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FOGGIA/ LA RISCOSSIONE DEL PIZZO RESTA L’ATTIVITÀ PRINCIPALE DEI CLAN MALAVITOSI

Così fan tutti, o quasi: pagano. Questa è la realtà di Foggia. Della terra dove i clan hanno esportato in Italia il “metodo Foggia” a indicare la capacità di riscuotere tangenti senza dover ricorrere a avvertimenti eclatanti perché… basta la parola “Società” per incassare. Del capoluogo dove le batterie quando non si fanno la guerra, si spartiscono ogni mese 200mila euro e passa tra pizzo e droga. Della Foggia dove negli anni Novanta la criminalità investì sul terrore uccidendo e bombardando chi non pagava e denunciava.

“Zitto e paga” Fu sostanzialmente questo il consiglio unanime di 4 costruttori cui si rivolse per un… parere Alessandro Zito, da due anni presidente dell’associazione antiracket, uno che la paura d’essere nel mirino dei signori del terrore l’ha vissuta dall’agosto 2012 all’agosto 2014 quando dopo avvertimenti in serie si trasferì e chiuse la sede della sua “Az ceramiche” causa attentati. Nel processo a 4 imputati di estorsione aggravata dalla mafiosità che lo vede vittima, l’imprenditore ha fornito uno spaccato – sulla propria pelle – di cosa significhi finire nel mirino del racket (come già pubblicato il 27 ottobre). “Nell’agosto 2012 trovai nella cassetta della Posta una busta con 2 proiettili.

Non sporsi denuncia inizialmente. Ne parlai con l’avvocato… che mi consigliò con molta franchezza di valutare il da farsi perché era un atto intimidatorio preciso. Mi presi un po’ di tempo per ragionare, andai a parlare con una serie di costruttori per chiedere un consiglio su come comportarmi da questa cosa molto anomala che mi era successa. Parlai con…” (fa i nomi di 4 costruttori) “e la sorpresa mia fu che tutti mi consigliarono di trovare una soluzione, trovare degli accordi con queste persone che non sapevo: voglio dire che non sapevo neanche bene a chi rivolgermi.

Ma sembrava una cosa normale, che succedeva normalmente, che si faceva così. Tre di loro mi fecero in amicizia il nome di una persona da contattare, tale… che io conoscevo di vista incrociandolo nei cantieri. Mi dissero che era lui la persona che faceva in qualche modo da collegamenti tra la mafia, o chi mandò i proiettili che non ho mai saputo chi fossero, e l’imprenditoria della città. Chiaramente non ascoltai quel consigliò né contattai questo signor…”

Il commerciante inc – Era arrabbiato l’amministratore di una catena di negozi quando uscì dagli uffici della squadra mobile ad aprile 2018. I poliziotti avevano chiesto se pagasse il pizzo perché le intercettazioni a carico di alcuni mafiosi erano inequivocabili, tant’è che sarebbero seguite condanne: a Pasqua e Natale il taglieggiato… omaggiava i clan con un cesto-regali del tutto particolare: 4mila euro. L’evidenza della prova sbatté contro la risposta della parte offesa: “non sono sotto estorsione”. L’imprenditore affrontò a muso duro uno degli estorsori per lamentarsi non di pagare la tangente ma della convocazione della Polizia: “come fanno a sapere che pago 4 a Pasqua e 4 a Natale?”

A casa del boss – Un costruttore sotto schiaffo si recò a settembre 2020 a casa del boss Federico Trisciuoglio (morto a ottobre 2022 dopo lunga malattia) “in quanto la vittima era preoccupata di non riuscire a consegnare la somma di denaro pattuita”, si legge negli atti dell’inchiesta “Decimabis”. Una microspia nell’abitazione del capo-clan registrò il colloquio. Trisciuoglio: “Ti sto dicendo come e quando, i problemi, quand’è che si deve risolvere questo fatto”.

Costruttore: “Si deve risolvere subito non ti preoccupare”. Trisciuoglio: “E sempre subito, sono passati altri sei mesi. Nei prossimi giorni tengo da fare la Cassazione, mo’ stanno problemi grossi, i figli miei stanno in galera, mi hanno tolto tutte le macchine” (i Trisciuoglio hanno una concessionaria d’auto) “come devo fare e come te lo devo dire: tengo il problema ancora addosso”.

Costruttore: “Pure noi teniamo gli stessi problemi, si devono risolvere”. Trisciuoglio: “Ti sto dicendo quando non si vede la luce appresso a te. Quando è che si risolve questo fatto qua?”. Costruttore: “Mo vedo”. Trisciuoglio: “No, servono proprio i soldi, come te lo devo dire. Vado trovando che stai bene, e te lo sto dicendo”. Convocato da poliziotti e pm, l’imprenditore rispose di conoscere Trisciuoglio da anni e d’essere andato a casa sua per acquistare un’auto. Alla domanda-clou: “lei ha mai ricevuto richieste estorsive”, la risposta fu: “no, io non ho soldo, non ho ricevuto minacce o altro”.

L’”amico” messaggero – La figura dell’intermediario, del falso amico messaggero è un classico del “metodo Foggia” delle estorsioni. Uno tra i tanti esempi è quello di un foggiano, arrestato e condannato per tentata estorsione a due fratelli imprenditori agricoli. Furono convocati in Questura dopo essere stati notati a colloquio per strada con il sospettato a dicembre 2018. “Mi ha chiesto di incontrarmi per informarmi” il racconto di una delle vittime “che la situazione della malavita a Foggia sta cambiando e bisogna dare un contributo. C’è una lista di imprenditori da aggiornare e vi erano stati aggiunti tutti quelli di borgo Mezzanone e Tavernola. Mi ha detto d’essere stato incaricato dalla

criminalità di contattarmi, in quanto avrei dovuto dire a tutti gli imprenditori della zona che dovevano sborsare denaro e nessuno poteva rifiutare. Gli ho risposto di non essere disposto a dare soldi a nessuno, né di fare da tramite. Lui col chiaro intento di intimidirmi mi ha detto che dopo le feste sarebbe scoppiata la guerra nei confronti di chi non aderiva alle richieste di denaro”. Parole profetiche: a gennaio 2019 Foggia visse una delle sue cicliche stagioni delle bombe. Giusto per ricordare che bisogna pagare, pagare, pagare. E farlo in silenzio.

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