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“I giovani di Capitanata prendono farmaci come i dolcetti”

Spaventano i dati del Centro antiveleni di foggia. “ormai siamo al 2% dei ricoveri”. Dal cioccolato agli antidepressivi, troppi intossicati tra minorenni.

La facilità con cui gli adolescenti ricorrono agli «antidepressivi» sta diventando un vero (e serio) problema. In particolare i dati emersi durante il «Trian­golo interregionale tra i centri antiveleni» rappresentano un au­tentico allarme, medico oltre che sociale. “I ricoveri per intossica­zione sono arrivati ad essere il 2% dell'intero monte annuale di ricoveri registrato presso gli Ospedali riuniti – chiarisce il re­sponsabile del Centro antiveleni del policlinico, Anna Lepore – un dato pressoché impensabile solo alcuni anni fa. Cos'è successo? Che la società si sta eccessiva­mente emancipando. Che i ragaz­zi ricorrono ai farmaci anche in presenza di voti cattivi, di delu­sioni amorose, di incomprensio­ni con gli amici o con i genitori. E giù farmaci, nella fattispecie an­tidepressivi. Come fossero cioc­colate, come fossero dolcetti”. Con tutte le conseguenze del caso, con il poco invidiabile risultato di scoprirsi da società arroccata su forti valori affettivi a terra dalle convinzioni piuttosto fragili. Si è chiuso con una notevole partecipazione di pubblico e ad­detti ai lavori il «Triangolo in­terregionale tra centri antivele­ni» tenuto lunedì scorso a Palazzo Dogana, alla presenza dei centri antiveleni dell'ospedale Carda­relli di Napoli e della Fondazione Maugieri di Pavia (che ospita an­che il Centro nazionale antive­leni). Un confronto che avviene a soli quattro anni dall'istituzione del centro foggiano presso l'azienda ospedaliera, segno che il know how e la competenza ac­quisiti hanno portato il centro antiveleni del policlinico (il se­condo presente in Italia meridio­nale, appunto dopo quello napo­letano) a divenire un importante punto di riferimento. Ma se lo sviluppo del centro è avvenuto così rapidamente, sarà anche perché le abitudini della società foggiana stanno cambian­do (in taluni casi deteriorandosi) altrettanto rapidamente. Ragaz­ze che per abortire ingeriscono farmaci d'ogni tipo, casalinghe depresse che sorseggiano deter­sivi, adolescenti che prendono pillole come fossero chewingum e pensionati che confondono i medicinali prescritti. «Adesso il telefono squilla eccome – conclu­de la Lepore – segno che esiste un punto di riferimento, qualcuno a cui rivolgersi. Segno anche che i foggiani e loro abitudini stanno cambiando, in alcuni casi in peg­gio».