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Dalla Puglia i datteri di mare allevati


Si tratta di un progetto sperimentale che permetterà di consumare il mollusco senza danneggiare l’ambiente. Al momento è vietata la vendita dei datteri perchè la pesca implica distruggere gli scogli.

Sono in arrivo i primi datteri di mare di allevamento. E’ questa l’ultima frontiera di un progetto sperimentale condotto nell’Adriatico meridionale, che permetterà di consumare questo prelibato mollusco senza danneggiare l’ambiente. Cattura, consumo e vendita sono infatti vietati dal 1998, per la natura distruttiva delle tecniche di raccolta dei datteri, che perforano le rocce sommerse dei litorali per vivere al loro interno. Si calcola che, per un piatto di linguine ai datteri, si distrugge un quadrato di fondale di 33 centimetri di lato.

Sono due gli esemplari autoctoni di datteri: il 'Pholas dactylus', comunemente conosciuto come dattero di mare, che per raggiungere i cinque centimetri impiega tra i 15 e i 20 anni e il 'dattero bianco', la cui crescita invece è molto rapida (36 mesi per una taglia commerciale). Ed è questa specie ad essere stata allevata per due anni nel Golfo di Manfredonia dall’equipe della Federcoopesca-Confcooperative, cui si deve il progetto finanziato dalla Regione Puglia. La sperimentazione è stata realizzata mettendo in acqua un impasto di cemento, cenere e carbone utilizzato come barriere artificiali sommerse per ricreare un habitat adatto all’insediamento dei datteri.
Si tratta di una tecnica che va sicuramente affinata, ma che potrebbe dare in un prossimo futuro un importante contributo per salvaguardare le scogliere e ridurre il mercato nero legato alla vendita del dattero.

Secondo il Rapporto zoomafia 2007 della Lav (Lega anti vivisezione), ogni anno in Italia vengono raccolte illegalmente tra le 80 e le 180 tonnellate di datteri, equivalenti a 4-9 ettari di fondali desertificati; basti pensare che il mare, saccheggiato dalle organizzazioni criminali, muove un giro di affari di circa 300 milioni di euro l’anno.