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OMERO CITTADINO VIESTANO

Nella precedente relazione sulla sede pugliese della sagra delle seppie e quindi della Siponto, nome erroneamente fatto pervenire dal latino Sepius, seppia, da Strabone, sono pure elencate numerose e del tutto schiaccianti prove di un Omero cittadino Viestano, tanto da fare diventare del tutto inutile il ricorso alle fonti accademiche evocate dall’attuale Assessora alla Cultura di Vieste, perché non vuole assumersi delle responsabilità già accertate anche se del tutto nuove. Ma soprattutto perché queste stesse fonti accademiche hanno finora contribuito a distorcere la realtà dei fatti riguardanti il poeta Omero, certamente di origine viestana. Quali il non sapere se Omero sia veramente esistito; le migliaia di km percorsi da Odisseo nelle sue vicissitudini di naufrago, quando si tratta di luoghi tutti e solamente viestani; non aver riconosciuto l’omerico pescoso Ellesponto come una antica, elles, rotta (sentiero) del largo, vasto, profondo e aperto mare, pontos, con tre giorni di navigazione verso l’Aurora, che a ben vedere ed in realtà già da Omero e da Skeria, ora Vieste, divideva il Golfo Adriatico, detto dai disorientati ragazzi viestani di qualche decennio fa, ivi compreso lo scrivente, poiché si trattava della divisione della stessa superficie marittims il Mare Piccolo e dai pescatori viestani la Acque di Fore, cioè di fuori (mano), di sinistra, o della Mancina che è pure il toponimo della riva sinistra del corno di sinistra del Montarone sulla quale poggia l’antico molo viestanoe da Alcinoo, re di Skeria, detto esperion = occidentale, da cui l’Esperia per la sola Italia, detta pure Gargaria da Aristotile, dal Mare Ionio, detto dallo stesso Alcinoo eonion = orientale, a Skeria e detto sempre dagli stessi ragazzi viestani il Mare Grande che aveva inizio da Drète u Trione, Dietro il Trione toponimo latino che da trio-onis indica il corno del toro del Montarone. Divisione confermata dal geografo matematico Tolomeo (VII sec. a.C.) con fior di incompresi dati geografici relativi all’affondamento, poi facilmente scambiato con un mitologico sprofondamento sotto il mare, di circa km 49 sul mare del Monte Gargano, partendo da Siponto accompagnata dai dati42,20,41, cioè 42°20’41”, alla cui estremità orientale, 42,50,40, cioè 42°,50’,40”, situa Apeneste, nome che dal greco apen(euthe)-este indica proprio questa posizione estrema orientale sul mare, quindi Vieste pure come ultima città del Mare Ionio ed Hyrium, sempre Viestecome città adiacente, quindi all’origine del Golfo Adriatico; l’accettare supinamente le errate decisioni dell’interessato commerciante di oro di seconda mano Schliemann che dopo essersi arricchito in Sudamerica ha comprato ad Hissarlik una collina destinata a remota necropoli per ls cremazione di cadaveri, distante 2 km dal canale marittimo stretto tra due terre, chiamato Bosforo, già confuso erroneamente da almeno il VII sec. a.C. con l’Ellesponto e con una primitiva Troia situata a Burnabashi, distante km 5 dal predetto canale di mare e km 65 ad Oriente di Hissarlik, poi facendo sparire i forni crematori e fatto rimpatriare a sue spese il tedesco Capitano Ernst Boetticher, che aveva cominciato a contestare il suo operato e facendo arrivare dalla Germania un più accomodante e inconsapevole di quanto accaduto, un Maggiore, e infine spacciandola per Troia per avere realmente trovato alcuni strati di cenere, ma dovuti alle precedenti cremazioni di cadaveri. Senza contare che il territorio di Hissarlik è diverso da quello descritto da Omero, a cominciare dalla assenza di una lunga spiaggia, che è la viestana Scialmarino,lunga km 5 e detta pure Spiaggia Lunga, sulla cui battigia del mare vengono sia pure poeticamente ormeggiate le oltre 2000 navi degli Achei, che prendono il poetico nome dalle punte (gr. acis) dei corni del viestano Montarone, per dieci lunghi anni e sulla quale spiaggia avvengono degli episodi notevoli. Quali l’arrivo sulla spiaggia dei Troiani che riescono a bruciare alcune navi degli Achei, la cremazione e sepoltura sulla spiaggia del fidato compagno di Achille, Patroclo, ucciso da Ettore, l’arrivo sulla spiaggia mentre si vede il Sole nascere dal mare da Teti, madre di Achille, che consegna le nuove armi a suo figlio, il riscatto e la restituzione a Priamo sulla spiaggia del corpo di suo figlio Ettore, ucciso da Achille, il Sole che da Troia si vede nascere e tramontare nel mare, un fatto che succede a Vieste durante l’Estate, la presenza dell’adiacente a questa spiaggia del Regno dei Morti, che è la viestana Necropoli della Salata con la presente corrente anonima, ma chiamata Acheronte da Omero e che tuttora sfocia in mare e venendo, Schliemann, osannato da tutti dall’anno 1870. Ivi comprese le Sovrintendenze Culturali Statali dell’Anatolia, ora Grecia, e della Germania, masenza contare l‘avvenuto scambio di favori con il benestare rilasciato dal del tutto disinformato Schliemann alle autorità culturali dell’attuale Grecia nel suo riconoscimento delle due isole dell’attuale Grecia: Thiaki per Itaca, patria di Odisseo, e di Corfù per la piccola penisola di Skeria, in cui lo stesso poeta Omero assume rispettivamente il nome di Femio, il quant’altri mai famoso, e di Demòdoco, il venerato dal popolo, ma per inevitabile e del tutto logica continuità poiché, come si vedrà dal loro comune porto e una seconda volta del Regno dei Morti visitato a piedi da Odisseo quando era rientrato a Itaca, si tratta sempre di nomi poetici di Vieste,. E sia quando le fonti accademiche concordano nell’affermare che Omero non ha lasciato un chiaro riferimento con precise coordinate geografiche riguardanti la posizione di Troia che, invece, nei suoi poemi si evincono tutte. Ma non coincidenti né con Burnabashi, nè con Hissarlik e neppure con il canale marittimo detto il Bosforo, che nel suo reale percorso supera abbondantemente la Tracia, regione dirimpettaia a Troia, e con un percorso declinante verso l’Equatore, il Mare d’Azov e del successivo Mar Nero, anche se questo stesso canale marittimo era già stato erroneamente identificato come lo Stretto dei Dardanelli, da Dardania, la primitiva Troia. Basta considerare quanto scrive Omero della Tracia, che è la stessa dell’attuale Penisola Balcanica, e precisamente dell’Illyria, nome che dal greco ille-yria significa regione di fronte a Yria, cioè frontale a Vieste con il nome di Yria. Nome imposto dai Romani, dopo la loro decretata negazione della pronuncia al di fuori di eventi religiosi del nome Vesta, poiché secondo nome di Roma e soprattutto perché sua prima dea protettrice. Anche perché, oltre l’ellenico Achille = di fronte alla punta (del Montarone) all’origine dell’Ellesponto da cui gli Elleni da lui guidati, i restanti Traci, che secondo Omero “Acàmante e Pìroo guidavano i Traci, quelli che l’Ellesponto flutto gagliardo chiude”, erano alleati dei Troiani.

