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CAPODOGLI E GARGANO, UNA STORIA SENZA FORTUNA

Nel 2009, sette capodogli furono ritrovati spiaggiati tra Cagnano Varano e Ischitella. La gente del luogo, che non aveva mai visto un cetaceo di quelle dimensioni, s’impaurì. Nell’idea che quello sfortunato cetaceo fosse l’avanguardia di un esercito di “mostri marini” pronti a balzare sulla terraferma per dare il via all’Apocalisse, i rodiani invocarono la Madonna.

Il 10 dicembre 2009, sul litorale tra Cagnano Varano e Ischitella, furono ritrovati sette capodogli spiaggiati, una madre (già morta) e sei picco­li ancora vivi. Di questi, grazie al commovente intervento di volontari, fu possibile salvar­ne quattro trascinandoli a for­za di braccia dove l’acqua era profonda a sufficienza. Della parziale strage furono ritenu­te responsabili le attività di ricerca di idrocarburi in quel momento in corso al largo del­le coste pugliesi ; è noto che i cetacei sono particolarmente sensibili alle emissioni acusti­che prodotte dagli air-gun, i cannoni ad aria compressa che sondano i fondali per valuta­re in base alla ‘risposta’ degli stessi la presenza di giacimenti di metano o di petrolio ; e al­trettanto sensibili sono delfi­ni, balene e capodogli ai sonar delle navi da guerra con cui esse sondano i fondali, ma alla ricerca di sommergibili spia. Vero è pure che il fenomeno dello spiaggiamento dei ceta­cei è vecchio quanto il mondo e pertanto non necessariamen­te imputabile ai guasti della tecnologia.

Nel primo libro della sua Historia Animalium Aristotele parlando dei delfini si pone il problema dello spiaggiamen­to in questi termini: “Non si sa per quale motivo [i delfini] si arenano sulla terraferma; in ogni caso accade abbastanza spesso, e per nessun motivo evidente”… Tornando alle co­ste garganiche, quello di quin­dici anni fa non è stato il primo spiaggiamento.

Nel 1744 presso Rodi Garganico si arenò un capodoglio morto. La gente del luogo, che non aveva mai visto un cetaceo di quelle dimensioni, s’impau­rì ; la storia di Giona non ha mai fatto buon pubblicità alle grandi creature che popolano il mare. Nell’idea che quello sfortunato cetaceo fosse l’a­vanguardia di un esercito di “mostri marini” pronti a bal­zare sulla terraferma per dare il via all’Apocalisse (di nuovo l’Antico Testamento…), i rodiani invocarono la Madonna.

Quando poi si convinsero che quella era solo una carcas­sa, si posero il problema : come sdebitarsi con la Vergine? Una volta che ebbero scarnificato l’animale per cavarne olio e carne fecero caso all’enormità dello scheletro. Scelsero allora gli ossi più grandi, che sono quelli della mandibola, lun­ghi anche cinque metri negli esemplari di maggiori dimen­sioni, e, come fossero ex voto, ne fecero donazione al lonta­no convento di Santa Maria di Stignano, nel territorio di San Marco in Lamis ; si imma­gini che impresa il trasporto di quei colossali reperti a bordo di carri agricoli traballanti per cinquanta chilometri in salita sulla stradacce dell’epoca (cosa non si fa per la Madonna). Quei reperti sono stati rubati in tempi recenti in uno dei tan­ti furti che il santuario ha dovuto patire.

quotidiano di foggia