANTE LA NOTTE. IL RAPPORTO AGENAS: ENTRO IL 2025 NE ANDRANNO IN PENSIONE 1.069 E NE VERRANNO ASSUNTI SOLTANTO 686

La pianta organica del 2009 prevede che sulle ambulanze pugliesi del 118 ci siano 540 medici. Invece oggi non si arriva a 300, e quel numero continua a scendere: solo da inizio anno, e nella sola Asl Bari, almeno 15 hanno lasciato il servizio dell’emergenza per una scrivania da medico di famiglia o anche per andare in corsia. È uno dei problemi, non l’unico, della sanità pugliese. Ma potrebbe diventare molto grave perché il sistema 118 sta scoppiando: per contratto i medici dovrebbero fare 164 ore al mese, ma ne accumulano almeno 50-70 di straordinari per consentire la copertura di qualche turno in più. “Il problema – dice Nicola Gaballo, segretario regionale della Fimmg 118 – è che ormai è stato spremuto tutto. Se non ci sarà una riorganizzazione basata sui medici che ci sono, non potrà che andare peggio”.

Anche Gaballo è tra quelli che lasceranno, a breve, per passare alla medicina di base. Ma continuerà a seguire la battaglia dei colleghi del 118. “Perché andiamo via? I problemi sono tanti. Mancata attrattività del servizio, mancato riconoscimento delle indennità, rischi enormi. E poi le centrali operative di Bari e Foggia che sono gestite dalle aziende universitarie. In quei posti dovrebbero essere ricollocati i medici del 118 che scendono dalle ambulanze per motivi di salute, invece le centrali restano illegittimamente nelle mani delle aziende ospedaliere”.

Oggi la Regione dovrebbe licenziare un accordo che prevede incentivi economici (20 euro l’ora) a favore dei medici del 118. È un segnale, ma rischia di essere un pannicello caldo se si considera che sulle ambulanze pugliesi i medici guadagnano 23,36 euro l’ora lordi, mentre le cooperative che forniscono i servizi in altre regioni arrivano a pagarne anche 150: con una settimana di lavoro si porta a casa l’equivalente dello stipendio pubblico di un mese.

La situazione è particolarmente delicata a Bari, dove i medici in servizio sono 80 a fronte dei 140 previsti. I 60 che mancano equivalgono a 12 ambulanze in meno. La soluzione? L’unica possibile, ovvero rivedere l’organizzazione attuale prevedendo meno postazioni e più veicoli con a bordo il solo infermiere. Il problema è che sulla carta (il protocollo Agenas) un’ambulanza dovrebbe coprire un’area di 350 km quadrati e 60mila abitanti: già oggi ci sono postazioni che devono far fronte a territori ben più ampi. Il risultato sono i tempi di intervento lunghi, quando un minuto può fare la differenza tra la vita e la morte. E certo la responsabilità non è né dei medici né tantomeno degli equipaggi, che spesso compiono veri e propri equipaggi.

La situazione è destinata ad aggravarsi con l’estate. Sulla carta sono previsti 269 punti di guardia medica, ma in realtà in diverse località di vacanza non sarà possibile garantire il presidio medico notturno e festivo: Castellaneta Marina (30mila abitanti) di notte sarà presidiata da un’ambulanza India, che in caso di necessità dovrà lanciarsi verso l’ospedale distante 25 minuti. Stesso problema in diversi centri del Salento.

E non va meglio per i medici di base, per quanto a livello nazionale la Puglia (che negli ultimi due anni ha anche raddoppiato le borse per la formazione) sia tra le regioni che soffrono meno. L’ultimo rapporto Agenas dice che i 3.144 medici di base in servizio a fine 2021 scenderanno di 383 unità entro il 2025, perché i 686 nuovi ingressi compenseranno solo in parte i 1.069 pensionamenti (che scattano a 70 anni). Già oggi un medico su 5 deve assistere più di 1.500 pazienti. Su questi temi le Regioni hanno chiesto un tavolo al ministro della Salute, Orazio Schillaci. “C’è un emergenza nazionale – dice l’assessore Rocco Palese – che si aggraverà nei prossimi anni per effetto del numero chiuso a Medicina e del numero limitato di borse di specializzazione, cresciuto solo di recente. Ci sono alcune specialità in cui la situazione è drammatica. Le soluzioni vanno trovate con il governo e non possono che passare attraverso norme straordinarie”.