Oggi Mattinata celebra il più grande evento della storia cittadina. Il 4 agosto 1955 il capo dello Stato Gronchi emanò il decreto di costituzione del Comune di Mattinata stabilendo così l’autonomia amministrativa e territoriale dal paese di Monte Sant’Angelo. Allora si coronò il sogno di diverse generazioni di mattinatesi stanchi di essere solo una delle frazioni del capoluogo Monte Sant’Angelo e desiderosi invece di essere i protagonisti della storia e dello sviluppo della propria comunità.
I tentativi della spinta autonomistica partirono dalle generazioni dei nostri nonni, tra cui il mio, Francesco, uno dei ragazzi del ‘99, fervente autonomista insieme ai suoi compagni.
Tuttavia i bassi livelli d’istruzione di quelle generazioni non erano sufficienti né tantomeno paragonabili con la classe dirigente dei montanari, rinomati per cultura e rappresentanza in diversi posti delle istituzioni. Finché non arrivarono i ragazzi nati negli anni ’20 del 900.1 primi diplomati di Mattinata che vollero fortemente proseguire il sogno dei loro padri, ormai divenuto anche il loro sogno. La causa era una: Mattinata doveva diventare autonoma per raggiungere adeguati livelli di sviluppo economico e sociale. Era arrivata l’ora di scegliere da soli, senza l’intercezione di chi, dall’alto, non viveva il territorio e non poteva metterci lo stesso amore. Mattinata era un comune in cui mancava tutto. Non vi era pianificazione né attenzione ai sogni dei cittadini, ma semplice gestione ordinaria, e spesso superficiale, delle cose.
Basta rileggere le dichiarazioni fatte al primo Consiglio Comunale dal Commissario Prefettizio che parlò di “borgo medievale in totale abbandono, di un paese che, sebbene contasse circa 5mila anime, versava nelle più squallide condizioni: primitivo approvvigionamento idrico piovano, assenza di edifici scolastici, rozza viabilità urbana ed extra urbana, elettrificazione limitata a un rigeneratore funzionante esclusivamente durante le ore notturne, assenza di fogna cui sopperisce un improvvisato trasporto notturno di liquami, altissima percentuale di analfabetismo e di diserzione scolastica, totale assenza di una benché minima struttura sanitaria, mancanza dì collegamenti con i vicini paesi garganici e con lo stesso Monte Sant’Angelo raggiungibile con un percorso che è più un’avventura che un viaggio”
Come commentò quel periodo lo storico sindaco di Mattinata, il democristiano Peppino Argentieri, “il 25 aprile 1945 l’Italia esce, stremata e speranzosa, dal terrore della seconda guerra mondiale e un nuovo vento di libertà percorre anche la nostra cittadina”. Dalla metà degli anni 40 i giovani mattinatesi, e per lunghi 10 anni, senza mai arrendersi, combatterono la loro battaglia per la democrazia, verso la fuoriuscita da quell’isolamento economico, culturale e sociale in cui riversava Mattinata. Loro erano diversi dalla generazione dei padri, assaporavano quel “vento di libertà” e lo volevano conquistare.
Tra questi vi era un ragazzo, Peppino Scirpoli, il più fervente autonomista del gruppo che poi divenne il primo sindaco di Mattinata autonoma. Fu definito il più umile (primo figlio di una famiglia di contadini) e più evoluto (fra i primi diplomati di quella classe sociale) abitante del nostro primitivo borgo, che perseguì l’istanza dell’autonomia con passione e determinazione.
Peppino era mio zio e ho avuto il privilegio di ascoltare direttamen- te da lui i racconti di quell’epoca dalle grandi passioni. Quali fossero i sentimenti e gli aneliti di quella gioventù che ci ha preceduto. A lui devo tanto di quella che ora sono.
Seppe unire le sue doti di poliedricità nei rapporti umani e professionali e la sua passione spinta per la politica, caratteristiche che si rivelarono vincenti per la conquista dell’autonomia.
In quegli anni la collaborazione con Don Salvatore Prencipe, il compianto parroco di Mattinata con il quale nacque una specie di diarchia chiesa-politica, fon. Pio Petrilli, presidente del Consiglio di Stato che sposò la causa di Mattinata prima e dopo l’autonomia, e gli amici che non lo lasciarono mai solo, come l’amico di sempre Nardino Clemente, furono la vera arma vincente per la svolta sociale della “farfalla bianca”.
