La dedico a due persone speciali, Antonio Rubino e Rosa Balzamo, i miei genitori
L’estate sembra essere un buon periodo per trascorrere alcuni giorni in Puglia, soprattutto nel Gargano per conoscere tanti atleti, nuotatori e ciclisti, runner e ultrarunner, camminatori e ultracamminatori e partecipare ad allenamenti di nuoto, bici, corsa e camminate mattutine e serali, confrontandosi anche con gli atleti locali.
Attraverso risposte ad alcune mie domande, approfondiamo l’esperienza di Vito Rubino, un super ultra triatleta.
Complimenti per il tuo triathlon “estremo” anomalo, com’è nata l’idea?
Volevo fare una traversata a nuoto da Baia delle Zagare a Manfredonia in solitaria e senza alcun aiuto al seguito. Inoltre, non volevo coinvolgere nessun mezzo motorizzato nell’impresa, neanche per raggiungere il punto di partenza. Così ho pensato di andare in bici fino a Baia delle Zagare, la sera prima della traversata, dormire sotto le stelle, e poi dopo la traversata a nuoto di 25km fino a Manfredonia, tornare correndo a Baia delle Zagare il giorno dopo, per riprendere la bici. Quindi, il “triathlon” è nato in modo spontaneo. Per mettere le distanze in prospettiva, la parte di corsa è stata circa quella di un Ironman, la parte in bici la metà. C’è però da dire che il dislivello complessivo (la somma di tutte le salite) di 2270 metri è stato notevolmente superiore a quello di un tipico Ironman. Inoltre, la parte di corsa è stata prevalentemente su sentieri sterrati. Invece la parte a nuoto è stata più di sei volte e mezzo la distanza a nuoto di un Ironman (Durata totale della traversata 11h15’).
Davvero una grande sfida per persone abituate a gare estreme come lo è Vito Rubino che oltra ad aver portato a termine gare di endurance come ultratrail di 160km, ironman (3,8km nuoto, 180 bici, maratona 42,195km), ultraman (10km nuoto, 500 bici, 80 km corsa), ha attraversato in bici anche gli Stati Uniti da Est a Ovest percorrendo 4.800 km. Insomma un amante della fatica, delle sfide, una persona molto fiduciosa in se stesso e altamente resiliente.
Quale attrezzatura hai utilizzato: bici, nuoto, corsa?
Bici da strada, boa di visibilità per il nuoto, scarpe da trailrunning per la corsa e attrezzatura da campeggio. L’attrezzatura da campeggio è stata piuttosto minimalista, niente tenda o sacco a pelo ma solo un materassino gonfiabile e un lenzuolino da campeggio.
Davvero un gran coraggio e un’altissima capacità di adattamento che permette di fare imprese sempre più ardue che incrementano autoefficacia e autostima e permettono di stare in contatto con proprie percezioni corporee e multisensoriali.
Gli alimenti prima, durante e dopo?
La mia dieta preferita sia per la preparazione che per il recupero è quella mediterranea. Durante traversate di questo tipo normalmente mi segue mia moglie in canoa per passarmi qualcosa da mangiare direttamente in acqua. Questa volta però siccome ero da solo sono dovuto uscire un paio di volte per mangiare qualcosa (panini con bresaola). Durante la corsa e la bici invece me la sono cavata con delle barrette ai cereali.
Avevi voglia di particolari alimenti e bevande durante l’impresa?
Acqua con sali minerali è stata indispensabile durante la corsa l’ultimo giorno.
Avevi piani B in caso di maltempo o altro?
Avevo vari piani di ripiego. Una delle caratteristiche di questa piccola impresa è l’autosufficienza, nel senso che non ho avuto nessun aiuto al seguito. Questo significa che dovevo cavarmela da solo per qualsiasi situazione, soprattutto durante il nuoto. Il problema principale è che al momento della traversata la mia condizione fisica non era ottimale. Avevo avuto prolungati disturbi intestinali che mi avevano piuttosto indebolito nel corso dei giorni precedenti, tanto che avevo messo in dubbio la mia capacità di farcela. In queste imprese di lunga distanza, se non riesci ad assimilare sufficienti calorie, ti spingi verso il collasso. Tra le varie alternative, avevo lasciato uno zaino sulla spiaggia a Mattinata con l’occorrente per la corsa, così se una volta arrivato a Mattinata non mi fossi sentito in grado di continuare, sarei tornato a riprendere la bici correndo. Quando però sono arrivato a Mattinata, ero così carico e motivato che non avevo nessuna intenzione di tornare indietro. Penso che comunque alla fine la parte più difficile sia stata la parte di corsa verso Baia delle Zagare in un giorno da temperature record. Dopo Mattinatella, ho seguito i sentieri nell’area di Monte Barone. Le salite, combinate al caldo e alla mia condizione preesistente, mi hanno completamente spossato. Avevo finito le mie riserve d’acqua e non c’era nessuno che poteva aiutarmi in quei sentieri desolati. A un certo punto mi sono steso all’ombra di un albero senza energia. Dopo qualche minutoho sentito che non avevo altre opzioni che farcela. Quindi mi sono alzato e ho continuato a correre.
Altamente espertissimo Vito grazie alle sue tante gare di endurance, a volte con team a seguito di cui spesso è parte o capo team sua mogliePalas, anch’ella molto sportiva e atletica che spesso partecipa alle sue imprese, anche in coppia o a squadra, di corsa, in bici tandem, multi sport. Più si fa esperienza e ci si mette in gioco e più si apprende dall’esperienza e tutto diventa più fattibile e meno arduo e pericoloso.
