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Allarme di Draghi: «I mutui casa sono troppo onerosi»

Le famiglie italiane cominciano a faticare a far fronte alle rate, arrancano e non solo non riescono a risparmiare, ma faticano ad arrivare a fine mese. Dal governatore della Banca d’Italia arriva un nuovo, pressante invito al sistema bancario: siate più trasparenti.

Le famiglie italiane rischiano di trovarsi in difficoltà per pagare le rate dei mutui: la situazione è ancora sotto controllo, ma alcuni primi segnali di tensione iniziano a intravedersi, soprattutto perché con l'aumento dei tassi di interesse anche il costo dei prestiti è destinato ad aumentare. È l'allarme lanciato dal governatore della Banca d’Italia Mario Draghi che intravede «segnali di deterioramento» sul fronte delle sofferenze bancarie legate ai finanziamenti per l’acquisto di case. Anche se – precisa – la loro incidenza è «ancora bassa». Il numero uno di Palazzo Koch ha scelto la platea dei banchieri riuniti in occasione dell’83esima Giornata Mondiale del Risparmio per lanciare il suo avvertimento. Se infatti l'Italia e in modo particolare le banche hanno resistito senza troppi scossoni alla crisi dei mercati finanziari scatenata dall’episodio subprime in Usa (anche grazie a un’esposizione «limitata»), «l'incidenza delle sofferenze sui prestiti per acquisto di abitazioni, ancora bassa, inizia a mostrare segnali di deterioramento». Per le famiglie e le imprese, annuncia Draghi, il rialzo dei tassi «si rifletterà in un aumento del costo dei prestiti a tasso variabile, che rappresentano tre quarti del totale dei prestiti a medio e a lungo termine». Così, se le tensioni sui mercati dovessero durare più a lungo, «gli oneri per i debitori potrebbero diventare significativi». E il governatore ne dà misura: per le famiglie che hanno un finanziamento indicizzato al tasso Euribor a tre o sei mesi, «un rialzo permanente di 50 punti base comporterebbe in media un aggravio del servizio del debito dell’ordine dello 0,6% del reddito disponibile». E il problema, a suo dire, sarebbe ancora maggiore per le famiglie meno abbienti. Allarme, questo, condiviso anche dall’Ad in Intesa SanPaolo Corrado Passera secondo il quale «l'aumento dei tassi di interesse può aver creato pressione su alcune fasce, pressione che va tenuta presente». Oltre alle spese per mutui, le famiglie italiane fanno fronte anche a spese per tenere i conti correnti che, pur diminuite negli ultimi anni, possono variare ancora molto. Secondo un’indagine della Banca d’Italia, il costo medio annuo di un conto in banca è di 130 euro, ma i picchi possono arrivare anche fino 218 euro (nel 25% dei casi). Draghi avverte che la tipologia di conto scelta dalla clientela «non è sempre la più conveniente» e perciò alle banche chiede che continuino «a migliorare l’informazione e la trasparenza» fornita ai clienti. Perché «trasparenza delle condizioni, concorrenza fra banche, attenzione per la clientela, consapevolezza di quest’ultima contribuiscono alla riduzione dei costi; possono e devono stimolare ulteriori progressi». A rafforzare la tesi di Via Nazionale interviene poi il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà secondo il quale «un calo di 40 euro» del costo dei conti correnti in un anno, «anche a seguito della nostra indagine, è insufficiente ma incoraggiante». Immancabile un richiamo di Draghi anche sull'altro tema caldo del momento: i derivati. Strumento, questo, che vede via via più coinvolte le banche italiane (a fine giugno la loro esposizione in derivati aveva raggiunto i 150 miliardi di euro al valore di mercato, ovvero il 6% del totale). «Lo sviluppo di strumenti innovativi – sostiene il banchiere centrale – è positivo ma richiede una attenta valutazione dei rischi». Le banche non in grado di misurare e gestire correttamente tali rischi, quindi, «devono astenersi dal negoziarle». Ma il richiamo, anche se indiretto, è indirizzato anche agli enti locali (la cui esposizione in derivati, pari a circa un miliardo a fine agosto, «è sicuramente sottostimata»): «gli amministratori locali – avverte Draghi – devono agire in modo consapevole. I derivati sono utili per gestire determinati rischi finanziari; non devono essere usati per migliorare temporaneamente i flussi di cassa addossando oneri, in modo non trasparente, alle amministrazioni future».