Nell’allegato riquadro ci sono le Colonne d’Eracle, da un lato il viestano “Puzmume”, un bastione di pietra calcarea minacciato di essere vomitato dal vendicativo Poseidone per ammonire i Feaci, Viestani che prendono il nome dalla luminosità (fai) delle punte (acis) dei corni del Montarone, abitanti di Skeria che avevano accompagnato Odisseo a Itaca, sempre Vieste, senza chiedere alcun permesso. Bastione al quale, però, per salvarsi si attaccano sia il poi mitico Eracle (Iliade), omerico solitario distruttore di Dardania, la primitiva Troia per vendicarsi di un torto subito per motivi inerenti il commercio di cavalli (di Troia), e da cui una prima Colonna d’Eracle, e sia Odisseo. Infatti, di fianco al Puzmume e con l’acqua che circa 30 secoli fa ad un uomo non era consentito di avere piede, si trova la Rupe del Montarone che, secondo Omero, l’esausto naufrago Odisseo vede alta fino al cielo che pare levigata e che nessun mortale avrebbe potuto scavalcare neppure se avesse avuto 20 mani e 20 piedi. Rupe che come altra Colonna d’Eracle facente parte del Montarone, toponimo di origine greca che da moun(az)-tauro(s)-onem indica la sua realtà di un “peduncolo isolato ma non distaccato avente la forma di corna di un toro possente”, che di conseguenza diventa pure il Monte Atlante,cioè infaticabile, del filosofo Platone, ma che a ben riflettere è un sinonimo del possente toro del Montarone. Per Platone queste Colonne d’Eracle facevano da punto fermo, il Montarone col nome ufficiale greco di Istia, che dal greco isthemi, indica il sisto, un preciso punto di passaggio di un sentiero stretto, che nel caso di Platone diventa il sentiero stretto di separazione di “un mare che non si può dire vero mare”, il Golfo Adriatico, scambiato erroneamente con il Mare Mediterraneo, e di “un mare che si può dire vero mare”, il Mare Ionio, scambiato altrettanto erroneamente con l’Oceano Atlantico e con il Monte Atlante ora erroneamente situato nel Marocco e a 30 km dallo Stretto di Gibilterra scambiato con il sentiero di divisione, anche se lungo una trentina di km in direzione orizzontale, del Mare Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico, ma come altra tacita ed errata sostituzione e spostamento dell’antico sentiero del largo, vasto e profondo mare dell’Ellesponto di Omero. La verità emerge da quanto il geografo Dicearco (IV sec. a.C.), per una quindicina di anni contemporaneo di Platone, scrive: “Dal Peloponneso è più lontana la fine dell’Adriatico più di quanto non lo siano le Colonne d’Eracle”.

