Ho appena concluso un lavoro di ricerca sulle condizioni demografiche, economiche e sociali di tutti i 61 comuni della provincia di Foggia I risultati emersi mi hanno portato, per la prima volta nella mia vita, alla consapevolezza che non vedo alcuna via di uscita al decadimento e al declino in cui siamo precipitati da decenni. Anticipo in questo articolo i risultati generali della ricerca che diventeranno a breve un libro.
Lasciare che tutto continui come prima significa andare verso il disastro, che coinvolgerà tutti. Nessuno è escluso. A dir la verità, la traiettoria del sottosviluppo ci ha già colpiti tutti. C’è chi ancora in qualche modo continua a resistere grazie alla rendita, all’erosione del risparmio e a espedienti vari e chi, invece, è sprofondato nella povertà e costituisce una massa di persone di ogni età. Ciò coinvolge, come vedremo, anche chi un lavoro (per così dire) ce l’ha.
Resistono a fatica i lavoratori del pubblico impiego, mentre sono sprofondati nella povertà assoluta e relativa tutti gli altri. Tutto questo ha ridotto la morale ai minimi termini, e sembra addirittura che sia del tutto scomparsa. Prevalgono cinismo, spregiudicatezza, scorrettezza, rabbia e rancore. La politica ha perso completamente il proprio spirito, non ha più gli ideali e il senso del servizio e del bene comune.
E’ diventata arroganza, spregiudicatezza, clientelismo, potere da sfruttare a vantaggio proprio e del clan di appartenenza, mediocrità e incompetenza. In altre parole, la politica è diventata disgustosa, si è ridotta a rappresentare il peggio della società civile. L’arroganza, l’indecenza e la mancanza di pudore prevalgono su ogni forma di idea e di progetto per il futuro. La politica è ormai una corsa al potere e al denaro.
Considero “criminale” chi si propone di gestire il bene pubblico non sapendo nulla della propria città e del proprio territorio, senza avere alcuna idea concreta di come allevare e risolvere i problemi giganteschi di cui siamo afflitti da anni, che hanno di fatto desertificato l’intera Capitanata.
Questo nuovo “mondo” mi ha portato alla depressione e alla disperazione. Rimpiango i tempi nei quali le idee guidavano la nostra esistenza, erano la luce che sconfiggevano le tenebre e l’oscurità del passato.
Sono altrettanto consapevole che il mondo è cambiato, la tecnologia e i social ci hanno portato tutti in altre dimensioni. Tutto si è ridotto al denaro, alla fama, al potere, alla visibilità ad ogni costo. Le disuguaglianze di ogni tipo e genere sono diventate insopportabili e intollerabili.
Conta ormai solo la famiglia in cui si è nati, l’ascensore sociale che dava opportunità a tutti si è fracassato. Il problema dei problemi è dato dalla povertà e dalla precarietà raggiunti, che la politica ignora e di cui si disinteressa completamente.
I troppi lavori precari e sottopagati sono diventati la norma, si sono istituzionalizzati e nessuno più è in grado di progettare il proprio futuro.
Vediamoli questi dati per l’intero territorio di Capitanata, numeri che mettono i brividi. Nessuno che abbia ancora un briciolo di sensibilità può ignorarli e far finta di nulla.
Gli ultimi dati ISTAT, pubblicati sul Sole 24 ore del 8 maggio scorso relativamente ai redditi netti 2022, registrano un reddito netto annuo medio per il Nord Est pari a 39mila euro, per il Nord Ovest pari a 41 mila euro, per il Centro pari a 37mila euro, per il Sud pari 29mila euro, che diventano rispetto alla provincia di Foggia appena 14mila euro, mentre per l’intero Paese il reddito medio annuo ammonta a 36mila euro.
In altre parole, il reddito medio annuo netto del nostro territorio risulta essere inferiore a quello medio nazionale di oltre il 154%, mentre quello del Nord e del Centro Italia risulta essere 2,7 volte superiore a quello di Capitanata.
Il reddito netto medio mensile è pari a 1.178 euro a fronte di 2.999 euro dell’intero Paese.
I redditi percepiti dai lavoratori dipendenti e dai pensionati sono pari all’88,78% del reddito totale prodotto in provincia di Foggia; di contro il reddito proveniente dal lavoro autonomo e di impresa costituisce il 6,12% del totale.
I dati più drammatici si evidenziano nelle classi di reddito. Il 38,4% delle famiglie ha dichiarato un reddito annuo lordo di 4.545 euro (quello mensile pari a 379 euro), il 16,36% dei contribuenti ha dichiarato un reddito medio annuo lordo di 12.428 euro.
In altre parole, il 54,9% delle famiglie della provincia di Foggia vive con un reddito medio annuo lordo di 6.900 euro, equivalenti a soli 575 euro mensili. Le famiglie che hanno un reddito medio annuo lordo superiore a 25mila euro (2.100 euro mensili) sono pari al 42,73% nel lavoro pubblico.
Il restante 2,38% percepisce un reddito medio anno tra 55mila euro e 120mìla euro, superiore ai 2.500 euro mensili. Sì, è proprio così: solo il 2,38% della popolazione di Capitanata vive con un reddito dichiarato superiore a 2.500 euro mensili.
Le conseguenze di questi dati sono tutti nella impossibilità di mettere su famiglia e fare figli, di curarsi adeguata- mente (addirittura si rinuncia a curarsi), di far studiare i propri figli, di avere in altre parole una visione chiara e stabile del proprio futuro.
C’è una via d’uscita? lo non la vedo più: tutti i dati attuali dicono che abbiamo superato il punto di non ritorno (punto di rottura).
Alcuni comuni sono destinati all’estinzione mentre pochissimi reggono ancora (San Giovanni Rotondo, Vieste, Zapponeta, Cerignola, Carapelle, Stornara).
Solo sei comuni su 61 totali della provincia di Foggia non hanno perso popolazione.
Ma l’invecchiamento della popolazione ha colpito tutti indistintamente: l’età media in Capitanata è passata dai 38,7 anni del 2002 ai 45,2 del 2023, con una forte accelerazione che ci porterà a superare nel giro di pochi anni il fatidico punto di non ritorno, stimato nei 48 anni. Un approdo dove ogni speranza di crescita interna risulta precluso, l’unica soluzione è adottare politiche adeguate dì immigrazione da altri Paesi e continenti.
Un calcolo molto rozzo stima che, se nulla dovesse cambiare, la provincia di Foggia si estinguerebbe nel 2154, ovvero fra 131 anni.
Volendo passare da uno stato di depressione assoluta a quello di ottimista razionale le uniche soluzioni che intravedo per uscirne sono: aumentare fortemente la qualità delle istituzioni, renderle inclusive e non estrattive come quelle attuali tutte a favore di un’elité parassitarla e spregiudicata; un senso di comunità ritrovato e una politica economica volta a favorire i giovani e le donne; politiche immigratone intelligenti e di forte integrazione.
Il forte debito pubblico nel breve non ci consente di fare tutto ciò, ma una più forte integrazione europea potrebbe portarci a uscire dall’attuale girone dell’inferno.
nicola di bari
economista
l’attacco