Fu costituito un comitato cittadino che funzionò nel decennio 45/55 con non poche difficoltà. Innumerevoli furono i suoi viaggi per presentare le istanze al Ministero competente, viaggiava di notte per Roma (il sabato e la domenica in quanto i funzionari lavoravano anche in quei giorni) evitando di pagare alberghi e consumare giorni di ferie, trascorrendo notti insonni nei rumorosi treni dell’epoca: spesso non riusciva a raccogliere i fondi necessari per la trasferta per cui ci rimetteva di tasca sua.
Ma la causa era nobile, e bisognava sacrificarsi.
Intanto lui trovò occupazione presso l’Acquedotto Pugliese, fu eletto segretario della DC nella sezione dì Mattinata (ruolo che rivestì per40 anni circa), e questi due elementi rappresentarono la svolta della causa in quanto potè seguire meglio l’iter della pratica vivendo a Foggia ed avvalendosi degli appoggi politici e parlamentari. Visse quella storia non più solo come cittadino mattinatese ma anche, ormai, come rappresentante di un partito.
I mattinatesi riuscirono a coltivare le prime interlocuzioni che contavano, l’on. Petrilli accoglieva mio zio e Don Salvatore come se Mattinata fosse il suo paese. Le lettere che conserva mio padre nel suo archivio sono da brividi: i tre avevano una intensa e appassionata corrispondenza da cui trapela la determinazione e l’amore per un territorio. In una lettera dì Don Salvatore dalle Isole
Tremiti indirizzata a mio zio il 10 agosto 1954 (un anno prima dell’autonomia) egli scriveva, parlando degli ultimi ostacoli da superare, “Fidiamo in Dio, nella nostra giusta causa: La spunteremo e canteremo vittoria”. E vittoria fu.
Il 4 agosto del 1955, alle ore 14.10, pervenne all’ufficio postale di Mattinata il seguente telegramma: Geom. SCIRPOLI -Segretario Democrazìa Cristiana – Gazzetta Ufficiale odierna pubblica decreto presidenziale Erezione Comune Autonomo Mattinata Punto. Affettuose congratulazioni e cordiali saluti. PETRILLI.
Mio zio mi raccontò tante volte quel momento. La notizia si diffuse in un baleno in tutta la cittadina, anche nelle campagne. Le campane della parrocchia suonarono a distesa in segno di giubilo. La sera tanti mattinatesi accorsero alla chiesa parrocchiale per cantare il TE DEUM in segno di ringraziamento al signore. Nacque la prima giunta comunale, con la vittoria della DC e l’elezione di mio zio primo sindaco di Mattinata che, come primo atto, rinunciò ad ogni forma di indennità, viste le precarie condizioni economiche in cui riversava il comune. Da quel momento Mattinata costruì tutte quelle infrastrutture e quelle reti di relazioni politiche che servirono a immetterla nel mondo moderno. Strade, rete fognaria, illuminazione, INA casa, asili pubblici, scuola media.
Mentre scrivo ho la pelle d’oca, come cittadina e come nipote. Sento la voce di mio zio, scorgo il suo sguardo fiero nelle tante volte che raccontava. Di lui ho sempre ammirato il coraggio e l’abnegazione. Nel 2014 mi candidai alle amministrative con il PD e i suoi più fervidi avversari della sua epoca (i comunisti) mi votarono in segno di rispetto verso quello zio che, nonostante le diverse idee politiche, ha lasciato il segno a Mattinata per la sua azione onesta e coraggiosa. Non c’è campagna elettorale in cui non si parli di lui. Ha dato tanto al popolo, specie ai più deboli, senza volere niente in cambio. Visse la sua vita per Mattinata regalandole il dono più bello, l’autonomia.
Oggi a Mattinata questa ricorrenza non è più molto sentita. Qualcuno pensa che ormai sia una “vecchia storia”, lo credo che qualunque storia che parli di conquiste e di battaglie di libertà vada raccontata e una città debba sempre ricordare chi ha fatto del bene: la memoria è importante e non è mai una Vecchia storia. La storia di Peppino e i suoi amici è una storia bellissima, che va tramandata non tanto per la sua causa e per cosa si è conquistato, ma per come la si è perseguita, per l’impeto di passioni e per il sacrificio.
Oggi la politica ha bisogno di queste storie, specie i giovani. Forse abbiamo bisogno di una nuova autonomia. Ecco perché questo giorno lo voglio celebrare dedicando il mio pezzo a mio zio, a Nardino, a Biagio, a Lorenzo, a Pasquale, a Don Salvatore e all’on. Petrilli e a tutti quelli che, per10anni, hanno creduto e investito in un sogno.
Il nostro anelito di libertà non deve mai morire. Oggi abbiamo qualche altra causa da perseguire, una nuova autonomia da qualcosa che ci opprime. Ecco perché la memoria va consacrata e festeggiata. .. per trovare il coraggio di credere sempre nei nostri sogni!
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