Il numero unico dell’emergenza doveva partire nel 2020 ma (forse) se ne parla a dicembre: il giallo delle sedi inagibili.
La partenza era stata annunciata «entro i primi mesi del 2020». Poi, passato il Covid, il governatore Michele Emiliano garantì che nella primavera 2022 la Puglia avrebbe avuto il «Nue», il numero unico per l’emergenza 112 che in mezza Europa (e in tutto il Centro-nord Italia) si occupa di rispondere a tutte le chiamate ai servizi del territorio. È passato un altro anno, è stata spesa una cifra vicina ai 15 milioni, è stato persino nominato un commissario straordinario, l’ex generale Salvatore Refolo della Finanza. Ma delle tre centrali operative (Bari, Foggia, Campi Salentina) che dovrebbero ospitare le postazioni telefoniche da cui verrà gestito il servizio (anche per la Basilicata) non si vede nemmeno l’ombra. E se non si arriverà al traguardo entro fine anno, la Regione rischia di pagare penali salatissime nell’ambito di una procedura di infrazione europea. È un altro grande pasticcio della vecchia gestione della Protezione civile: gli appalti sono infatti stati gestiti dall’ex dirigente Mario Lerario, e le verifiche effettuate dopo il suo arresto hanno portato a stabilire che le sedi non hanno le caratteristiche necessarie per una struttura di Protezione civile e in almeno un caso non rispettano nemmeno le prescrizioni del ministero dell’Interno. Il caso più incredibile riguarda Foggia, dove è stato ristrutturato (spendendo un milione) un immobile all’interno dell’aeroporto «Gino Lisa» che si è rivelato inidoneo: bisognerà costruire una sede ex novo, ma nel frattempo bisogna spendere altri 150mila euro per adattare quella attuale da utilizzare temporaneamente.
Il problema nasce proprio , dalla scelta di attivare tre diversi cali-center, fatta nel 2019 dall’allora vicepresidente della giunta Emiliano, Tonino Nunziante, mentre le altre Regioni che sono già partite hanno optato al massimo per la doppia centrale. Perché? Ufficialmente perché la Regione Puglia non possiede un immobile abbastanza grande per ospitare tutte le postazioni. Ma più probabilmente per accontentare i territori, perché sono in ballo 126 assunzioni (i concorsi sono già stati espletati), e le pressioni (nell’anno della campagna elettorale) erano come sempre enormi.
Il risultato è, appunto, che sono stati spesi 4,5 milioni pelle ristrutturazioni, e finiti i lavori è emerso che servivano almeno altri 800mila euro per ri-ristrutturare (i lavori sono in corso, dovrebbero terminare a ottobre). Altri 2,9 milioni sono serviti all’acquisto delle attrezzature, e 6 milioni per l’attivazione delle linee telefoniche (la Regione sta pagando i canoni a vuoto). Poi i costi di progettazione, la formazione, i costi per le procedure di selezione del personale, ed ecco che il conto arriva a 15 milioni.
Il numero unico, introdotto dall’Europa fin dal lontano 1991, serve a dare ai cittadini un riferimento unico che raggruppa sia le forze dell’ordine (carabinieri, polizia, Finanza) che i servizi di emergenza (118 e vigili del fuoco): gli operatori si accertano del tipo di necessità e smistano la chiamata verso l’interlocutore appropriato, ma fungono anche da interfaccia per la gestione di alcune situazioni di emergenza. La centrale può utilizzare i servizi di geolocalizzazione (i gestori trasmettono la posizione di chi chiama), e si occupa di trasmettere gli avvisi di emergenza attraverso gli sms.
«Ancora qualche settimana di pazienza», dice Maurizio Bruno, delegato regionale alla Protezione civile (il generale Refolo non ha risposto alle telefonate della «Gazzetta»). Dagli uffici spiegano che «auspicabilmente» il servizio verrà attivato entro il 31 dicembre, che è anche il termine ultimo concesso dall’Unione europea: in caso contrario scatteranno le penali, che possono arrivare a 200mila euro per ogni giorno di ritardo. In quattro mesi la Regione dovrebbe terminare i lavori, ottenere i certificati di agibilità, procedere alle assunzioni e alla formazione del personale.
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