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PARTITA LA CORSA PER LE PROSSIME ELEZIONI. REGIONE: INCOGNITA CIVICHE SE VANNO IN CAMPO I BIG “RISCHIANO DI SCOMPARIRE”

I nomi di Emiliano e Vendola fra i candidati consiglieri sono destinati a fare incetta di eletti, lasciando poco spazio ai movimenti. Montingelli: “Va recuperato lo spirito della Primavera pugliese”.

“Se continua così, alle prossime elezioni il civismo in Puglia è morto”. La diagnosi è di uno storico dirigente di quell’arcipela­go di liste e movimenti civici che hanno fatto la fortuna di Michele Emiliano e che vorrebbero fare grande anche Antonio Decaro. For­ze politiche che in questi anni han­no assunto i nomi più disparati – “Emiliano sindaco di Puglia”, “Lista Decaro”, “Con Emiliano”, “Con”, “Per”, “Puglia popolare” e via nomi­nando. Ora però i partiti stanno ser­rando i ranghi e candidando i big (per Avs ci sarebbe Nichi Vendola), rischiano di fare incetta di eletti, la­sciando poco spazio ai movimenti trasversali, complici anche gli scan­dali, esiziali per formazioni come “Senso civico” e “Sud al centro”.

È vero che le vicende giudiziarie hanno riguardato anche esponenti del Pd come Anita Maurodinoia. Ma generando reazioni difensive nei confronti di tutto ciò che non è militanza storica. Il dibattito è in­tenso all’interno di “Con”: è la crea­tura di Emiliano, che ha annuncia­to la sua candidatura nel Pd. Pro­spettiva che Alessandro Leoci, il 36enne presidente del gruppo con­siliare in Regione, non dà per certa: «Non sappiamo ancora se queste scelte siano definitive, non sappia­mo quanti saranno i consiglieri re­gionali. E quest’ultimo aspetto sarà determinante».

Mauro D’Attis, de­putato di Forza Italia, ha deposita­to l’emendamento per chiedere che gli eletti restino a quota 50. «Se scendono a 40, i partiti riprende­ranno posizione per motivi mate­matici», fa notare Leoci. Il quale conferma che esponenti del mon­do civico vicini a Emiliano e a Deca­ro si stanno parlando per cercare di fare una civica unica.

Lo stesso Ales­sandro Delli Noci, coordinatore re­gionale del movimento e assessore allo Sviluppo, sta cercando di «ag­gregare le forze del civismo, che può essere la seconda gamba della coalizione» provando a darle un’i­dentità: «Stiamo lavorando sulle po­litiche giovanili, sulla transizione energetica, sulla rigenerazione ur­bana, sull’innovazione, sull’urbani­stica.

E abbiamo raccolto per primi le firme per il referendum sulla cit­tadinanza». Ma è sul territorialismo che stanno cercando di differen­ziarsi: «Il tema del Sud non lo vedo rappresentato da nessuno, né da una parte né dall’altra. È come se fosse sparito dall’agenda politica». Riccardo Montingelli, di “Proget­to Bari”, ha avuto un ruolo impor­tante nel sostenere la candidatura di Vito Leccese a sindaco, dopo aver supportato Decaro ed Emilia­no: «Il civismo oggi è emarginato.

E invece è stato il vero protagonista della Primavera pugliese. Vorrem­mo riproporre quest’impegno an­che alle regionali. Ma i partiti stan­no occupando tutto lo spazio». An­che nel mondo partitico, però, c’è travaglio. Il consigliere regionale Maurizio Bruno, per esempio, non gradisce l’assist del deputato Alber­to Losacco all’ingresso dell’assesso­re Fabiano Amati nel Pd: «Si è riaf­facciato il più becero correntismo, abbiamo esponenti nazionali che provano a legittimare classiche operazioni di trasformismo, come se elettori e iscritti del partito fosse­ro stupidi».

Bruno attacca: «Amati non può più rappresentare in que­sta legislatura il partito, in partico­lare nella provincia di Brindisi». Do­po averlo lasciato ed essere stato re­sponsabile regionale di Azione, «avrebbe dovuto avere la sensibili­tà di astenersi dal chiedere la tesse­ra fino al termine della legislatura. Ma dietro il gesto innocente c’è la le­gittimazione politica dell’esponen­te della corrente che interviene. La maschera è venuta giù».

Ma la vera novità delle prossime regionali sarà la lista degli ammini­stratori che scenderanno in campo per sostenere Decaro, le cui sorti so­no legate alla legge regionale che impone le dimissioni dei primi cit­tadini sei mesi prima delle elezioni. L’impugnativa presentata dal go­verno chiarisce che «le modifiche violano i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto creano una situazione di disparità, non presente nel testo previgente, prevedendo un termi­ne molto anticipato che potrebbe avere ricadute eccessivamente pe­nalizzanti sul completamento del mandato comunale».

repubblicabari