Mancavano un pugno di giorni e Corrado Di Giacobbe, caporal maggiore degli alpini, avrebbe festeggiato nel 2001 il suo 25° anno d’età, il cuore della gioventù, se l’aria respirata e contaminata da uranio impoverito non l’avesse consumato fino alla morte, al termine di un’odissea. Si arruola negli alpini e viene assegnato alla brigata Taurinense.
Il 24 gennaio del 1997 parte per Sarajevo, Bosnia Erzegovina, in due periodi diversi in occasione delle missioni in cui erano coinvolti i contingenti militari italiani denominati Costant Guard e Sfor, sistemati presso la caserma “Tito Barrack” di Sarajevo.
Di ritorno dalla missione, inizia ad accusare sintomi di malessere, poi evoluti nella patologia cancerogena “linfoma di Hodgkin”. Fra lo strazio della mamma Filomena, del papà Guido, del fratello Michele, collega dell’Aeronautica Militare, della fidanzata, la vicinanza di tanti amici, inizia un lungo calvario di ricoveri, visite, controlli, pareri, carte bollate.
Di fronte al muro di gomma delle istituzioni della Difesa, la famiglia si affida all’avvocato Angelo Fiore Tartagliadell’Osservatorio Militare che segue altri casi simili. La perdita del giovane Corrado colpisce inesorabilmente prima la mamma, ricoverata in ospedale dove si consuma fino alla morte, quasi contemporanea alla morte del papà Guido.
La battaglia legale passa nelle mani del fratello Michele che segue tutta la vicenda giudiziaria al fianco di Domenico Leggiero,fondatore e responsabile dell’Osservatorio Permanente e Centro Studi per il Personale delle Forze Armate, Forze di Polizia e Società Civile: “Ringrazio di cuore il presidente Leggiero e l’avvocato Tartaglia per questa battaglia di giustizia. Il ricordo di oggi – ha riferito – non lenisce il dramma per la perdita di un fratello di 25 anni. Nessuno potrà restituirmi la mia famiglia”.
L’Amministrazione comunale di Vico del Gargano colma quindi una “dimenticanza” e colloca, al fianco dell’altro monumento alle vittime delle Missioni di Pace all’estero, un cippo commemorativo, opera del maestro e marmista Claudio Mastropaolo,per ricordare il giovane Corrado.
E’ una storia lunga e triste quella delle vittime da uranio impoverito: 400 i deceduti e più di 7 mila i malati, tutti tornati dai teatri di guerra della ex Jugoslavia per pacificare l’area da una guerra etnica-religiosa fra serbi, croati, bosniaci e kosovari.
Durante questo intervento “pacificatorio”, gli aerei della Nato scaricano circa 30.000 proiettili all’uranio impoverito con conseguenti “danni collaterali” sulle persone e sull’ambiente. I militari italiani, inviati in quelle zone per presidiare e bonificare l’area del conflitto, non sono equipaggiati né avvertiti del pericolo che corrono nell’inalare, maneggiare, restare a contatto di residui bellici del genere.
Chi sapeva? Chi doveva informare? Perché sono morti? ! genitori, i familiari di questi ragazzi aspettano ancora una risposta.
Lo Stato italiano continua a negare la correlazione causale tra l’esposizione al metallo pesante e l’insorgenza delle patologie tumorali tra i soldati, nonostante la giurisprudenza prodotta in vent’anni di battaglie legali e le conclusioni inequivocabili dell’ultima Commissione d’inchiesta parlamentare.
michele angelicchio