Non passa il divieto di visite private se non si rispettano i tempi. Lite tra amati e l’assessore palese: “buffone”, “non capisci niente”.
Il pressing di Fabiano Amati costringe letteralmente il Consiglio regionale a mettere ai voti la proposta di legge sulle liste d’attesa. Ma nonostante il centrodestra sia rimasto in aula per garantire il numero legale, la maggioranza ha deciso di ri-rinviare le norme che avrebbero vietato le visite intra-moenia quando si registrano disallineamenti nei tempi massimi per la prenotazione di una prestazione.
La questione dell’intramoenia ha del resto provocato una lite asprissima tra il capogruppo di Azione e l’assessore alla Salute, Rocco Palese, secondo cui l’approccio di Amati al problema (con il blocco delle visite a pagamento) non sarebbe risolutivo. Palese ha chiamato «buffone» l’ex consigliere di maggioranza, che a sua volta ha replicato duramente accusando l’assessore di non voler capire il merito della proposta («Smentiamo la leggenda in base a cui Palese legge le carte, perché non le legge e non le capisce»), e poi rispondendo per le rime: «Assessore, tra un buffone e l’altro inserisca un cioè».
Nei fatti quello trasmesso da Palese è stato un diktat al centrosinistra, che pure aveva sottoscritto la proposta Amati: l’assessorato ritiene di aver messo in campo tutti gli strumenti esistenti per la riduzione delle liste d’attesa, e ha chiesto altro tempo per affrontare meglio una questione tanto delicata. Tanto che dal Pd il capogruppo Filippo Caracciolo (che ha polemizzato con la Capone parlando di «un Consiglio regionale dalla conduzione discutibile», proprio per via dell’inversione dell’ordine del giorno) ha promesso che se ne riparlerà entro 30 giorni: «Non è una bocciatura, ma un rinvio a un maggior confronto con Amati e con chi ha manifestato buone intenzioni».
Il risultato politico è dunque uno stop alle iniziative di Amati. Quello tecnico è paradossale, con Palese che ha dato parere contrario a tutti gli articoli del disegno di legge, compreso quello in cui si prevedeva la decadenza dei direttori generali che non istituiscono le agende dedicate per i mandati oncologici e quello in cui si obbligavano le Asl a mantenere sempre le agende chiuse. E così Amati può intestarsi una battaglia di civiltà in cui la maggioranza non lo ha voluto seguire, annunciando che presenterà nuovamente la sua proposta: «Nel giorno dell’appello di Mattarella sulla tutela della sanità pubblica – dice l’esponente di Azione -, il Consiglio regionale boccia la proposta di legge per ridurre le liste d’attesa. Un argomento drammatico trattato senza rendersi conto del dramma, in attesa di inversioni di rotta o di un futuro roseo che non si capisce da dove arriverà se non si procede con riforme radicali».
In tutto questo il centrodestra ha affondato il coltello nella piaga. «Oggi è stato ufficialmente dichiarato – ha detto il capogruppo Fdi, Francesco Ventola, che ai vertici della sanità pugliese ci sono persone che non parlano fra loro e che così facendo hanno dolosamente affossato e fatto fallire il sistema sanitario regionale. Ci tocca ricordare che nella passata legislatura l’assessore alla Sanità è stato il presidente Emiliano, e che in Puglia abbiamo visto decadere direttori generali soltanto per motivi politici». Paolo Pagliaro ha invece appoggiato la proposta di Amati: «È inaccettabile che solo pagando ci si possa curare. Gli anziani, i poveri e le persone fragili finiscono per rinunciare a curarsi. È evidente che il sistema delle visite specialistiche intramoenia è sbagliato, se il diritto alle cure ha una corsia preferenziale in base alle possibilità economiche».
Ieri il Consiglio avrebbe anche dovuto approvare l’abrogazione della legge sulle compensazioni energetiche, impugnata dal governo, che costringerebbe Tap a versare alla Puglia circa 300 milioni l’anno. Anche questa legge, approvata a ottobre 2022, era stata sottoscritta dall’intero centro- sinistra: il 19 settembre la discussione in Corte costituzionale è stata aggiornata a ima nuova udienza. Amati, promotore della legge, ha minacciato l’ostruzionismo se la legge sarà abrogata prima della sentenza della Consulta.