Menu Chiudi

NO AL TERZO MANDATO PER I GOVERNATORI, MATTARELLA BLOCCA LA LEGGE. EMILIANO DEFINITIVAMENTE FUORI GIOCO

La Corte costituzionale ha annullato l’articolo 1 della legge campana che, nei fatti, consentiva un terzo mandato al governatore De Luca. La questione tocca, marginalmente, la Puglia perché allontana definitivamente la possibilità che pure Michele Emiliano potesse pensare a ricandidarsi per guidare la Regione per altri 5 anni: una tesi che circolava con insistenza negli ambienti del centrodestra.

Emiliano non si può ricandidare, almeno a statuto vigente. Si leggerà per bene la sentenza della Consulta. Ma sembra che i giudici sanciscano il divieto di terzo mandato per i presidenti eletti «direttamente» dagli elettori, lasciando aperte altre possibilità nel caso in cui l’elezione del presidente avvenga in Consiglio, come in passato, se lo Statuto lo prevede. In quel caso, non essendoci elezione diretta, i mandati potrebbero essere più di due.

Quindi, in teoria, se Emiliano volesse pensare ad un terzo mandato, dovrebbe far modificare lo Statuto per farsi eleggere dal Consiglio. Praticamente impossibile, visto che la sua maggioranza non riesce neppure ad apportare modifiche minime alla legge elettorale. A questo punto, il centrodestra dovrebbe essere stimolato ad assumere decisioni conseguenti sul proprio candidato, conoscendo l’avversario: sarò Decaro.

Non è l’unica novità che arriva da Roma. Ce n’è un’altra che riguarda i consiglieri regionali (e aspiranti tali). È stato ritirato dal decreto Elezioni l’emendamento che lasciava 50 seggi all’Assemblea regionale, benché il calo di popolazione sotto i 4 milioni di abitanti portasse al taglio di dieci consiglieri. Una norma su cui da tempo sono impegnati il deputato Mauro D’Attis e il senatore Dario Damiani (entrambi di Forza Italia).

Al decreto si voleva «agganciare» due emendamenti. Uno è quello sui consiglieri, utile alla Puglia, che porta al proprio interno pure la revisione del numero degli assessori nelle Regioni più piccole. L’altro è quello che avrebbe voluto l’elezione dei sindaci al primo turno già con la soglia del 40% dei voti (e non la metà più uno).

«Ora – dice Damiani – si faranno due distinti e autonomi disegni di legge: uno per i sindaci e l’altro per consiglieri e assessori regionali. Non cambia nulla rispetto all’obiettivo. Non è importante come viene proposto l’intervento, ma è importante andare a modificare norme ormai datate. Ci sono i tempi per approvarlo a stretto giro anche in virtù dell’ampia condivisione da parte delle forze politiche». Entrambi i ddl vengono presentati al Senato.

Pare che sulla decisione abbia pesato il parere del Quirinale. Che non considerava corretto introdurre norme come quelle sui sindaci e le Regioni nel decreto legge sulle elezioni. Se non altro perché mancanti del requisito della «necessità e urgenza» richiesto ai decreti legge.

Damiani, ad ogni modo, tranquillizza sui tempi: «Il presidente della commissione ci ha assicurato celerità nell’iter».