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ITALIA NO AI MONDIALI/ Fabrizio Losito: “Bisogna rifondare dalle fondamenta affidandosi alle mani di bravi allenatori dei settori giovanili”

In questi giorni, all’indomani della clamorosa esclusione dai mondiali di calcio 2018 della nostra nazionale, sono stato più volte interpellato per esprimere una mia opinione o un mio giudizio. Mi sono quasi sempre rifugiato in una risposta generica dicendo che le cause sono molte e varie.
Di primo acchitto viene spontaneo addossare la colpa al tecnico e di riflesso a chi lo ha nominato.
Indubbiamente le colpe sono anche del tecnico (Ventura) e del presidente federale, Tavecchio. Ma è una maniera semplicistica per liquidare la questione che è molto più profonda e complessa.
Il gruppo azzurro che ha lottato per raggiungere l’obbiettivo del Mondiali non è stato mai coeso. Con gli Europei del 2014 si era chiuso un ciclo e Antonio Conte che aveva guidato i giocatori in quella competizione aveva capito perfettamente che era un gruppo senza futuro. L’errore è stato quello di non aver programmato per tempo l’inclusione dei giovani emergenti, a dir la verità pochi, nella Nazionale maggiore. Tutto ciò ha comportato un rincorrere soluzioni senza costrutto e senza una programmazione adeguata. Sicuramente la federazione ha sottovalutato il momento critico in cui versava e versa il movimento calcistico italiano. I mondiali vinti nel 2006 hanno depistato in maniera decisiva nella valutazione reale del sistema calcio. Le altre nazioni, Spagna, Germania, Svizzera si sono adoperate a rinforzare tutta l’organizzazione calcistica partendo dal basso con una programmazione capillare del movimento. Prendendo spunto dalla federazione francese, apripista. Il centro federale francese di Clairefontaine è portato come esempio da tutti gli addetti ai lavori.
In Italia si è perso tempo per litigare sulla spartizione dei diritti televisivi e le poltrone. Si sono adagiati sugli introiti enormi di tali diritti TV senza programmare nulla per le proprie squadre.
Strutture fatiscenti, settori giovanili trascurati. Solo pochissime società sono organizzate in maniera adeguata. C’è stato uno stravolgimento delle caratteristiche di selezione. Si privilegia il fisico e i centimetri, la corsa e la tattica, trascurando la tecnica. Se pensiamo che solo il 5% dei giovani della Primavera arriva a esordire in serie A, si capisce perché la Nazionale ha pochi elementi da utilizzare poi per le proprie gare. Bisogna anticipare l’inclusione nelle squadre senza tenere tanti promettenti giovani ad ammuffire nelle Primavere. Non tutti sono bravi e gli stranieri (vedi gli africani) hanno a quell’età più prestanza fisica e muscolare. Ma spesso sono gli allenatori dei settori giovanili che invece di fare i maestri di calcio puntano ai fisici da lottatore. Si punta molto sui giocatori il più delle volte inutili che sui tecnici bravi, capaci davvero di insegnare calcio. I maestri di calcio di una volta non vengono più cercati. Quelle persone che una volta erano le figure di riferimento per tutti i ragazzi che si avvicinavano al calcio, capaci di trasmettere l’entusiasmo e l’emozioni per il pallone.
Vanno scelti invece con grande attenzione e messi nelle condizioni di vivere questa attività con la massima tranquillità senza essere pressati dal discorso del risultato. Bisogna rifondare dalle fondamenta affidandosi alle mani di bravi allenatori dei settori giovanili, capaci di trasformare giocatori grezzi, come può essere un diamante, in gioielli preziosi. Occorre dare entusiasmo ai bambini che si avvicinano al calcio senza ingabbiarli in schemi e tattiche che precludono la crescita naturale dei propri talenti e delle proprie virtù. Per finire altro aspetto importante è la riorganizzazione dei campionati riducendo le squadre partecipanti. Così facendo aumenta la concorrenza e la selezione facendo migliorare sicuramente il livello generale.

 

Fabrizio Losito

Osservatore ufficiale FICG

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