«Croccante ma tenero, dolce e ricco di calorie, è uno spuntino italiano peculiare che viene inserito tra due pezzi di ostie cristiane». La deliziosa definizione delle ben note “ostie piene” viene dalla diffusa in tutto il mondo emittente televisiva statunitense Cnn, nella rubrica tenuta da “Stanley Tucci: Searching for Italy”, riprendendo un testo dello storico e scrittore garganico Alberto Cavallini che nel libro “Donne Monache della Trinità: il Diario seicentesco di donna Costanza Jordana”, descrive come siano nate quelle ormai famose ostie piene.
«Grande soddisfazione personale ma soprattutto gioia per le tradizioni e la storia della città dell’Angelo che spingono sempre più a scoprirne il ricco e prezioso passato», ha commentato Alberto Cavallini, certosino ricercatore di quel “ricco e prezioso passato” del quale ha dato contezza in numerosi prestigiosi volumi.
«Le “ostie piene”, ovvero un delizioso mix di mandorle e miele racchiuso tra due sottili cialde, sono dei biscotti più deliziosi d’Italia» descrive la Cnn che nel dialetto di Monte Sant’Angelo – ricorda 1’emittente statunitense – sono chiamate “ostie ckiene” e avverte che «potrebbero anche essere tra i più sacrileghi se non fosse per il fatto che le due sottili cialde traslucide destinate a stuzzicare le papille gustative con il loro sublime ripieno non sono state, ovviamente, consacrate da un prete». Fanno parte – rivela – della tradizionale delizia zuccherina di Monte Sant’Angelo che la Cnn definisce «un villaggio nell’incontaminato Parco nazionale del Gargano, in Puglia».
Ma come sono nate quelle deliziose “ostie piene”? Lo svela Alberto Cavallini nel suo libro che racconta come le monache utilizzavano ciò che avevano a disposizione in cucina: ostie usate per la comunione, mandorle raccolto nel mandorleto del convento e miele delle amie del convento. «Le monache – scrive Cavallini – preparavano regolarmente le ostie da comunione cuocendole su piastre di ferro e poi tagliando i bordi per dare una forma rotonda; questa preparazione ricorrente probabilmente le ha ispirate a creare anche un biscotto fatto allo stesso modo». La documentazione recuperata da Cavallini conferma che le ostie piene erano dolcetti tradizionali preparati all’interno del convento e offerti agli ospiti e ai pellegrini.
«C’è un abate napoletano del XVII secolo, Giovan Battista Pacichelli – riporta la CNN citando Alberto Cavallini – che scrive nei suoi ricordi di viaggio che le monache di Monte Sant’Angelo preparavano squisite ostie ripiene di mandorle e miele per la festa di San Michele». In uno dei suoi libri Cavallini cita anche il diario di una monaca del XVII secolo chiamata Donna Constantia Jordana la quale scrive che la sua badessa accoglieva sacerdoti e viandanti in visita al paese durante le celebrazioni religiose con le ostie piene“preparate da noi suore”.
Delle ostie piene parla anche il cuoco napoletano Vincenzo Corrado, in uno dei suoi saggi di gastronomia. E il pasticciere montanaro trapiantato con il laboratorio a Manfredonia, Gino Bemabotto, afferma che «sono facili da preparare e si mangiano tutto l’anno, a qualsiasi ora del giorno e non solo nelle occasioni speciali. Un’ostia piena è imo spuntino sano e nutriente».