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“Intorno a me la guerra”

La testimonianza da Peschici di un giovane romano su quel tragico 24 luglio

"Passava da albero ad albero, di tetto in tetto, da cespuglio a cespuglio come rosso fantasma diurno che aleggi su cose e piante, prima accarezzandole, sfiorandole, poi avviluppandole in mortali abbracci!". Tra i tanti racconti, tra le decine di testimonianze che abbiamo raccolto in questi giorni che ci hanno divi­so dalla tremenda giornata del 24 luglio, scegliamo quella di un giovane romano di casa a Peschici da vent'anni. Una casa di vacanza, sulla collina, sem­pre vissuta con la gioia di ritornarvi, di rispolvera­re le tavole da surf e cercare il più sano dei diverti­menti sulle onde del nostro, ormai con lui condiviso, mare. La descrizione, non lo taciamo, del particola­re momento vissuto, ci ha reso d'oca la pelle. Ero chiuso in casa, aria condizionata a mille, una gior­nata torrida, e non mi sarei reso conto di quanto mi stava succedendo intorno se non fosse stato per il cane che ha cominciato a dare in smanie. Solo allora ho aperto la finestra e mi sono visto circondato dalle fiam­me. Venivano da sinistra e destra delle case che affian­cano la mia, poi tornavano indietro al calare del vento. Quindi riprendevano ad avanzare… volando…"

Il giovane amico ha i genitori al mare, giù, nella baia di San Nicola! Esce, non chiude neanche casa, corre all'auto parcheggiata a una trentina di metri accanto a un camper, sotto un gigan­tesco pino d’Aleppo che ora non c'è più. Supera un breve tratto e… il camper gli scop­pia alle spalle. "Dovevo rag­giungere i miei al mare. Sapere. Ma appena uscito dal residence le fiamme me l'hanno impedito. Non riu­scivo a capire come ne sarei venuto fuori. Il pensie­ro fisso a mia madre e mio padre. Niente da fare: Ì San Nicola irraggiungibile! Non so come ce l'abbia fatta ad arrivare al cimitero. Intorno a me la guer­ra: un bombardamento di pezzi di bombola e conte- i nitori di birra alla spina da restarci secchi!". Il rac­conto va avanti e ha un lieto fine, per fortuna sua e dei suoi. Tutto si conclude nel migliore dei modi. Ma la sorpresa finale non può mancare. `Adesso ti fac­cio vedere una cosa, l'ho raccolta sulla strada che porta alla baia San Nicola." Va in giardino e torna con una… scultura astrat­ta: un pezzo allungato di metallo alto un metro abbon­dante fatto di volute, bolle, virgole, anse, segmenti e, ruoti incastrati l'uno nell'altro, l'uno sull'altro a for­mare un tutto unico. "Sai cos'è? Anzi, cos'era…il cer­chio in lega di un'auto parcheggiata in discesa!" ' Se in precedenza non si erano verificati in noi altri momenti di panico (non eravamo a Peschici in quei giorni), ebbene si sono anda­ti accavallando tutti nell'a­nima in quell'istante! Se gli alberi bruciati che svettava­no neri e pericolanti intor­no a noi non ci avevano anco­ra urlato la misura della vastità della tragedia vissu­ta dal territorio, dalla gente, dai turisti, da chi si è trova­to in mezzo alla rovina per­dendosi, quel pezzo di metallo ce l'ha fornita tutta. Gratis! Se le carcasse d'auto bruciate nel residence e le barche in vetroresina "sciolte" sul terreno non ci avevano ancora fornito il termometro della situazio­ne che s'era andata creando (e creata appena cinque giorni prima), non erano state in grado di suggerir­ci la visione apocalittica che non avevamo vissuto, quel cerchio in lega fuso e colato e solidificatosi sul­l'asfalto in discesa di una strada che s'incuneava fra I gli alberi delle pinete ce l'ha offerta in pieno su un i piatto di platino. Se le tettoie in legno incenerite, gli orti svaniti al passaggio di una carezza di fuoco, le impronte delle macchine bruciate lasciate sull'asfal­to, la lapide sfondata di una parente all'interno del cimitero centrata proprio sulla fotografia, non ci ave­vano fin allora reso capaci dell'immane tragedia che aveva colpito questo angolo di paradiso, quella scul­tura astratta ci ha "regalato" tutti i segni e le memo­rie e la consistenza e lo spessore dell'evento. Abbiamo risentito, qualche giorno dopo, la stessa frustata di brividi sofferta ascoltando il racconto quando un altro amico ci ha confessato di essere , scappato via e di aver pensato che l'unico rifugio che potesse offrirgli un qualche riparo era il Centro Storico. E qui si è rintanato… anche se il termome­tro segnava 51 gradi!

 

 

Piero Giannini

Roma