Il peduncolo isolato ma non distaccato del possente toro del Montarone che pure dall’etimo greco iniziale monos e monios conduce sia al pizzo di Pizzomunno, che è da riferirsi all’intera penisola del Montarone sulla quale è poggiato il centro storico di Vieste e non al Puzmume come tuttora avviene per totale ignavia storica degli attuali Viestani; sia ad atlante, da cui l’Atlantide di Platone, da sempre e tuttora cercato vanamente da fior di speleologi e archeologi con sonde subacquee oceaniche e senza alcuna apertura di bocca delle succitate fonti accademiche, nell’Oceano Atlantico, nome che ha origine dalla infaticabilità ed ignorando che trattasi di un sinonimo di Adriatico. Entrambi nomi che hanno origine dalla forza contenuta nel greco adros di Adria, sempre Vieste, poiché provenienti dalla possanza del toro del Montarone e dalla forza dell’indeuropeo fes, o ves di Ves-ta, nome romano di Vieste, ma di origine greca indicante una forte estremità di fattocostituita dal possente toro del Montarone; sia pure questo pizzo sinonimo di angolo da cui il Regno dell’Angolo-culla profetizzato, realmente e tuttora per il solo scrivente, da Nostradamus nel 1500, come richiamo alla funzione e posizione geografica di isolata in mezzo al mare, che non è lo stesso di un’isola, ma una penisola, l’omerica Skeria, sempre Vieste; sia, infine e per traduzione letteraria (diz. gr. Rocci. vedi monios e monos) delle radici dell’isolato e solitario, latino singularis, Montarone, che viene per tradizione condotto pure nell’identità di un capros, un cinghiale, e in questo caso alla sua femmina detta Troia. La stessa identità di Vieste con la limitrofa Troia di Omero, ora rovinata Merino, si assume pure con l’appena affiorante dal mare e isolato Scoglio viestano, avente come nomi Eufemia, la bene famosa, per la sua fama, ed Eugenia toponimo quest’ultimo appartenente pure al corno di sinistra del Montarone visto da terra, avente il significato di buona genìa, che a ben pensare è lo stesso di Angolo-culla di Nostradamus e, che per essere uno Scoglio solitario, latino singularis, viene assimilato a un delfino e tradizionalmente paragonato a un capros, un cinghiale e specificamente alla sua femmina detta Troia (vedi isola di Capri!).

