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AGNELLI E IL SUO MESSAGGIO PER I GIOVANI. “A QUELLI CHE SCELGONO LA VITA E NON I SOCIAL”

Il leader degli Afterhours stasera a Vieste per il Libro Possibile. Accompagna Stefano Senardi, autore de “la musica è un lampo”.

Sono sempre stato appassionato della contaminazione fra diversi campi artistici. Non è un impedimento, ma uno stimolo. Ciò che più mi appassiona? Quei musicisti che sono riu­sciti a mettere una parte lette­raria in quello che facevano. E anche il contrario, cioè quan­do la parola può essere sotto­lineata da un contenuto musi­cale». Questa fusione tra suo­no e parola, stasera alle 23.30 a Vieste, chiuderà l’ultima giornata del festival II Libro Possibile con una performan­ce di Manuel Agnelli, frontman degli Afterhours, giudice della prossima edizione di X Factor e artista eclettico dai mille volti, che spazia dalla musica al teatro, passando per la radio.

 Ad anticipare la performance di Agnelli sarà la presentazione dell’ultimo li­bro di Stefano Senardi, «La musica è un lampo» (Fandan­go), testo in cui il produttore discografico racconta la sua vita e la sua carriera, partendo dalla scintilla scoccata sin dal­l’infanzia con la musica di Re­nato Carosone e dei Beatles.

Manuel Agnelli, di nuovo in Puglia dopo il concerto del 4 giugno a Bari, che ha definito «uno dei più belli degli ultimi anni».

«Spesso, senza prevederlo, alcuni concerti regalano un’atmosfera unica. Ho tanti bellissimi ricordi in Puglia, una regione che è stata fondamentale per la scena musica­le. Ricordo le scorribande sul­la costa adriatica, da nord a sud, fino in Puglia, sempre ricca di manifestazioni e con­certi. E continua a esserlo».

Come il festival II Libro Possibile, quest’anno legato dal claim «Where is thè love». Lei come risponde?

«Dov’è l’amore? Nel senso di comunità che abbiamo perso totalmente e che, per tanti anni, ha invece caratte­rizzato la nostra società e la nostra cultura. Adesso a do­minare è un eccessivo mate­rialismo e il culto del sé, che è il vero cancro della nostra so­cietà. Bisogna tornare a que­sto senso di comunità. E non solamente a una visione fatta soltanto da numeri. Alcune generazioni si sono perse in tutto questo. E ancora si stan­no perdendo. Ma ho moltissi­ma fiducia nell’ultima».

A proposito di generazioni, da giudice di X Factor, ha «battezzato» i Màneskin nel 2017. Cosa pensa a proposito del panorama musicale con­temporaneo?

«Chiaramente generalizza­re non è mai giusto, perché una generazione è fatta di tante cose. Anche i Màneskin rappresentano una parte di un ciclo generazionale, che non è più l’ultimo. L’ultimo è quello che va dai quindicenni ai ventenni e lascia ben spera­re. Perché rifiuta il mercato dell’algoritmo e dello strea­ming. Una dinamica che do­mina l’attualità. Ma non il fu­turo».

Com’è il futuro?

«I più giovani hanno capito che internet, per come è uti­lizzato adesso, li fa stare male. E quindi lo rifiutano: vedo sempre più ragazzi rifiutare l’obbligo di essere sui social a tutti i costi. Questa cosa a me dà grande speranza. Vuol dire che c’è ancora la possibilità di vivere diversamente dagli ultimi anni”.

Le invece, si vede ancora solista o pensa a un ritorno degli Afterhours?

«In questo momento sono più interessato a continuare l’esperienza da solista. Nulla mi impedisce di pensare di ri­mettere in piedi gli Afte­rhours nel momento in cui sarà bello farlo. Non adesso però».

Intanto, tutto è pronto al suo ritorno come giudice di X Factor. In tanti hanno esulta­to, fuori e dentro i social, scri­vendo che finalmente si torna a parlare di musica.

«È una grande soddisfazio­ne. Non ho mai vinto, ma con­tinuano a richiamarmi. Vuol dire che il ruolo che mi sono dato ha funzionato, cioè quel­lo di portare la mia visione della musica, che è diversa da quello che succede adesso nel mercato. E spiegare che c’è un modo diverso di poter vivere la musica, lontano dal dover fare San Siro a tutti i costi».

Cioè?

«La mia generazione si è auto annullata, non riuscen­do a comunicare con il mainstream. Trovo che l’autoesilio sia controproducente, perché la cultura è innanzitutto co­municazione, informazione e confronto. Ho il privilegio e l’occasione di raccontare il mio punto di vista. Un privile­gio che diventa anche un do­vere».

corrieremezzogiorno