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Processo Medioevo/ Tano Grasso è leader a capopopolo

“Così nel ’91 a Capo D’Orlando”. Da anni impegnato nella lotta al racket ha preso a cuore il caso Vieste. Una fiumana di viestani per la prima del processo antiracket
Imprenditori e società civile garganica hanno riempito l’aula.

 

 Lo avevano promesso. Ieri a Palazzo di Giustizia si è presentata mezza Vieste per partecipare alla prima udienza del processo "Medioevo". Un’orda di imprenditori, rappresentanti dell’ associazione antiracket e di giovani hanno riempito due pullman e sono partiti all’alba da Vieste per partecipare alla prima udienza e far sentire la loro vicinanza alle vittime delle estorsioni. Ha preso il via ieri, davanti ai giudici della prima sezione penale del tribunale di Foggia, il processo alle otto persone coinvolte nel blitz "Medioevo" e accusate, a vario titolo, di detenzione e produzione di sostanze stupefacenti, ricettazione ed estorsione. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose. Ieri mattina tutti i dipendenti del Tribunale hanno mostrato stupore nel vedere il piazzale pieno di gente. "Ma di che processo si stratta?" hanno chiesto ai cronisti presenti, stupiti di tale affluenza. E’ il processo antiracket che vede imputate 8 persone dopo il messo a segno il 14 aprile scorso, quando i carabinieri, coordinati dalla procura antimafia di Bari arrestarono sette persone accusate di obbligare gli imprenditori turistici a pagare il "pizzo" alla fine della stagione estiva e ad assumere guardiani a loro vicini per il servizio di sorveglianza. Impressionante la partecipazione da parte della cittadinanza viestana, capeggiata da Tano Grasso ed Ersilia Nobile. Grasso, presidente della Federazione Nazionale Antiracket, sta seguendo da tempo le attività dell’associazione di Vieste presieduta da Giuseppe Mascia (anche lui presente ieri mattina in Tribunale). Credo che una mobilitazione del genere sia unica – ha raccontato Tano Grasso – forse paragonabile solo al
processo di Capo D’Orlando del 1991 ". E’ un Grasso entusiasta quello che ieri mattina ha partecipato al processo ed ha fatto da capopopolo, anche con la stampa, considerato che tutti i commercianti e i rappresentanti dell’Associazione antiracket si sono chiusi in un silenzio stampa che verrà rotto solo dopo la sentenza. "Perché non vogliamo che questo diventi un processo politico,
ne vogliamo mettere pressione alla corte che rispettiamo profondamente" ha spiegato lo stesso Grasso, unico portavoce dell’orda che ieri ha invaso la Corte d’Assise di Palazzo di Giustizia. Per l’occasione, essendo stata annunciata da giorni la mobilitazione, c’erano anche i pezzi grossi di Polizia e Carabinieri. Dal capo della Mobile Alfredo Fabbrocini, a quello del Nucleo operativo
del Carabinieri Pasquale Del Gaudio e il comandante provinciale dei carabinieri, Antonio Diomeda. "E’ importantissimo quello che sta accadendo oggi ha affermato lo stesso Diomeda – e spero abbia finalmente un risalto nazionale perchè questo territorio non deve essere considerato di serie B". Ieri mattina, prima di fare ingresso in aula, imprenditori e viestani si sono raggruppati davanti alle scalette che poi portano in aula. Tra loro c’era Pinuccio Vescera, proprietario del lido Oasi e del ristorante Scialì, vittima di un incendio doloso che aveva distrutto i suoi locali. Oltre a lui, circa una settantina di imprenditori, soprattutto tra proprietari di strutture alberghiere e ristoranti. Assieme a loro gli esponenti dell’Associazione antiracket e dell’associazione "Azione Giovani” – Insieme composta da ragazzi giovanissimi che sono riusciti a coinvolgere anche una classe di una scuola superiore di Vieste. Un traffico di persone che poi, con tutta calma si sono sistemate nella parte ovest della Corte d’assise. Ad est i parenti degli imputati. Nessun momento di panico all ‘ingresso
del gruppone, nonostante neanche la corte fosse abituata. La loro presenza era stata comunque annunciata e anche per questo c’è stata una forte presenza di forze dell’ ordine. La curiosità di mettere i piedi in un’aula di giustizia, soprattutto per i più giovani, c’era. Tanto da scalpitare prima dell’ingresso davanti alla corte del presidente Antonio Palumbo. Appena avuto l’ok il primo a
mettere piede in aula è stato Tano Grasso, a seguire la fila di viestani che hanno deciso non solo di portare solidarietà alle vittime, che poi dovranno testimoniare durante il processo, ma di costituirsi parte civile. Infatti, proprio ieri il giudice ha accettato, nonostante l’opposizione della difesa, la costituzione di parte civile del Comune di Vieste, dell’associazione antiracket e del Fai, l’associazione nazionale di Tano Grasso. La fiumana di viestani ha partecipato, in religioso silenzio, nonostante la calca, i pochi momenti che hanno contraddistinto la prima udienza utile solo a raccogliere le richieste della difesa, poi rigettate e quelle del pm della Dda di Bari, Fabrizio Gatti. "Crediamo che la situazione sul nostro territorio possa effettivamente cambiare, soprattutto se vi è un impegno corale delle parti sane della nostra società civile:’ avevano dichiarato alla vigilia del processo. Oltre a loro ieri c’era anche una delle azione della Confcommercio che però ha rispettato il silenzio stampa che gli era stato imposto. "Abbiamo fatto in modo che gli imprenditori che si sono esposti per primi potessero trovare condivisione – ha spiegato Tano Grasso.- Sono affezionato a Vieste perche mi ricorda molto la mia storia, quella del mio paese, Capo d’Orlando dove nel 1990
realizzammo la prima associazione antiracket d’Italia a cui poi tutti gli altri si sono ispirati.
Tra Capo D’Orlando e Vieste c’è una grande affinità nella risposta perchè all’epoca in 20 costituimmo l’associazione e pochi mesi dopo ci furono 21 arresti per mafia. E quella volta al processo testimoniammo solo in 8 persone, ma ottenemmo comunque risultati di cui hanno avuto benefici anche chi non mosse un dito: Noi cambiammo il destino di quel territorio perchè quella iniziativa nonostante fosse realizzata da un gruppo di commercianti, rappresentava l’intera comunità". Dopo la nascita dell’Associazione antiracketviestana, la situazione è decisamente cambiata. Il processo di ieri infatti nasce proprio dalle ribellioni nel dicembre del 2009 di alcune vittime di estorsioni che, stanchi di subire continue vessazioni, minacce e atti intimidatori da parte degli affiliati al clan locale, iniziarono a denunciare e a collaborare con la giustizia. Da lì l’inchiesta dell’Antimafia di Bari, condotta dai Carabinieri di Vico e Foggia, che si è avvalsa di numerose intercettazioni, che hanno portato allo smantellamento di una delle più pericolose cellule mafiose insediatasi sul territorio del Gargano. Questa è la nuova Vieste. Il processo e soprattutto le testimonianze degli imprenditori, ne decideranno la nuova sorte.

Luca Preziosi
L’Attacco