L’accertata identità di Vieste con Skeria, per Omero pure capitale del Continente Apeira, aperta, mai da nessuno cercato, ma che finora e per il solo scrivente è un sinonimo dell’attuale Europa, vasta vista. Città di Skeria che da Omero viene identificata come “isolata nel mare grandi flutti e all’estremo del mondo”, versi che diventano sia la prima certificata identità di Vieste come città Pizzomunno e sia dei Viestani come Vestesène, contenente il latino aestus, per i grandi flutti che assillano continuamente Vieste, i cui Viestani vengono identificati da Plinio come i Methynnates ex Gargano, che dal verbo greco methyò conduce pure agli inzuppati, d’acqua marina, del Gargano. Ma estremo del mondo che fa diventare Skeria, per Vieste nell’identità di Pizzomunno, la capitale del Mondo antico, l’attuale Europa, e quindi e per logica conseguenza pure capitale del Continente Atlantide di Platone. Identità che viene accertata pure dalla presenza del porto dall’entrata stretta di Atlantide, che è lo stesso sia di uno dei due porti di Skeria (dall’indeur. sker, gr. sceripto, Vieste come appiglio di nave) e sia del porto di Telepylo Lestrìgonia, la lontana porta, nome della città dei Lestrigoni situata su una rupe marinara, sempre Vieste. Poiché tutti questi porti sono del tutto identici al viestano Pantanella anche per le colline circostanti presenti in quello dei Lestrìgoni con l’entrata stretta econ dentro il Canale della Chiatà che è l’unico d’acqua buona di Vieste e che per Omero assume il nome di Artachia. Ma tutti porti che certamente partono da quello dell’entrata stretta del viestano Pantanella, descritto storicamente da Pomponio Mela come segue: “Sinus est continuo Apulo litore incinctus nomine Uria, pleraque asper accessu”. Difficile entrata ricordata pure dai portolani del 1400, Rizo e Magliabecchi, e dalla tuttora facilmente deducibile realtà fisica del Pantanella, perché porto quasi chiuso da una parte dalla Chianghe de l’Orne, per la presenza dell’ornello, e dall’altra dalla Chianghe de l’Onne, per una roccia levigata dalle onde, sulla quale ora c’è un’antenna satellitare. Tra queste due Chianghe esiste la Tagghie du Pantanidde, la tagliata del Pantanella, dentro la quale scorre il Canale della Chiatà che tuttora sfocia nel mare e da cui uno dei motivi del nome di Vieste come Uria, dal greco ouròs: alveo con canale per l’entrata e l’uscita delle navi. Il resto lo dice l’analisi del nome del Pantanella, toponimo di origine greca classica che da panta-ne(a)-(e)l(os)-la(os) conduce a un completamente nave approdo rupe, mentre dalla finale la, abbreviazione del greco làas di laurhe da laura, conduce direttamente alla sua via stretta (di entrata e di uscita delle navi) che si trova pure nel passaggio stretto del sisto del greco Istia, nome antico, o greco, di Vieste, e che come sentiero, o via stretta, si protrae naturalmente anche sul frontale mare aperto verso l’Aurora e da cui nasce la via stretta del Laurento di Livio. Nome tuttora presente nel limitrofo al Pantanella promontorio di (S.) Lorenzo, che intrinsecamente diventa pure un diretto punto di riferimento all’origine e fine dell’antico sentiero del largo, vasto e alto mare con tre giorni di navigazione verso l’Aurora nel pescoso Ellesponto di Omero. A prova di Vieste come unità di luogo, di tempo e di azione dei Poemi omerici, questo Canale della Chiatà è presente pure nel porto di Itaca col nome di Aretusa, nel porto dei Ciclopi con all’interno una polla d’acqua dolce, e nel porto dell’Isola di Trinachia, dalle tre punte qual è il Montarone con l’aggiunta della punta meno accentuata di Dietro la Ripe, lo stesso di Rupe, identificata da Omero pure come l’Isola delle Vacche del Sole, il cui porto veniva traboccato d’acqua dolce. Per la cronaca si aggiunge che l’omerica distrutta Troia, tuttora presente nella rocca di Caprareza, toponimo di origine greca che da capra(ina)-rezò conduce a una troia sacrificata, o data in sacrificio, che domina la tuttora sepolta dal fango Merino, stessa definitiva fine di Troia narrata e, forse, pure ispirata ad Omero, anche perché Merino, pure altro nome di Vieste, diventa l’italianizzazione e riduzione del sacrario della balzante Myrina di Omero. Un reale riferimento al viestano “Munduncidde”, una minuta duna che, oltre la sua esclusiva presenza in territorio di Vieste, si aggiunge che Troia unitamente ad Uria, il Continente Atlantide,  il territorio isolato sul mare di Adria, l’isola continentale di Megaride, la biblica città dei profeti Ezechiele ed Isaia, Thura, Tiro, da thura, o turah, porta, Vieste pure all’origine dell’isola triangolare della Thyrrenia,la stessa della primitiva Italia,cui si aggiungela continentale isola di Thule del falsario scrittore storico Pitea, ignorando la sinonimia dell’indeuropeo tla di Atlantide e thul di Thule,per l’indeuropea Vieste, che pure nell’identità di Troia, pure identificata come porta della Terra, si compenetra con i suoi singolari Montarone e Scoglio. Ma tutte località che con i loro territori sprofondano sott’acqua in una notte e un giorno per volere degli dèi sempre per qualche colpa degli uomini primitivi, ma come capro espiatorio, concetto sottovalutato già presente in Omero, allo scopo di legittimare la nascita da Vieste delle nuove generazioni sia italiche (Cittei) e sia europee (Celtici), nomi partenti da naturali particolarità del Pantanella. Genti diseredate provenienti via mare da regioni indeuropee e dell’Asia Minore che dopo qualche tempo dal loro arrivo nel porto del Pantanella sono poi quasi tutte ripartite dalla remota e sconosciuta Vieste nell’identità di un semplice locus, o scoglio (Seneca). Per testimoniare che Vieste viene identificata come porta della Terra si aggiunge che secondo Polibio (II sec. a.C.), “l’angolo della triangolare isola Thyrrenia che si piega a Oriente è delimitato dallo Stretto Ionico e subito di seguito dal Golfo Adriatico”, che, quindi, diventa un preciso riferimento a Vieste come punto di origine della rotta dell’Ellesponto di Omero perché sentiero di divisione del Golfo Adriatico dal Mare Ionio, con la conferma di essere Vieste il pizzo, sinonimo di atlante e di angolo che nell’identità di thyra, o tyrah diventa pure la porta della Terra analogamente a Troia. A questo si aggiunge che col nome greco di Agylla, Viestediventa l’origine e fine della via maestra, mentre dall’associata Caere, sempre Vieste, i Romani apprendono l’arte del navigare con regole codificate nelle Tavole Ceretane. E poi ancora con il sentiero marittimo indicato da Cicerone come il Ponto Eusino, da Eòs, cioè diretto verso l’Aurora come l’Ellesponto; la “via senza via” di Virgilio e ancora altri nomi di altri antichi scrittori storici, sempre con partenza da e arrivo alla portuale Vieste.

