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TRUFFA ALL’UE SUI FONDI DESTINATI AI PASCOLI, L’OMBRA DELLA MAFIA GARGANICA. 15 INDAGATI TRA SAN NICANDRO GARGANICO, VIESTE, CAGNANO VARANO E CERIGNOLA

Sono 15 i garganici e 9 le aziende del Gargano coinvolti nell’indagine “Transumanza” della Guardia di Finanza di Pescara coordinata dalla Dda di l’Aquila su una presunta maxi-truffa ai danni dell’Unione europea per intascare milioni di euro di fondi pubblici per pascoli ritenuti inesistenti.

Il pm Simona Ciccarelli ha firmato l’avviso di conclusione delle indagini (come già pubblicato nell’edizione del 10 maggio) nei confronti di 75 indagati complessivi: 44 sono persone fisiche di cui 15 di San Nicandro Garganico, Vieste, Cagnano Varano e Cerignola, oltre che del Trentino e dell’Abruzzo; e 31 sono aziende, tra cui 9 con sedi in Capitanata.

Le ipotesi di reato vanno dall’associazione per delinquere anche aggravata dalla mafiosità per alcuni indagati per aver agito per agevolare il clan Libergolis del Gargano, alla truffa e tentata truffa, dalla ricettazione al riciclaggio; i fatti contestati abbracciano un ampio lasso di tempo dal 2014 a dicembre 2022.

L’indagine sfociò nel blitz del 26 settembre 2023 quando il gip di L’Aquila firmò 25 ordinanze cautelari: obbligo di dimora per 11 indagati, divieto temporaneo di esercitare attività d’impresa per altri 14. L’avviso di conclusione delle indagini è l’atto che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio; gli indagati e i difensori hanno 20 giorni dalla notifica dell’atto per chiedere d’essere interrogati, depositare memorie difensive, sollecitare nuove indagini. Poi il pm tirerà le somme e valuterà se e per chi chiedere al gup il rinvio a giudizio.

I 15 indagati garganici sono i viestani Bartolomeo Cariglia, 78 anni, Vieste, il figlio Giovanni Antonio Cariglia (51) e Vittoria Santoro (39); i sannicandresi Fabrizio Di Lella (26), Nazario Di Lella (41), Michele Di Monte (66), Vincenzo Di Monte (42), Nazario Libero (54), Michele Palmieri (59), Alessandro Pastucci (37), Claudio Sassano (45), Angelo Tarantino (43), Leonardo Tarantino (33); Michela Tarantino (23), residente a Cagnano Varano; e il cerignolano Maurizio Lo Conte di 45 anni. Le 9 aziende della Capitanata coinvolte sono Società agricola Cariglia di Santoro Vittoria con sede a Vieste; la Camarda srl (San Nicandro); la Gruppo Camarda (San Nicandro); Fattoria bio società agricola (Cerignola); Mab, movimento autonomo di Base (Cerignola); Company assistence Group società consortile (San Nicandro); La Spiga società agricola (Cerignola); Lo Conte società agricola (Cerignola); e Società agricola transumanza (San Nicandro).

A 11 indagati (altri due sospettati sono morti recentemente) viene contestato il reato di associazione per delinquere finalizzato “a commettere truffe aggravate, perpetrate anche mediante l’utilizzo di imprese fittizie intestate a prestanome, ai danni dell’Unione europea, dell’Agea” (agenzia per le erogazioni in agricoltura) “e degli organismi pagatori Appag, Arpea e Opr Lombardia, oltre che autoriciclaggio, reimpiego dei proventi illeciti e ricettazioni”. Tra gli 11 indagati del reato associativo ci sono i garganici Lo Conte, Libero, Angelo Tarantino e i due Cariglia. A Armando Berasi, sessantunenne della provincia di Trento ritenuto il promotore dell’associazione per delinquere, Lo Conte, Libero e Angelo Tarantino la Dda contesta l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare il clan Libergolis.

Il cerignolano Lo Conte e il sannicandrese Libero sono ritenuti collaboratori di Berardi quali esperti di Pac (politica agricola comune) e Sian (sistema informativo agricolo nazionale). Angelo Tarantino “appartenente alla famiglia Tarantino affiliata al clan Libergolis della mafia garganica” sostiene la Dda “aveva il compito di fornire tramite la sua autonoma struttura criminale composta da aziende agricole fittizie intestate a prestanome, i bovini necessari da far pascolare sui terreni demaniali in modo da permettere il raggiungimento della consistenza zootecnica per ottenere i premi Pac”. Stessa contestazione per i Cariglia padre e figlio.

Secondo l’accusa sarebbe stato simulato il possesso dei requisiti necessari per ottenere la disponibilità di terreni e dei corrispondenti titoli Pac rilasciati gratuitamente ai nuovi giovani imprenditori agricoli; le nuove imprese agricole ritenute fittizie avrebbero agito d’intesa con coop agricole costituite per fare incetta di migliaia di ettari di terreno la cui concessione a uso civico veniva messa a bando dai Comuni. Dda e investigatori quantificano l’entità della truffa nell’ordine di 5 milioni di euro.