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La Francia sta dando belle soddisfazioni all’attore viestano Tommaso Ragno: a inizio maggio ha vinto il premio come miglior attore, per la sua prova nella serie di Niccolò Ammaniti, “Il miracolo” (cui è andato anche il premio speciale della giuria)

La Francia sta dando belle soddisfazioni all’attore viestano Tommaso Ragno: a inizio maggio ha vinto il premio come miglior attore, per la sua prova nella serie di Niccolò Ammaniti, “Il miracolo” (cui è andato anche il premio speciale della giuria), che chiuderà la prima stagione su Sky Atlantic.

E Cannes ha assegnato il premio per la migliore sceneggiatura a “Lazzaro felice”, in sala dal 31 maggio con 01, di Alice Rohrwacher, dove Ragno (al cinema anche con la commedia “Hotel Gagarin”) interpreta Tancredi (il “mezzo fratello” del protagonista) adulto. «È stato magnifico poter entrare nel mondo delle meraviglie, poetico, di Alice – dice l’attore -. Come ha spiegato Adriano Tardiolo (che nel film interpreta Lazzaro), Alice non dirige degli attori, dirige delle persone». Ragno, classe 1967, nato a Vieste e formatosi alla Scuola Drammatica Paolo Grassi di Milano, è uno degli interpreti più talentuosi e intensi della scena italiana.

Ha sempre frequentato anche cinema (lo hanno diretto fra gli altri Greco, De Bernardi, Mazzacurati, Bertolucci, Virzì, Roberta Torre) tv, radio e sta conquistando una nuova generazione di pubblico grazie alle grandi serie di Sky e presto di Netflix, dove è fra gli interpreti di “Baby”, sullo scandalo delle baby squillo. «Non posso ancora rivelare nulla della storia – spiega -. Ora sono sul set con Andrea De Sica (regista di quattro delle sei puntate, le altre due saranno dirette da Anna Negri). Mi aveva già colpito moltissimo per il suo primo film, “I figli della notte”».

Quest’ondata di nuova serialità di Sky e Netflix «ha alzato l’asticella, spingendo tutti a migliorare e creando molte nuove possibilità, sia per gli attori che per la scrittura». In “Il miracolo” ha conquistato pubblico e critica nei panni di Marcello, prete di periferia in crisi, perso tra videopoker, debiti, pornografia e prostitute che rimette tutto in discussione davanti alla madonnina piangente sangue al centro della storia: «È stato un lavoro d’insieme. Niccolò e i cosceneggiatori Francesca Marciano, Francesca Manieri, Stefano Bises hanno lavorato a lungo sulla storia. Un attore non può che augurarsi di ricevere uno script con personaggi di questo spessore, poter dare corpo a quelle parole. Poi Ammaniti ha fatto un lavoro al cesello con gli attori. Tra noi c’è stato un costante scambio, come con i registi, Lucio Pellegrini e Francesco Munzi».

Già in “1992” e in “993” Ragno aveva lasciato il segno interpretando Mainaghi, industriale dal destino tragico: «Tutto è partito da un altro bell’incontro, quello con gli showrunner Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, che hanno lavorato sul progetto tre anni prima delle riprese. È una serie con molti tratti rivoluzionari, anche a livello narrativo». Tra i suoi nuovi ruoli, quello di produttore truffaldino nella commedia on the road “Hotel Gagarin” di Simone Spada, con Claudio Amendola, Luca Argentero e Barbora Bobulova: «È vero che far ridere è la cosa più difficile». In scena ha avuto come registi e maestri fra gli altri, Strehler, Ronconi, Martone, Emma Dante, Castri, Sciaccaluga. «Mi hanno insegnato l’ostinazione, l’avere fame, il volersi sempre migliorare». Iniziamo a rivedere più attori di teatro anche al cinema e in tv: «Come succedeva negli anni ‘50 e 60, da Tognazzi a Gassmann a Manfredi. Allora non c’erano pregiudizi». Tra i colleghi a cui Ragno guarda ci sono Renato Carpentieri («recentemente ha vinto premi importanti, ma in realtà è un premio già lui») Carlo Cecchi, o Toni Servillo: «Incarnano un’etica del recitare, un modo di fare teatro che assomiglia più al creare una casa che al fare spettacoli».

messaggero.it