Inoltre e per estensione all’intera Puglia, dal greco pulhe, porta, con origine da Vieste, che da A-pulia diventa senza porta, sinonimo di aperta dell’omerico Continente Apeira e da cui i Viestani come gli Uri aperti del Gargano di Catullo, e città di Vieste identificata come porta della Terra su una pietra con scritta in lingua greca arcaica interpretata dal dr. M. Petrone nel 1910, ma senza immaginare che si trattasse di un Inno alla remota funzione e realtà di Vieste come la “Divina Porta della Grande Madre Terra che fa sgorgare dalla Cinta Acqua Sorgiva”, che come Terra è tuttora presente nel toponimo della località che ha inizio da subito dopo il porto del Pantanella, detta “la Gioia” derivante dal latino Gaia, greco Gea, o Ge, la Terra, o De iniziale della dea della Terra, Demeter, Demetra, presente come dama tira sulla predetta pietra. Ma tutti nomi di Porta della Terra pure presente direttamente con Omero come Telepylo Lestrìgonia, la lontana porta dei Lestrìgoni, poi personificata con il re del Gargano Pilunno, portone, lo stesso del romano Portunno per il porto del Pantanella, esposto verso l’onda orientale (Virgilio). E poi ancora identificata con il divino Giano, da ianua, porta, e ianus, passaggio, che con l’epiteto di matutino diventa lo stesso di verso l’Aurora e, quindi, un diretto riferimento al sentiero solstiziale estivo (21 Giugno) presente pure come altro significato del latino aestus dei Vestesène, nomignolo tipicodei soli Viestani. Ma significato del latino aestus da cui pure la legittimazione di Vieste col titolo di città greca, nominativo ed aggettivo qualificativo mai usato da Omero ed originariamente inteso per tutto ciò che si trovava sul percorso del Sole il giorno del solstizio d’Estate, tutto il resto era da considerare barbaro, a cominciare dall’attuale Grecia che farebbe bene a ritornare a tornare col nome originario di Anatolia, cioè nazione Orientale (rispetto alla centrale viestana Troia!). Un evento da cui nasce il nome tuttora greco di Vieste, che da Ui(os)-este di Eòs, l’Aurora, serve ad identificarla pure come figlia del Greco, quindi prima città Greca per la primitiva Megale Ellas, che per conseguenza diventa la latina città Magna (per età) Greca e poi esteso a tutta la Magna Grecia come altro nome di Gargaria, derivante dall’omerica Gargaros sempre come altro nome omerico di Vieste per le sue numerose sorgenti d’acqua e con le gole tuttora gargarizzanti davanti alle sue spiagge. Da cui Vieste pure come la città che fa sgorgare dalla Cinta Acqua Sorgiva e dalla quale l’idea di Omero secondo il quale il mare nasce dalle visceri della Terra; di Strabone (Italia) secondo il quale, per le sette correnti tutte di acqua salmastra tranne una di acqua buona, il territorio di Vieste viene identificato da Posidonio come la “sorgente e madre del mare” Correnti che secondo Strabone fanno parte del monumento dedicato a Diomede col nome Timavo, che dal greco timaò-auo riassume l’onorare con lamenti fatti dai suoi compagni tramutati in uccelli, per metamorfosi, dopo la sua morte avvenuta durante lo scavo dell’istmo del bianco calcareo Montarone, col nome Teuthria, biancastro, bianco antico, sinonimo di Argo, bianco, città di nascita di Diomede e nella quale Omero riveste i panni di un cantore anonimo, ma sempre come punto di partenza la bianca falesia del peduncolo isolato del Montarone, che Diomede avrebbe voluto tagliare per farlo diventare una vera isola e con il suo seppellimento sullo Scoglio viestano. Racconti che trovano continuità con quanto affermano le due lavandaie che nel 1907 raccontano al Beltramelli di come il “mare si sia fatto un nido sotto la montagna”.

