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S. Pio, il grande flop un business dimezzato

Il crollo delle presenze, da 60 mila a 35mila.

 

NON è difficile calcolare il disastro: a giugno dell’anno scorso i devoti in gita fra piazze e strade di questo comune di trentamila abitanti dove si contano quattordici chiese o parrocchie compreso il convento di Santa Maria delle Grazie, fino al 19 aprile “quartier generale” di padre Pio prima che la salma traslocasse nella cattedrale disegnata da Renzo Piano, erano stati sessantamila mila; a giugno di quest’anno, sono trentacinquemila.
Per Stefano Campanella, direttore di Teleradio padre Pio, «questi numeri non suonano strani». Perché? «Nel 2009 c’è stata l’esposizione del corpo del santo all’interno di una teca di cristallo. Questo evento ha portato a San Giovanni Rotondo qualcosa come Otto milioni e mezzo di fedeli. Una flessione, l’anno successivo, è inevitabile. Accadde lo stesso nel 2003, visto che il 2002 era stato caratterizzato dalla canonizzazione del frate di Pietrelcina». Della serie: passato il santo, passata la festa (perle casse comunali nonché conventuali).
Ma l’indomabile avvocato Francesco Traversi, presidente dell’associazione Pro Padre Pio, sostiene che «sono i Cappuccini ad allontanare gli uomini dal santo». Tant’è che chiede al Papa di «sconsacrare il tempio» progettato da Piano. Giacché sarebbe la «casa senza Dio» che non è piccola come una scatoletta di fiammiferi a tenere alla larga i turisti, credenti e non.
Comunque la pensiate, tutto questo significa pure e forse soprattutto che al di là delle tasche sgonfie degli albergatori, perfino nei forzieri di padre Pio non c’è l’ombra di un quattrino. La conferma arriva da Antonio Belpiede, portavoce di Cappuccini: «C’è un calo spaventoso delle offerte».

 

 

 

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