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LA DDA HA CHIESTO L’ERGASTOLO PER IANNOLI PER L’OMICIDIO DI ANTONIO FABBIANO

Ad una svolta il processo sulla lunga scia di sangue nella lotta tra I gruppi mafiosi del Gargano.

La Dda ha chiesto la con­danna all’ergastolo (e un anno di iso­lamento diurno) di Giovanni Iannoli, 38 anni, di Vieste, nel processo in corte d’assise a Foggia per l’omicidio pre­meditato e aggravato dalla mafiosità di Antonio Fabbiano e il tentato omi­cidio di Michele Notarangelo avve­nuto la sera del 25 aprile 2018 nel paese garganico nell’ambito della guerra tra il clan Raduano e i rivali del gruppo Iannoli/Perna. Fabbiano morì qual­che ora dopo in ospedale, Notarangelo scappò rimanendo illeso.

Alterandosi nella requisitoria du­rata tre ore e mezza e conclusa poco prima delle 16, i pm Rosa Pensa e Ettore Cardinali hanno elencato le prove rappresentate principalmente dalle dichiarazioni di 5 pentiti: i garganici Danilo Pietro Della Malva, Gio­vanni Surano, Andrea Quitadamo, il barese Domenico Milella, l’ex boss viestano Marco Raduano.

Per la Dda l’imputato va condannato all’ergastolo, non meritando la concessione delle attenuanti generiche perché la con­fessione resa nella precedente udien­za del 31 maggio è tardiva. Richiesta di condanna ribadita dalle parti civili: l’avv. Michele Fusillo per il Comune di Vieste che ha chiesto un risarci­mento di 100mila euro; e l’avv. Diego Petroni costituitosi per la madre di Fabiano che ha chiesto una provvi­sionale di centomila euro.

Il 21 giugno parole alla difesa. Gli avv. Giulio Treggiari e Michele Arena chiederanno alla corte di non inflig­gere il carcere a vita a Iannoli, con­cedendogli le attenuanti generiche. L’imputato – sarà la tesi dei legali – confessando sia l’omicidio Fabbiano sia quello di Marino Solitro per il qua­le si sta celebrando un altro processo in corte d’assise, ha dimostrato un atteggiamento collaborativo, peraltro già avviato nel processo per il tentato omicidio di Raduano da lui ammesso; un comportamento autoaccusatorio non certo omertoso e mafioso, di cui tener conto al momento di quantifi­care la pena.

Iannoli rendendo dichiarazioni spontanee il 31 maggio dal carcere di Siracusa in video collegamento con la Corte d’Assise, ammise d’aver parte­cipato all’agguato perché temeva d’es­sere ucciso a sua volta nella guerra in atto tra clan viestani.

 Lui sparò con un mitra Kalashnikov e non si accorse se avesse colpito o meno il rivale, mentre Gianmarco Pecorelli (assassinato d 19 giugno 2018 dal clan Raduano per ven­dicare la morte di Fabbiano) impu­gnava una pistola. La Dda ritiene che nell’omicidio Fabbiano sia coinvolta una terza persona al momento igno­ta.

Iannoli è detenuto dall’estate 2018: sconta 20 anni per traffico di droga nel blitz “Neve d’agosto”; e 14 anni e 6 mesi per il tentato omicidio di Marco Raduano del 21 marzo 2018; è in attesa di giudizio in corte d’assise anche per la morte di Marino Solitro assassinato a Vieste il 29 aprile 2015, delitto pure confessato. La svolta alle indagini sull’omicidio Fabbiano arrivò quan­do nei primi mesi del 2021 si pentì Danilo Pietro Della Malva, viestano, ex elemento di spicco del clan Radua­no; sulla base delle sue rivelazioni Iannoli fu arrestato il 9 agosto 2021 con ordinanza cautelare notificata in cel­la.

Della Malva raccontò e l’ha riba­dito in aula che Michele Notarangelo la sera della sparatoria gli raccontò cosa fosse successo, dicendo d’aver riconosciuto Iannoli e Pecorelli.

Stesso scenario disegnato dall’ex boss Marco Raduano che collabora con la Giustizia dal marzo scorso; non c’è stato bi­sogno di interrogarlo ieri perché su accordo tra pm e difesa sono state acquisite le dichiarazioni rese a Dda e investigatori. “L’omicidio di Fabbia­no di cui sono autori Giovanni Iannoli e Gianmarco Pecorelli è scaturito in seguito al tentato omicidio da me su­bito il 21 marzo 2018” ha detto Ra­duano: “Fabbiano apparteneva al mio gruppo.

Sulla sua morte ho avuto informazioni dirette da Michele Nota­rangelo e da Giovanni Iannoli: No­tarangelo mi confidò d’aver ricono­sciuto senza ombra di dubbio gli au­tori dell’agguato: Iannoli gli gridò con­tro ‘infamone vieni qua”, e Pecorelli lo conosceva perché amici di vecchia da­ta. Con Iannoli cercai di fare la pace, gli mandai una lettera in cui propo­nevo di fare la pace perché loro ave­vano ucciso Fabbiano e io avevo uc­ciso Pecorelli: l’unica condizione che posi fu che mi avrebbero dovuto con­segnare Girolamo Perna per uccider­lo”. Perna, ex alleato di Raduano, ri­tenuto al vertice del clan Perna/Iannoli fu assassinato da killer al mo­mento ancora ignoti la sera del 26 aprile 2019 davanti casa: era già sfuggito a due agguati a settembre 2016 e marzo 2017.