Ma chi l’ha detto che i libri sono inodori? O che, al limite, «sanno» solo di carta. Quello di Nicola Calzaretta (avvocato, giornalista, scrittore e tante altre cose) profuma di olio canforato (che inebriava gli spogliatoi) e di grasso di foca (marca Reflex) capace con un colpo di spazzola di far brillare gli scarpini più usurati (rigorosamente neri se griffati Pantofola d’Oro, con vezzosa doppia onda bianca se firmati Superga).
Ognuna delle 214 pagine de «Le cose perdute del calcio» (NFC edizioni) ha un aroma tutto suo. Nulla a che vedere però con le palline di naftalina che le nonne mettevano nei cassetti del bucato. Certo, la nostalgia fa da filo conduttore all’intero almanacco «calzarettiano», ma non si tratta di un rammarico fine a se stesso (della serie: «Ai miei tempi sì che…»), tipico dei vecchi che rimpiangono la trascorsa gioventù, bensì di un amarcord «costruttivo». Alcune delle domande che rimbombano in questo viaggio del tempo vanno infatti al di là del gioco della memoria, evidenziando l’inutilità (o peggio, la dannosità) di usi e costumi modernamente ridicoli. Inevitabile, a questo punto, rivalutare le antiche consuetudini pallonare: forse oggi anacronistiche, ma di stile e buonsenso. Calzaretta ne ha individuate una ventina, trattando i temi con stile bevibile come un bicchiere di tè caldo o freddo (dipende dalla stagione) tra il primo e il secondo tempo, almeno fin quando non sono subentrati i beveroni energizzanti. Tra i capitoli più divertenti «Sopra la panca il mister manca: c’era una volta la panchina» sulla follia che ha trasformato gli allenatori in invasati urlanti che accompagnano ogni azione dall’«area tecnica» ormai debordante fin all’inverosimile. Dribbling tra i paragrafi più divertenti: «I promessi sponsor: le maglie senza scritte»; «Il terzino e i suoi fratelli: i ruoli di una volta»; «Unioni civili e incivili: le marcature a uomo»; «Fumo per la vittoria: le sigarette a bordo campo»; «Superbonus da viaggio: il gol doppio in trasferta»; «Il pezzo mancante: i calzettoni senza piede»; «Reggiseni fuori moda: la Coppa delle Coppe» e via celiando. Impreziosiscono il volume, i disegni di Michele Targonato e una doppia prefazione: quella (seria) uscita dalla penna solenne di Italo Cucci e quella (ludica) esplosa dal pennarello irriverente di Cristiano Militello di Striscia lo striscione: «Un volume – da colpo al cuore per noi stagionatelli e curiosissimo per i più giovani -che subito fa venir voglia di scendere in cortile, in strada al campino per fare due tiri fino all’imbrunire. Come facevamo da bambini». E che i bambini di oggi, purtroppo per loro, non fanno più. Ma questa è un’altra storia. Anzi, un’altra partita. Senza pallone. E senza ginocchia sbucciate.