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VIESTE/ IL BOSS PENTITO RADUANO RACCONTA LE DINAMICHE DELLA MAFIA GARGANICA

“Ero a capo del mio clan a Vieste; e facevo parte del gruppo Lombardi/La Torre nel quale entrai dopo l’omicidio di mio cognato Gianpiero Vescera ucciso nel settembre 2016 men­tre io ero in carcere. Entrai nel clan Lombardi prendendo contatti con i principali esponenti, per contrastare i Libergolis-Miucci del quale feci parte sin quando seppi che mio cognato era stato assassinato proprio dal mio stesso gruppo”.

Così Marco Raduano, 41 anni, viestano, ex boss del Gargano catturato a Bastia in Francia ai primi di febbraio 2024 dopo quasi un anno di latitanza in seguito all’evasione dal carcere di Nuo­ro, pentitosi un mese dopo, ha spiegato ai pm Ettore Cardinali e Luciana Silvestris della Dda come mai transitò dal clan Libergolis a quello rivale Lombardi/Ricucci/La Torre, ex gruppo Ro­mito coinvolti nella guerra di mafia garganica.

“OMNIA NOSTRA”

Il verbale d’in­terrogatorio di 274 pagine del neo pen­tito reso in carcere il 3 aprile è stato depositato e messo disposizione (ma 201 pagine sono coperte da omissis, quelle in cui ha parlato di omicidi e altri reati) dei difensori dei 24 imputati del pro­cesso “Omnia nostra” (32 arresti nel blitz del 7 dicembre 2021; 45 imputati in attesa di giudizio divisi in 3 tronconi processuali) in corso in Tribunale a Foggia dove l’interrogatorio in video­conferenza di Raduano, e sarebbe stato il primo da collaboratore di Giustizia, è slittato a giugno per problemi con il videocollegamento.

REO CONFESSO DI 12 OMICIDI

Raduano sconta 19 anni per traffico di droga aggravato dalla mafiosità; è stato condannato in primo grado all’ergasto­lo nel processo abbreviato “Omnia no­stra” per mafia, gli omicidi di Giuseppe Silvestri del 21 marzo 2017 a Monte e Omar Trotta del 27 luglio 2017 a Vieste, e il tentato omicidio di Giovanni Caterino del 18 febbraio 2018 a Manfredonia.

Le rivelazioni dell’ex boss, reo confesso di oltre 10 omicidi di cui 5/6 da lui eseguiti, sono decisive per far luce sia sulla scia di sangue a Vieste dove dal gennaio 2015 all’estate 2022 ci sono stati 19 fatti di sangue con 10 morti, l lupara bianca e vari agguati falliti conseguen­za della guerra tra il clan Raduano e i rivali Iannoli/Perna; sia sulla guerra di mafia tra gli ex alleati Romito e Libergolis che dal 2009 a oggi ha contato 13 agguati con altrettanti morti, tra cui la strage del 9 agosto 2017 con 4 vittime a San Marco in Lamis.

“COSI CAMBIAI CLAN”

Come fe­ce Raduano a farsi accettare dal clan Lombardi/Ricucci/La Torre vista la sua vicinanza ai rivali Libergolis? “Di­ciamo che ho sempre coltivato un ami­cizia con Pasquale Ricucci” (ucciso nel novembre 2019 a Macchia nella guerra con i Libergolis) e “Matteo Lombardi” (imputato in Omnnia nostra, e condan­nato all’ergastolo per l’omicidio Silve­stri commesso con Raduano).

 “Una vol­ta scarcerato presi contatto con loro, e cominciai a sviscerare tutti i fatti di Enzo Miucci” (ritenuto il reggente! clan Libergolis visto che i tre fratelli Armando, Matteo e Franco Libergolis scontano i primi due 26 anni e il terzo l’ergastolo inflitti nel maxi-processo al­la mafia garganica del 2004) “Parlai dell’omicidio di mia cognato; del ten­tato omicidio di Francesco Pio Gentile” (mattinatese parente dei Romito, poi ucciso il 21 marzo 2019); “delle persone vicine a Miucci; di chi voleva colpire. Diciamo che portai alla luce tutti i fatti di cui il clan Lombardi/Ricucci era all’oscuro.

