1 luoghi si succedono lontani dal caos dei turismo di massa in un percorso che amalgama antropologia, religione, spiritualità
C’è un altro Gargano, distante dai panorami di certa pubblicità turistica, specie nelle festività di primavera, come quella in corso. Si trova nell’entroterra, e costituisce una geografia diversa, che attribuisce al paesaggio riverberi misterici.
I luoghi si succedono in un percorso che amalgama religione e antropologia, con una spiritualità svincolata dalle liturgie. Gargano segreto, lo definì non a caso Pasquale Soccio con il titolo del suo libro più illuminante sul retaggio di questo territorio. Lo sperone d’Italia non si prolunga soltanto nel mare. Si slancia in altezze che prescindono dall’orografia, anche se ne beneficiano, perché situate a livelli ben superiori dei litorali.
Si prenda Castelpagano, su un rilievo di 545 metri, prospiciente Apricena. Rovine maltenute, fra le quali serpeggiano mito e storia in una miscela ormai non più decantabile. Il suo abbandono, nella realtà, avvenne per scarsità di acqua e impervie comunicazioni, con un esodo degli abitanti nella sottostante Apricena, all’inizio del Seicento.
Seguì il saccheggio delle pietre edilizie da parte dei pastori, che provocarono il totale disfacimento delle strutture urbane. Poi, però, interviene il culto della Madonna, che sarebbe apparsa per donare la vista a Leonardo Di Falco, nato cieco. Più potente nella forza narrativa l’epica lotta che si sarebbe tenuta a Castelpagano fra l’Arcangelo Gabriele e Satana, incarnatosi in un gigantesco rettile.
Sconfitto, di quest’ultimo sarebbero rimaste solo due ossa, portate nel convento del vicino Stignano. Quest’ultimo, sulla provinciale che conduce da San Severo a San Marco in Lamis, sorge per di più lungo un tratto stradale la cui prospettiva ingannevole fa credere che la forza di gravità si eserciti al contrario, e quindi mettendo l’auto in folle sembra che questa scorra verso l’alto.
Quanto a Stignano, santuario dedicato alla Madonna, si dice che nel 1216 vi fosse passato San Francesco, di ritorno dall’Oriente, e avesse benedetto il convento e i frutti del Tavoliere, che si estende in basso a perdita d’occhio.
Pochi chilometri più su, superato San Marco in Lamis, la città natale di Joseph Tusiani,
ecco il monastero di San Matteo, una volta consacrato a San Giovanni in Lamis. Sorge alle pendici del Monte Celano, di 871 metri, e segna ima tappa importante dell’altro Gargano.
Insieme al nutrito curriculum propriamente religioso, annovera due installazioni pressoché uniche. La prima è il presepe artistico realizzato per il Natale del 1966 da Matteo La Sala, con l’aiuto di allievi monaci. La seconda è l’organo a canne Mascioni, del 1991, a trasmissione mista: meccanica per i manuali e il pedale, elettrica per i registri. Guardare dai muretti che circondano il piazzale conferisce alla mera vista delle conifere un senso di contemplazione.
Quella che dovevano provare i pellegrini abruzzesi e molisani diretti alla Grotta di San Michele, ennesimo fulcro di attrazione ascetica del Gargano. Era un insediamento abitativo fin dal paleolitico e dal neolitico. Con la collocazione della statua dell’Arcangelo nel 1631, sostituita nel 1991, gli studi di speleologia rapportati al limitrofo lago di Varano vengono surclassati dall’alone soprannaturale che si sprigiona dalla cavità.
Il tutto naturalmente assomma a San Pio, la cui figura ieratica pervade non soltanto i due santuari di San Giovanni Rotondo bensì l’intero promontorio. Per il quale varrebbe la definizione che si diede il frate di Pietrelcina: «Io sono un mistero anche per me stesso».