Ha iniziato a collaborare con la Giustizia anche Liberantonio Azzarone, 34 anni compiuti a febbraio, viestano, nipote dell’ex boss Marco Raduano pentitosi a marzo. In ordine di tempo Azzarone è il quarto dei 5 pentiti di Vieste dopo Giovanni Surano, Danilo Pietro Della Malva, Orazio Coda, e poche settimane prima che anche lo zio Marco Raduano decidesse di collaborare con la Giustizia.
Azzarone fu fermato dai carabinieri l’8 agosto 2018 su decreto della Dda nel blitz antidroga in cui finirono in cella altri tre compaesani tra cui lo zio Raduano. In primo grado a Azzarone furono inflitti 18 anni e 10 mesi per traffico di droga aggravato dalla mafiosità e armi, ridotti a 13 in appello. Nel processo d’appello «Neve di marzo» gli sono stati inflitti complessivamente 21 anni e 10 mesi per ulteriori accuse di spaccio, armi e incendio in continuazione con la precedente condanna a 13 anni.
Il pentimento di Azzarone emerge dagli atti dell’inchiesta sull’omicidio di Giambattista Notarangelo assassinato il 6 aprile 2018, sfociata nel blitz dello scorso 11 aprile con 5 arresti, tra cui Raduano. «Azzarone ha manifestato la volontà di collaborare con la Giustizia alcune settimane prima dell’analoga scelta dello zio Raduano» annota il gip di Bari Antonella Cafagna firmatario dell’ordinanza cautelare.
Interrogato dalla Dda lo scorso primo marzo Azzarone ha «indicato in Danilo Pietro Della Malva, Orazio Coda, Michele Notarangelo e il defunto Antonio Fabbiano gli autori dell’omicidio di Giambattista Notarangelo» (i primi tre sono stati arrestati: anche Della Malva e Coda sono pentiti e hanno confessato il coinvolgimento nel delitto) «ricostruendo le vicissitudine successive all’agguato che lo videro tra i sospettati dei carabinieri, e per tale ragione sottoposto alla prova dello stub insieme a suo zio Marco Raduano. Azzarone ha dichiarato che proprio da Raduano apprese il giorno dopo l’omicidio di Giambattista Notarangelo che era stato Della Malva a ferire mortalmente la vittima; e d’averlo fatto per ragioni di ordine personale perché Della Malva aveva una frequentazione con una ex parente della vittima e Giambattista Notarangelo aveva detto che voleva uccidere Della Malva».
La guerra di mafia viestana con 19 fatti di sangue dal 2015 al 2022 con 10 morti, 1 lupara bianca, una serie di agguati falliti e una raffica di arresti, ha quindi «sfornato» anche 5 pentiti. Il primo fu Giovanni Surano, classe ’84, arrestato il 3 maggio 2018 quale presunto custode dell’arsenale del clan Raduano con mitra Kalashnikov, fucile, pistola e droga; Surano si è pentito nel 2020, ed è stato condannato a 3 anni e 4 mesi per mafia nel maxi-processo «Omnia nostra».
È stata poi la volta di Pietro Danilo Della Malva, classe ’86, alias «il meticcio», ex esponente di spicco del clan Raduano, pentitosi a maggio 2021: condannato in «Omnia nostra» a 11 anni per mafia, violenza privata, favoreggiamento, armi, e concorso nell’omicidio di Omar Trotta assassinato nel suo ristorante il 27 luglio 2017 nella guerra tra il clan Raduano e i rivali Perna/Iannoli; in attesa di giudizio per l’omicidio di Marino Solitro del 29 aprile 2015 per il quale è stato arrestato il 13 ottobre 2023, delitto che ha confessato d’aver compiuto con Giovanni Iannoli (che nega); è stato riarrestato e posto ai domiciliari nel blitz dei giorni scorsi per l’omicidio di Giambattista Notarangelo che ha confessato.
Il terzo pentito in ordine di tempo fu Orazio Coda, classe ’89, arrestato il 23 novembre 2019 nel blitz . antidroga «Neve di marzo» con condanna in appello a 12 anni e 2 mesi (18anni in primo grado) per traffico e spaccio, armi, furto in albergo, ricettazione d’auto, pentitosi a novembre 2021; anche lui è stato arrestato e posto ai domiciliari perché ritenuto uno dei I killer di Giambattista Notarangelo, j delitto confessato.
I pentiti viestani numero 4 e 5 sono, come accennato, Liberantonio Azzarone e lo zio Marco Raduano. Quest’ultimo, classe ’83, detto «Pallone», sconta 19 anni per traffico di droga aggravato dalla mafiosità e armi; è stato inoltre condannato in primo grado in «Omnia nostra» all’ergastolo per mafia, gli omicidi di Omar Trotta e Giuseppe Silvestri (ucciso a Monte Sant’Angelo il 21 marzo 2018) e il tentato omicidio di Giovanni Caterino del 18 febbraio 2018 a Vieste; ha confessato d’essere stato un capo-clan, un trafficante di droga, e d’essere coinvolto in oltre 10 omicidi, di cui 6 eseguiti, ma ha escluso d’essere il mandante dell’omicidio di Giambattista Notarangelo; il gip gli ha creduto, rigettando la richiesta della Dda d’arrestarlo per l’omicidio e disponendone comunque la cattura (provvedimento notificato in carcere) per ricettazione della Jeep Renegade e delle due pistole e del fucile usati per l’agguato a Notarangelo.