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Ospedali e posti letto da tagliare. Tensioni in Puglia

Nel piano di rientro sanitario della Regione Puglia rientra anche la riorganizzazione delle strutture ospedaliere che prevede chiusure e accorpamenti. Tutto ciò sta creando preoccupazione nei paesi che dovrebbero essere interessati dai provvedimenti.

BARI
Undici ospedali e 283 posti letto in meno, azzerati presidi storici come Bitonto e Triggiano, riconvertiti Ruvo e Noci, ridimensionato Terlizzi, una pesante cura dimagrante anche per i due ospedali del capoluogo (San Paolo e Di Venere). Il piano dei tagli previsti per la Asl Bari, la più grande azienda sanitaria locale della Puglia, dovrebbe, secondo i calcoli effettuati dagli esperi, permettere di ridurre di un terzo il deficit annuale (che si aggira sui 330 milioni di euro). E alcune delle misure predisposte dal direttore generale della Asl Nicola Pansini sono già operative, scatenando le proteste dei sindaci. I cittadini di Rutigliano, Gravina, Grumo e Santeramo perdono l’ospedale sotto casa, sostituito da servizi ambulatoriali o di lungodegenza. A regime la rete ospedaliera della provincia di Bari sarà composta da 7 plessi rispetto agli iniziali 18: ma per l’apertura dell’unica struttura nuova, l’ospedale Della Murgia, serviranno almeno due anni. La proroga a 67 anni del limite dell’età pensionabile per il personale medico della Asl di Bari, viene chiesto dal capogruppo del Pd alla Regione Puglia, Antonio Decaro che ha inviato una lettera all’assessore alla Sanità, Tommaso Fiore, e al dirigente della Asl Bari, Nicola Pansini.

FOGGIA

C’era anche una delegazione di cittadini e rappresentanti delle istituzioni a Bari, in occasione del consiglio regionale, per manifestare contro i tagli in materia di sanità previsti nel piano di rientro regionale predisposto dal governo pugliese per ottemperare alle richieste del governo centrale. Si oppongono al ridimensionamento dell’ospedale Umberto Primo e alla riconversione in ospedale di Comunità. In provincia di Foggia sono altri due gli ospedali nel mirino dei tagli: Torremaggiore e Monte Sant’Angelo da riconvertire in lungodegenza, mentre i tagli hanno già interessato strutture un po’ in tutte le parti della Capitanata, da Foggia (accorpamento di reparti al D’Avanzo) a Cerignola, San Severo e Lucera.

BRINDISI

Pronti alla mobilitazione e, all’occorrenza, anche a fare le barricate. I comuni della provincia, finiti sotto la scure del riordino ospedaliero, non ci stanno e si dichiarano pronti a vendere cara la pelle. A Brindisi nei giorni scorsi si è tenuta un’assise civica monotematica al termine della quale si è espressa la più netta contrarietà alle ipotesi di rientro del debito pubblico con tagli di posti letto nell’ospedale «Perrino» e, tantomeno, con tagli sul personale. Ma i malumori e i cori di protesta continuano a sollevarsi anche negli altri comuni. A Ostuni, ad esempio, si respira un clima di polemiche ed invettive, alla luce della ventilata possibilità che i reparti di ostetricia e ginecologia vengano trasferiti a Fasano. Stesso clima di battaglia si respira a Cisternino, Ceglie e Mesagne che si vocifera possano essere ridotti a semplici punti di pronto intervento.

BAT

Nell’Asl Bat 1 sono due gli ospedali finiti nel mirino del piano dei tagli previsti dalla Regione. A chiudere i battenti insieme ad altri sedici nosocomi pugliesi saranno infatti i presidi ospedalieri di Minervino e Spinazzola. La scure della riorganizzazione ospedaliera si abbatterà su due ospedali che distano una manciata di chilometri. L’ospedale di Spinazzola nel corso di questi anni è stato già impoverito di servizi e reparti, sebbene per decenni sia stato punto di riferimento per molte città della vicina Basilicata. Stessa sorte toccherà all’ospedale di Minervino, che invece aspirava a diventare struttura specializzata in lungodegenza e hospice per malati terminali o affetti da patologie croniche, salvaguardando però il punto di primo intervento e dodici posti di medicina generale. (Rosalba Matarrese)

LECCE

Troppi undici ospedali in provincia di Lecce per sperare di evitare tagli notevoli. Che ovviamente sono previsti, e saranno dolorosi. A Campi Salentina, a Nardò, a Poggiardo ed a Gagliano del Capo sono, però, decisi a dare battaglia e preparano le barricate. Di chiudere i loro ospedali non ne vogliono proprio sapere. Più tranquilla la situazione a Maglie dove sembrano rassegnati e chiedono, in cambio, il potenziamento dei servizi territoriali. Situazione anomala, poi, a San Cesario dove l’ospedale specializzato in malattie polmonari dovrebbe cedere il posto ad un centro di riabilitazione. Ma torniamo a chi protesta. A Nardò un gruppo di professionisti ha costituito un comitato di difesa accanto al quale si muovono anche i politici, di entrambi gli schieramenti, tutti contrari alla chiusura. A Campi Salentina la polemica infuria da anni con accuse reciproche tra il centrodestra ed il centrosinistra. E si profila l’ipotesi di dimissioni che i consiglieri comunali presenterebbero al prefetto. A Poggiardo si trova l’unico ospedale con bilancio in attivo ma questo merito non ha commosso l’assessore regionale. Dimissioni e barricate minacciate anche a Gagliano del Capo.

TARANTO

Saranno 285 i posti letto da tagliare negli ospedali del Tarantino entro fine 2010, altri 40 entro il 2012, per un totale di 325. Da chiudere due ospedali, quello di Massafra (da trasformare in casa della salute) e quello di Mottola (che diventa struttura specialistica di riabilitazione, secondo quanto prevedeva in realtà lo stesso Pal). Ma con i tagli previsti, drastico anche il ridimensionamento dell’ospedale di Grottaglie. A protestare vibratamente per tagli e ridimensionamenti degli odpedali sono stati soprattutto i sindaci, in primo luogo quelli dei Comuni interessati ai tagli più pesanti. Così ha fatto il sindaco di Massafra, Martino Tamburrano, esponente del Pdl, scagliatosi più volte contro le politiche regionali. Ma nella comunità locale non è stato da meno il fronte del centrosinistra preoccupato che gli utenti massafresi debbano sobbarcarsi notevoli disagi. Anche il sindaco di Mottola, Giovanni Quero (Pdl), ha minacciato azioni dimostrative perché convinto che il progetto di trasformazione dell’ospedale non riuscirà a decollare.