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Verso le Regionali 2010/ D’Alema: priorità Udc Vendola fatti da parte

«Avevamo chiesto a Vendola di farsi protagonista del processo di allargamento, avevamo chiesto a lui di prendere l’iniziativa chiamando le forze politiche attorno a un tavolo per verificare la possibilità di portare l’alleanza per il Mezzogiorno al governo della regione. Ma lui non lo ha fatto». Massimo D’Alema chiude l’assemblea regionale del Pd segnando il punto nella controversa vicenda della ricandidatura del governatore uscente alle prossime regionali. Da oggi la trattativa, incepiscata tra i pro e contro Nichi, ripartirà da quel punto, fissato dal presidente della Fondazione Italiani-europei in un’intervista alla «Gazzetta» ai primi di ottobre: la missione cui, secondo il leader Pd, il presidente della Regione si è sottratto, «probabilmente nella consapevolezza che attorno a quel tavolo sarebbe stata posta la questione della guida della regione» e che il suo nome sarebbe potuto saltare. Via, dunque, tutte le incertezze di passo sinora segnate dal tentativo, vano, del segretario regionale Sergio Blasi di allargare l’alleanza per il Sud attorno al nome dell’amico Vendola; via le candidature – compresa quella, ormai ufficializzata, del governatore uscente – e via le diffidenze nei confronti dei possibili alleati: «con l’Udc – scandisce D’Alema – abbiamo già realizzato in molte giunte pugliesi quell’alleanza e vi prego di rispettarla, altrimenti rischiamo di perdere non solo la Regione ma le giunte che abbiamo conquistato alle scorse amministrative».

Dopo giorni di dibattito e incontri, di sospetti e di scontri, approda sul palco del centrosinistra pugliese la «realpolitik» professata dal leader, onde rimettere la barra al centro e consentire al partito di Casini di sedersi al tavolo per riaprire una trattativa col centrosinistra che rischiava di arenarsi. Ma la giornata, forse, segna anche un altro punto dirimente: la rottura dei Democratici con Nikita il rosso, il rivoluzionario gentile che nel 2005 aveva sparigliato le carte togliendo la guida della Regione a Fitto sull’onda di quella «primavera pugliese» che aveva già mandato al tappeto il centrodestra nella sua roccaforte, la Puglia.

D’Alema ricorda uno per uno quei passi, rivendicando al Pd il merito di aver «aperto un varco», con le vittorie alle amministrative del 2004 a cominciare da Bari, nel difficile muro di una regione tradizionalmente di destra. E ricorda a Nichi i suoi meriti, alla guida di una Puglia decisamente diversa dal Sud debole e pasticcione che diverse Regioni guidate dal centrosinistra stanno manifestando, ma anche i suoi difetti: l’aver perso la lucidità nel portare avanti un progetto, l’idea di una coalizione larga che pure lui aveva pubblicamente sostenuto essere fondamentale per la vittoria alle regionali 2010. «Vendola ha deciso di candidarsi, ha fatto una forzatura – dice D’Alema – mettendo i partiti di fronte alla necessità di decidere se seguirlo o meno senza discutere dei programmi, dell’alleanza che si vuole costruire. La situazione, insomma, è resa difficile non dalle nostre trame ma dalla decisione di Vendola» di candidarsi «nella convinzione che di fronte al fatto compiuto i partiti si sarebbero accodati».

Ora, questo il ragionamento che sottende alla linea indicata da D’Alema, sarà lui a doversi assumere la responsabilità di non voler costruire quel patto, quell’alleanza con Udc e Idv indispensabile. Patto, già concordato da tempo dallo stesso D’Alema con il leader dei centristi Casini, cui il Pd non intende rinunciare. Sarà Vendola, insomma, se non recede ad assumersi l’onere di portare il centrosinistra alla sconfitta. «Noi non abbiamo mai posto il problema di scegliere tra Vendola e Udc perchè in questi termini – spiega D’Alema – si tratta di decidere come perdere le elezioni e, scusatemi, anche per la mia storia preferirei perderle avvolto nella bandiera rossa. Ma un grande partito non può farsi eterodirigere da altri: noi possiamo accodarci alle sue volontà, ma verremmo meno alla nostra responsabilità», responsabilità che avrebbe dovuto Vendola per primo porsi, dichiarando – di fronte all’indisponibilità degli alleati sul suo nome – «la sua disponibilità a riconoscere prima l’accordo politico e poi le ragioni personali». In pratica, a fare quell’atteso e mai arrivato passo indietro.

«Dobbiamo fare noi quello che avrebbe dovuto fare Vendola e non ha fatto: chiamare le forze politiche a discutere programmi e prospettive senza fare veti e pregiudiziali. Abbiamo dato mandato al segretario regionale pugliese di riaprire il dialogo con le forze politiche con le quali intendiamo governare la Puglia. Naturalmente bisognerà discutere con tutti i partiti: per noi Vendola è il presidente di ieri, oggi e domani, non abbiamo nessun problema, non abbiamo nulla da chiedere a Vendola, lo sosteniamo. Il problema è, però, che si aprirà un dialogo con le forze politiche e su questa base si cercheranno le soluzioni condivise».

Il terzo nome, quello fuori dallo scenario pure prospettato nei giorni scorsi – le primarie tra Michele Emiliano e lo stesso Vendola – già circola: è quello del rettore dell’Università di Bari Corrado Petrocelli, ben considerato tra i moderati e gradito anche a Vendola. Se son rose fioriranno, diversamente – con Nichi schierato da solo con Sinistra e Libertà – ognuno per la sua strada. L’alleanza con Udc e Idv vale troppo, almeno il 15%, perché il Pd possa gettarla a mare.
BEPI MARTELLOTTA