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Sanità in Puglia/ Riforma 118 entro l’anno ma c’è il nodo addetti

Continua a far discutere la ri­forma del servizio di emergen­za-urgenza 118 che la Regione in­tende portare avanti, da un lato accorpando tutti le centrali ope­rativi (personale e mezzi compre­si) in un’unica Agenzia regionale con una sola centrale regionale (112), dall’altro chiudendo i soc­corsi ritenuti inadeguati nell’am­bito del piano di riordino, lasciando attivi solo quelli che superano i 20mila accessi l’anno.

Secondo i calcoli dei sindacati, almeno 38 strutture dovrebbero chiudere avendo una media di 6mila accessi l’anno per essere trasformate in Punti di primo in­tervento, così come previste dalla Regione ovvero dotate di ambu­lanza medicalizzata. Secondo la Regione, invece, i Punti di primo intervento sopravviveranno con una partecipazione più attiva del 118, ovvero con i Ppi che si de­dicheranno soprattutto ai codici bianchi e ai codici verdi e la sostituzione con ambulanze medicalizzate che possano gestire anche i codici gialli e i codici rossi nel trasporto. L’obiettivo, come più volte rimarcato dal direttore del Dipartimento Salute Giancarlo Ruscitti, è superare entro l’anno l’assetto attuale, datato 2006, ac­corpando le cinque centrali operative territoriali in una sola azienda. Resta il nodo di come unificare le attività di tutto il per­sonale sanitario e paramedico, dai medici dipendenti del Ssr ai vo­lontari che, invece, fanno capo alle associazioni convenzionate. Il tut­to nel quadro delle risorse dispo­nibili e dei vincoli spesi, validi almeno fino al 2019 nonostante la Regione abbia superato a pieni voti il difficile piano di rientro.

Ad insorgere, ora, è il sindacato Ussmo. «Pur condividendo l’in­tento di portare nella dipendenza tanti colleghi che vivono oggi nel­la precarietà di un rapporto con grandi benefici anche per quanto concerne l’erogazione dei servizi alle persone, il sindacato – rife­risce il segretario regionale Fran­co Lavalle – chiede «una preven­tiva attenta analisi del progetto. Le perplessità che solleviamo riguardano alcuni aspetti normati­vi e procedurali. Come è possibile coniugare l’auspicabile program­ma con i vincoli sulla spesa ancora vigenti? Bisogna soprassedere al­le necessarie assunzioni di medici ospedalieri, fondamentali per il normale funzionamento delle UU.OO. ospedaliere? Non possia­mo non evidenziare le indispen­sabili chiusure o riduzioni di posti letto – sottolinea Lavalle – per con­sentire lo smaltimento delle ferie, nonostante le chiusure di alcuni ospedali che hanno offerto una di­sponibilità di personale. Fatto che conferma in maniera inequivoca­bile la necessità di assunzioni di medici per i reparti. Come si fa con questi vincoli di bilancio a garan­tire l’una e l’altra cosa?». Difficile, sinora, è stata anche la concer­tazione, a sentire l’Ussmo. «I me­dici del 118 vorrebbero essere ascoltati in proposito: alcuni di loro non accetterebbero mai, dopo anni di lavoro nel 118, di partire come novizi nella dipendenza. La proposta di riforma, insomma, sarà pure bellissima, ma quanto è realizzabile?». Oltre al nodo risorse, quello del personale. A ricordarlo è il capo­gruppo di Dit-Ncl Ignazio Zullo, che ha presentato una mozione con cui impegnare la Giunta a far rientrare dall’estero i «cervelli» in fuga. «Quanti giovani italiani hanno lasciato il nostro Paese per andare all’estero a laurearsi in Medicina, Veterinaria, Farmacia, Odontoiatria, Biologia, Chimica, Fisica e Psicologia e, poi, hanno scelto di rimanere a lavorare sem­pre all’estero dove le regole per l’accesso alla professione sono di­verse da quelle italiane? Molti di loro – dice – non sono tornati in Italia perché non in possesso della specializzazione. Da noi, infatti, la specializzazione è un requisito per l’accesso al Ssn. Ma in presenza di una carenza acclarata di medici cosa si può fare per far tornare nel nostro Paese questi “cervelli”?». La soluzione, secondo Zullo, sa­rebbe quella di «specializzare gio­vani italiani che da anni lavorano all’estero valorizzando il servizio prestato all’estero per un numero di anni pari alla durata del corso di specializzazione della discipli­na attraverso uno o più esami del corso di specializzazione ed esame di tesi finale in una Università Italiana. La Regione potrebbe farsene promotrice nella Conferen­za Stato-Regioni».