Nel corso degli ultimi anni, il Mediterraneo ha visto trasformazioni significative, influenzate in modo marcato dai cambiamenti climatici. Le temperature marine più alte e gli eventi climatici estremi stanno alterando la fauna ittica e modificando le tradizionali abitudini di pesca.
Se da un lato alcuni settori traggono vantaggio da questa situazione, dall’altro la maggior parte delle imprese di pesca è costretta ad affrontare perdite ingenti e difficoltà operative. A dirlo è Confcooperative Fedagripesca, che ha analizzato i principali cambiamenti legati a un inverno più caldo del solito e al progressivo riscaldamento delle acque del Mediterraneo.
L’inverno del 2025 è stato caratterizzato da temperature sopra la media, con un gennaio che ha segnato il record di caldo più alto degli ultimi decenni. Le acque più calde del Mediterraneo stanno influenzando le specie marine in modo deciso. In particolare, le dimensioni delle sarde e delle acciughe si stanno riducendo, soprattutto nelle acque dell’Adriatico e del Tirreno. Le sarde, che tradizionalmente hanno rappresentato una delle risorse ittiche più abbondanti, sono oggi più piccole, mentre le acciughe, che da sempre costituivano una pesca abbondante nel Tirreno, sembrano risentire anch’esse di un cambiamento nelle condizioni ambientali.
Al contempo, altre specie sembrano adattarsi a queste nuove condizioni. Ad esempio, il Canale di Sicilia sta registrando un aumento significativo dei gamberi rosa, una specie che si sta diffondendo anche in altre aree del Mediterraneo. Un altro esempio interessante riguarda le mazzancolle, che stanno registrando un vero e proprio boom nelle acque di Manfredonia, in Puglia. Questo aumento delle mazzancolle è un chiaro segno del mutamento nelle condizioni marine, che potrebbero favorire alcune specie mentre danneggiano altre.
Il riscaldamento delle acque non influisce solo sulle specie ittiche, ma anche sulla distribuzione delle risorse. La presenza di alghe e mucillagini, fenomeno che sta diventando sempre più frequente, sta creando disagi sia per i pesci che per gli attrezzi da pesca. Le condizioni di vita dei pesci diventano più difficili, mentre le imbarcazioni faticano a lavorare in ambienti sempre più ostili. Una conseguenza di questo fenomeno è la perdita di biodiversità, con il rischio che alcune specie locali vengano sostituite da altre non native.
Ma le ripercussioni non sono solo ambientali. Secondo Paolo Tiozzo, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca, i cambiamenti climatici stanno minando la produttività delle imprese di pesca, con perdite fino al 50% in termini di giornate lavorative e fino al 70% per danni diretti e mancati guadagni. Il riscaldamento globale non è l’unico fattore in gioco. Anche la frequenza e l’intensità degli eventi climatici estremi, come le mareggiate violente e i temporali, stanno creando difficoltà. In inverno, infatti, le forti mareggiate mettono a rischio la sicurezza delle imbarcazioni e dei porti, con oltre il 70% dei porti mediterranei che rischiano di essere insabbiati, a causa di una manutenzione insufficiente.
Questa situazione ha causato una riduzione progressiva della produttività nel settore ittico, con una perdita di circa il 30% delle giornate di pesca negli ultimi dieci anni. Le imprese di pesca devono affrontare anche la concorrenza di specie aliene che, grazie al riscaldamento delle acque, si stanno adattando e diffondendo nel Mediterraneo. Oltre 200 specie invasive, come il granchio blu e il vermocane, stanno trovando un ambiente favorevole nel Mediterraneo più caldo, mettendo a rischio l’equilibrio ecologico della zona e le attività di pesca tradizionali.
Un altro aspetto cruciale riguarda la manutenzione delle infrastrutture portuali. Le mareggiate sempre più frequenti e l’erosione costiera stanno minacciando molti porti, che rischiano di essere insabbiati, riducendo ulteriormente l’efficienza operativa del settore. Si stima che oltre il 70% dei porti mediterranei sia vulnerabile agli insabbiamenti e alle alterazioni causate dal cambiamento climatico. Senza interventi adeguati di manutenzione e protezione, questi porti potrebbero non essere più operativi, con un impatto devastante sulle attività di pesca e sulla logistica del settore.
Gli scenari futuri, se non affrontati con misure adeguate, potrebbero portare a una drastica riduzione delle risorse ittiche locali. Fedagripesca stima che, entro il 2050, oltre il 30% dei pesci, molluschi e crostacei nel Mediterraneo potrebbero non essere più di origine locale. Le specie aliene, come il granchio blu, potrebbero diventare una componente sempre più dominante, mentre le risorse tradizionali si ridurrebbero notevolmente.
Inoltre, uno degli effetti collaterali del cambiamento climatico potrebbe essere la scomparsa della posidonia, una pianta acquatica fondamentale per l’ecosistema marino. La posidonia è essenziale per la protezione delle coste e per la stabilità degli ecosistemi marini. Tuttavia, le alte temperature e l’aumento dell’acidità dell’acqua potrebbero causare la sua estinzione entro la metà del secolo, con gravi conseguenze per l’intero ecosistema marino.
Le sfide sono enormi, ma non insormontabili. È necessario un impegno concreto per adattarsi ai cambiamenti in corso. Le politiche ambientali dovrebbero essere rafforzate per mitigare gli effetti del riscaldamento globale e per sostenere il settore della pesca. È fondamentale intervenire con azioni di protezione delle infrastrutture portuali, promuovendo una gestione sostenibile delle risorse marine. Inoltre, va aumentato l’impegno nella ricerca scientifica per comprendere meglio gli impatti del cambiamento climatico e per sviluppare soluzioni tecnologiche e sostenibili che possano adattarsi alle nuove realtà marine.
In conclusione, la pesca nel Mediterraneo sta affrontando una sfida senza precedenti, dovuta a un clima che cambia e alle sue ripercussioni sulle risorse marine. Solo con una visione a lungo termine e un impegno collettivo sarà possibile tutelare questo settore fondamentale per le economie locali e per la biodiversità del nostro mare. La cooperazione tra istituzioni, scienziati e operatori del settore è la chiave per affrontare un futuro che, purtroppo, potrebbe riservare ulteriori sfide legate al cambiamento clima.
ansa.