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Vieste/ Pranzo galeotto a katana al via il processo a Raduano. Accusato di aver violato la sorveglianza speciale. Intanto è tornato libero.

Cominciato nei giorni scorsi davanti al giudice monocratico del Tribunale di Foggia il processo a Marco Ra­duano, 34 anni, viestano rite­nuto al vertice di uno dei due clan locali protagonisti della guerra di mala contrassegnata in tre anni e mezzi da 9 morti am­mazzati; 5 ten­tativi d’omicidio (uno ai danni dello stesso Raduano) e 1 lupara bianca. Il giovane viesta­no, «protagonista» negli ultimi anni di una serie di arresti, con­danne, assoluzioni e scarcera­zione, è adesso accusato di una doppia violazione della sorveglianza speciale: essere andato il 23 aprile scorso a pranzo in un ristorante di Peschici, nonostan­te l’obbligo di soggiorno a Vieste; aver custodito in un garage ritenuto nella sua disponibilità una sorta di spada giapponese (e un sorvegliato non può detenere armi), seque­strata dai ca­rabinieri il 21 marzo scorso, nell’ambito di una serie di perquisizioni eseguite dall’Arma su­bito dopo che lo stesso Raduano era sfuggito ad un agguato sotto casa, quando due killer armati di fucile e mi­tra Kalashnikov fecero fuoco a raffica, ferendolo a braccio e an­ca ma senza riuscire ad ammazzarlo. Raduano respinge le accuse, si dichiara innocente: è tornato libero

da qualche settimana dopo il doppio arresto a fine aprile: il 26 fu fermato d’iniziativa dai ca­rabinieri per il pranzo «vietato» di tre giorni prima; il 30 aprile, mentre era ancora detenuto in carcere, sempre i carabinieri gli notificarono un’ordinanza cau­telare firmata dal gip foggiano su richiesta della Procura per contestargli il possesso della spada e la conseguente violazio­ne della sorveglianza speciale. Il 24 maggio il Tribunale della li­bertà di Bari accolse parzial­mente il ricorso difensivo e gli concesse i domiciliari, revocati poi circa un mese fa dal giudice con rimessione in libertà e risottoposizione di Raduano alla sorveglianza speciale con obbli­go di soggiorno a Vieste. La prima udienza del processo al presunto boss emergente è stata contrassegnata dall’ammissione delle prove chieste da pm e difesa, con rinvio del processo a ottobre quando saranno inter­rogati i primi testimoni d’accu­sa, i carabinieri che condussero gli accertamenti che portarono al doppio arresto di Raduano. Gli avvocati difensori Francesco Santangelo e Cristian Caruso puntano all’assoluzione anche attraverso la citazione di una se­rie di testimoni a discarico. In relazione all’accusa di essere andato a pranzo a Peschici con altre 2 persone, i legali di Raduano sostengono che l’accusa poggia

su fotogrammi di un video che mostrerebbe l’imputato nel ri­storante peschiciano, ma che so­no sgranati e non darebbero al­cuna certezza sull’identità dei commensali, chiaramente nell’ottica difensiva. Quanto all’accusa di aver de­tenuto illecitamente un’arma in un garage, i difensori ribattono che quel locale era stato già per­quisito altre volte dai carabinie­ri prima della sera del 21 marzo e la spada pur presente non era stata sequestrata; aggiungono soprattutto che il box non è

nell’esclusiva disponibilità di Raduano che nega che l’arma fosse sua, mentre c’è un testi­mone a discarico che ha detto chiaramente di chi fosse la spa­da; e infine rimarcano che la offensività dell’arma – facilmente acquistabile su bancarella non trattandosi certo della caratte­ristica «katana» giapponese che ha una lama molto più lunga – è legata a portarla in pubblico, mentre la semplice custodia in un luogo chiuso non comporterebbe alcun reato. La sentenza di primo grado è attesa per il 2019.

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