Regge al vaglio dei tre giudici del Tribunale della libertà di Bari che hanno rigettato gran parte dei primi 40 ricorsi difensivi, l’inchiesta antidroga “Game over” contro la “Società foggiana” sfociata nel blitz antidroga del 24 luglio quando i carabinieri del nucleo investigativo eseguirono 81 delle 82 ordinanze cautelari firmate dal gip di Bari Francesco Vittorio Rinaldi su richiesta della Dda. Al momento si ha notizia di 4 scarcerazioni (Guido Siani; Ciro Albanese; Angelo Bruno “il pirata” e Angelo Bruno “la ciotta”); concessione degli arresti domiciliari a 9 indiziati con conferma quindi del quadro indiziario ma attenuazione delle esigenze cautelari (Lorenzo Spiritoso e Domenico D’Angelo con esclusione dell’aggravante mafiosa; Marzio Padalino, Francesco Carretta, Ciro Carretta, Francesco Battiante, Francesco Ragno, Pasquale Portante, Francesco Compierchio); per il resto una raffica di rigetti tra cui Giuseppe Spiritoso padre di Lorenzo (con esclusione dell’aggravante della mafiosità), Roberto Bruno, Vincenzo Bruno, Arnaldo Consalvo, Francesco Lo Spoto, Ciro Torraco, Antonio Vincenti, Luciano Portante, Giuseppe Bruno, Francesco Roma, Giuseppe Soccio, Michele Spinelli, Anna Catalano, Leonardo Di Noio, Arnaldo Sardella, Michele Consalvo, Pasquale Vacca. Hanno invece rinunciato al ricorso Rocco Moretti junior e il latitante cerignolano Vincenzo Fratepietro. Un’altra dozzina di ricorsi sarà esaminata dal Tdl il 14 agosto, con decisione che saranno depositate nei giorni successivi.
L’accusa sulla base di intercettazioni e rivelazioni di una mezza dozzina di pentiti sostiene che i tre clan della “Società” – i Sinesi/Francavilla; i Moretti/Pellegrino/Lanza/; e i Trisciuoglio/Tolonese – si accordarono per monopolizzare il mercato della cocaina in città imponendo a grandi e piccoli spacciatori di rifornirsi dalla mafia cittadina, con i proventi finiti nella cassa comune dei clan e usati per pagare stipendi mensili ad affiliati; mantenere le famiglie dei sodali detenuti e evitare così ipotesi di pentimenti; sostenere le spese legali dell’organizzazione; reinvestirne parte dei profitti nell’acquisto di altra droga. L’affare viene stimato nell’ordine di 200mila euro al mese secondo le rivelazioni del pentito Alfonso Capotosto, frutto dello smercio mensile di 10 chili di droga attraverso 50mila dosi.
Nei ricorsi al Tdl i difensori chiedono l’annullamento dei provvedimenti di cattura per insufficienza di indizi; mancanza di esigenze cautelari in quanto non sussiste il requisito dell’attualità visto che i fatti risalgono ai primi mesi del 2018; perché ci si trova di fronte alle cosiddette contestazioni a catena; per insussistenza dell’aggravante della maiosità perchè molti presunti spacciatori sarebbero stati costretti a rifornirsi di cocaina dai clan mafiosi.
Ben 90 gli indagati di “Game over”: 3 sono morti nelle more dell’indagine, uno di malattia e due ammazzati nel 2022 in agguati di mafia irrisolti; 81 le ordinanze cautelari in carcere (un solo sospettato è sfuggito alla cattura, Vincenzo Fratepietro, cerignolano di 44 anni, già ricercato dal marzo scorso quando non fu rintracciato nel blitz antidroga “Cocktail”); e 1 ai domiciliari; 22 gli indagati già detenuti; 101 le accuse contestate a vario titolo: traffico di droga di cui rispondono 70 arrestati; 99 episodi di spaccio per 75 indagati; 1 estorsione al fratello di un cliente moroso costretto a consegnare l’auto.
Per tutti le accuse c’è l’aggravante della mafiosità per aver agito “con la finalità di agevolare la Società e/o con metodo mafioso avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e omertà e della conseguenze posizione di monopolio derivante dall’acquisito potere di controllo del mercato della cocaina nella città di Foggia”.
Il ruolo di promotori la Dda lo attribuisce a Rocco Moretti, 73 anni, storico nome della mafia cittadina, già detenuto dall’ottobre 2017, al vertice dell’omonimo clan; Federico
Trisciuoglio, altro nome storico della criminalità, ex capo della batteria Trisciuoglio/Tolonese morto il 5 ottobre 2022 dopo lunga malattia; e Alessandro Aprile, 39 anni, pure detenuto da tempo, esponente del gruppo Sinesi/Francavilla. Secondo l’accusa i tre mafiosi furono “protagonisti dell’accordo” raggiunto nel 2017 “che ricostituì l’assetto multipartecipativo del traffico di droga con il coinvolgimento unitario delle batterie della Società e la condivisa spartizione dei profitti”.
Ci sono poi 9 indagati (Francesco Tizzano, Leonardo Lanza, Rocco Moretti junior nipote del boss tutti vicini al gruppo Moretti; Antonio Salvatore, Francesco Pesante, i fratelli Ciro e Giuseppe Francavilla del clan Sinesi/Francavilla; e i defunti Roberto Russo e Alessandro Scopece assassinati nel 2022 in agguati mafiosi ancora irrisolti) che avrebbero rivestito il ruolo di “capi e organizzatori con funzioni di direzione e coordinamento delle fasi di approvvigionamento e successiva commercializzazione all’ingrosso e/al dettaglio dello stupefacente”. Infine ci sono decine di sospettati ritenuti partecipi del sodalizio tra chi manteneva i rapporti tra il grossista cerignolano Fratepietro (runico ricercato del blitz) e i clan; chi era incaricato di trasporti e consegne; chi di stabile fornitore; chi era delegato a distribuire la cocaina agli spacciatori che operavano per conto del gruppo; chi a reclutare pusher; chi a distribuire la quota (20, 40, 50, 100, 200 e sino a 400 grammi di cocaina al mese) assegnata dalle batterie mafiose.