Non sapevano che Giovanni Caterino” (il manfredoniano condan­nato all’ergastolo quale basista della strage di mafia del 9 agosto 2017 voluta dai Libergolis per ammazzare il capo­clan rivale Mario Luciano Romito) “fa­ceva parte di Miucci, ma si muoveva nell’ambito dei Romito avendo e rife­rendo informazioni, mentre per loro era un insospettabile. In definitiva vi­sto l’omicidio di mio cognato raccontai al clan Ricucci/Lombardi i fatti del clan Libergolis.

E loro riscontrarono tante delle cose che gli riferii. Tant’è che mi dissero: ‘hai fatto bene a venire da noi, perché noi ti avevamo già individuato e se non avessero ucciso tuo cognato, ti avremmo ammazzato noi a te; quindi diciamo che ti hanno fatto un piacere’ (uccidendo il parente) ‘altrimenti per noi eri diventato un obiettivo’”.

ORA VI DICO CHI COMANDA A MATTINATA E A MANFREDONIA

Nel lungo interrogatorio dello scorso 3 aprile ai pm della Dda e ai carabinieri, il neo pentito Marco Raduano ha raccontato anche gli affari del clan Ricucci/Lombardi/La Torre di cui era alleato: droga, omicidi, rapine a portavalori, estorsioni (“erano molto inseriti nella vendita della frutta, del pesce, del caffè, avevano un’imposizio­ne di questo genere”); ha indicato chi comandava nelle varie zone garganiche; come venivano reinvestiti i pro­venti degli affari illeciti.

“Su Manfredonia comandavano Mat­teo Lombardi, Pasquale Ricucci e Pietro La Torre; quest’ultimo trattava la dro­ga, non occupandosi direttamente di acquisto e vendita ma imponendo agli spacciatori di consegnare una percen­tuale; gli spacciatori erano liberi di rifornirsi dove volevano, ma non da Miucci su Monte o dai Francavilla su Foggia” (il clan Lombardi/Ricucci/La Torre su Foggia è alleato dei Romito; mentre i Libergolis-Miucci lo sono dei Sinesi/Francavilla) “La Torre tante vol­te mi disse: ‘fai come faccio io a Man­fredonia, ti fai dare un tot a testa da ogni spacciatore e ti lavi le mani’, ma io su Vieste ero più che volevo controllare”.

Secondo il racconto di Raduano su Mattinata a comandare erano “i fratelli Antonio e Andrea Quitadamo” (pentiti) “Franco Notarangelo, Pio Gentile quand’era vivo, Francesco Scirpoli che faceva le veci di Romito, era una per­sona di fiducia.

I mattinatesi erano mol­to vicini a Lombardi e Ricucci; si oc­cupavano di omicidi e rapine a portavalori; Notarangelo era quello che su Mattinata si occupava più della droga. Ma la nostra influenza mafiosa era un po’ su tutto il Gargano: mi riferisco al controllo del territorio anche attraver­so estorsioni, e che si otteneva con gli omicidi: come gruppo eravamo molto spietati”.

A dire del pentito “i soldi delle rapine ai portavalori venivano reinvestiti nell’acquisto di mucche che tenevano al pascolo nei territori interni del Gar­gano. Ogni componente del gruppo – e vi parlo di Scirpoli, Lombardi, Ricucci, La Torre, dei Quitadamo – aveva un pa­trimonio di 200/300 mucche a testa, che non gli gravavano come spesa perché non è che andavano a comprare il fieno, ma le tenevano libere nei territori. Ave­te presente la mucca sacra dell’usanza in Calabria? Noi ce l’abbiamo sul Gar­gano: la mucca può stare libera, andare sulla strada, nei terreni privati, dema­niali, boschivi e nessuno può dire o fare niente.

Perché i proprietari dei terreni sanno che queste mucche appartengono ai Libergolis, ai Romito: ognuno ha la sua fetta di territorio. Cioè con le muc­che noi occupiamo un intero bosco dove poi siamo padroni di andare, incon­trarci, riunirci, nascondere auto, mezzi, armi. Ci sono poi i contributi dall’Unio­ne europea” per gli allevatori; “inoltre ogni anno poi si vendono i vitelli e si fanno 100/200 euro di entrate”