È un allenamento propedeutico a eventuali altre gare o sfide?
In un certo senso, ogni sfida è un allenamento per la sfida successiva.
Step by step, si alza sempre l’asticella delle difficoltà con sfide e imprese sempre più allettanti, faticose ma stimolanti.
Che significato ha per te questa sfida nel tuo Gargano?
Questa avventura mi ha permesso di esplorare e riscoprire sempre più risvolti del nostro meraviglioso territorio.
Risulta essere un territorio molto ricco di flora e fauna, molto diversificato con montagne e mare, e si presta bene a gare di endurance come ultratrail, 100km su strada, giro del Gargano in bici, traversate di nuoto. Vito è stato capace di fare tutto da solo bici, nuoto e corsa in autosufficienza senza organizzatori, ma gestendosi da sé.
Quando si portano a termine imprese progettate con adeguato allenamento si è molto soddisfatti e ricchi dentro.
Ti è capitato durante tale attività di temere qualcosa o ricordate precedenti allenamenti o gare?
Durante la traversata ho iniziato a nuotare controcorrente. Per dare un’idea nuotare con forte corrente in direzione contraria è un po’ come correre sul tapis roulant in palestra. Quando hai 25 km davanti è piuttosto scoraggiante. A me aiuta il fatto che sono ottimista, e sperare che le condizioni migliorino mi fa andare avanti. Dopo circa 10 km non avevo più la corrente contro, ma il mare aveva iniziato ad agitarsi. Durante gli allenamenti e gare precedenti, ho imparato a nuotare in condizioni avverse e ho lavorato sul mantenere la calma in tali condizioni. Per esempio, una volta durante un Ironman a St. George nello Utah, la sezione di nuoto era in un lago con delle onde di quasi due metri, al punto tale che era impossibile vedere le boe che indicavano il percorso. Gli atleti disorientati nuotavano in direzioni disparate. A un certo punto i soccorsi hanno iniziato a prendere i nuotatori in difficoltà. Alla fine, ne hanno presi più di duecento. Io anche ero in difficoltà e ho richiesto aiuto a un canoista di soccorso, ma le onde erano così alte che prima che il canoista potesse soccorrermi si è ribaltato. Quindi ho capito che dovevo farcela da solo. Un’altra volta stavo nuotando lungo la costa dell’isola di Catalina, in California, dove generalmente le acque sono sensibilmente più fredde che nel Mediterraneo. La nuotata era stata bellissima fino a quel momento in una parte selvaggia dell’isola. All’improvviso, ho sentito una pressione opprimente per uscire dall’acqua per la sensazione di freddo. Sono uscito su una spiaggia lungo la costa e ho cercato di riscaldarmi facendo flessioni o squat e poi sono rientrato in acqua per cercare ditornare al punto di partenza. La sensazione di freddo mi ha obbligato a uscire diverse altre volte, ma era sempre peggio. Nonostante facessi squat a più non posso, non riuscivo a smettere di tremare. Allora ho chiesto aiuto alzando le braccia all’equipaggio di uno yacht ormeggiato non lontano dalla costa, ma loro credevano che li stessi salutando. Il rientro via terra sarebbe stato troppo complicato. Allora, nonostante stessi tremando, sono rientrato nuovamente in acqua e ho fatto un ultimo sforzo. Il freddo era tale che non riuscivo a nuotare con le mani distese e avevo come delle vertigini. Questa volta mi sembrava di avere un mancamento. Poi finalmente, ho girato un ultimo puntone, ho visto la spiaggia dove stavo cercando di tornare e ho tirato fuori delle energie che non pensavo di avere. Infine,queste situazioni mi hanno fatto imparare come gestire situazioni difficili.
Tutto ha un rischio e dei vantaggi, ma se non ci si mette in gioco non si va da nessuna parte e non si cresce dal punto di vista caratteriale e si conosce poco se stessi, mettendosi in gioco si impara a conoscersi, a progettare, a capire come muoversi e sapersi organizzare in ogni crisi e difficoltà.
Incontri particolari in mare, bici, corsa?
La notte prima della traversata mentre dormivo all’aperto sono stato svegliato più volte da dei cinghiali che mi giravano intorno. All’inizio mi sono un po’ spaventato, poi il sonno ha prevalso.
Cosa ti rimane di tutto ciò?
I paesaggi meravigliosi e la soddisfazione di averli attraversati con le mie proprie forze. La cosa più importante però che mi porto dietro è la capacità di riflettere sui miei propri limiti e capire come superarli per prepararmi ad affrontare nuove sfide, non solo nello sport ma anche e soprattutto nella vita quotidiana. Allo stesso tempo, spero di poter ispirare altri a vincere le proprie paure e ad affrontare le proprie sfide.
Dedichi questa sfida a qualcuno?
La dedico a due persone speciali, Antonio Rubino e Rosa Balzamo, i miei genitori, che mi hanno sempre stimolato a tirare fuori il meglio di me e che hanno seguito l’impresa da lassù.
Davvero una bellissima dedica che fa capire quanto può essere importante avere a cuore e in mente le persone care che continuano in qualche modo a tifare e sostenere.
L’esperienza raccontata dalla coppia Palas Policroniades e Vito Rubino, dal Canada al Messico in mountain bike tandem per 30 giorni, è riportata nel libro “Lo sport delle donne. Donne sempre più determinate, competitive e resilienti”, 8 ottobre 2018, di Matteo Simone (Autore).
Vito è menzionato nei libri:
“Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline.
matteo simone