A tutto questo si aggiunge che dall’omerica bassa collina accessibile da ogni lato destinata a tomba, altare, sacrario (gr. sema) della balzante Myrina situata davanti a Troia, un riferimento al viestano “Muntuncidde” situato davanti a Merino, da cui, oltre il primo nome ufficiale di Estia: altare, sacrario, casa comune, e di Istia per Vieste come un sisto ed aestus, nasce pure il nome di origine greca di Ia-pyga Mes-apia, poi esteso alla sola Puglia, indicante una “monade Troia – centro dell’antichità” presente nel toponimo di Caprareza e nella sepolta dal fango Merino. Definizione da sbandierare contro le inevitabili contestazioni, dato il tempo, le vicissitudini passate e lo sconvolgimento delle idee delle finora inconcludenti fonti accademiche di tutto il Mondo.

Perciò, Egregi Amministratori del Comune di Vieste, diamoci una decisa mossa per erigere un monumento bronzeo al più grande poeta del Mondo, il vedente e viestano Omero. Eccellente cittadinanza desumibile anche dalla funzione dell’esclusivo territorio di Vieste come unità di luogo, di tempo e di azione dei suoi Poemi ed Inni, con l’avallo dei significati degli interessati vari toponimi di origine greca classica dei luoghi esclusivamente viestani affrontati da Odisseo e dallo scrivente elencati nella predetta relazione in perfetto ordine geografico, partendo dalla Punta della Testa del Gargano, luogo di sepoltura di Elpenore, vera speranza, fino al Regno dei Morti, che è la viestana Necropoli della Salata, località antistante Merino, con tuttora le tre sorgenti ora anonime, chiamate da Omero Stige, Cocìto e Piriflegetonte che danno origine al finale canale altrettanto anonimo ma chiamato da Omero Acheronte, che sfocia tuttora nel mare di Scialmarino. Regno dei Morti visitato una prima volta in nave da Circe, che aveva una casa fatta di pietre lisce, quindi in località viestana Mattoni- Calcari che si trova all’origine della Corrente Caruso dove tutto coincide con quanto scrive Omero, la seconda volta a piedi da Itaca, sempre Vieste. Un monumento da erigere in un luogo molto frequentato anche per tutti gli immensi vantaggi che in futuro avrà Vieste, la Puglia e l’intera Italia.

Prof. Giuseppe CALDERISI, nato a Vieste il 01.02.1943

 

 

Dedico queste cinque pagine e mezza all’ex mio bravo allievo Ninì delli Santi che mi ha dato la possibilità di divulgare questa mia importantissima ed unica scoperta di livello mondiale: il vedente grande poeta viestano Omero.