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Puglia prima in Italia per numero di cave attive (oltre seicento). Ma senza tariffario

Altro primato: la Regione nel 2007 ha approvato la legge sull’estrattivo si va, per esempio, dai 0,10 euro a metrocubo pagati in Campania ai 3,33 del Friuli. Dati stupefacenti, considerati i danni arrecati all’ambiente e i lauti guadagni del settore, che muove un giro d’affari di circa 5 miliardi di euro l’anno solo per gli inerti. E se si considera il peso che le ecomafie hanno nella gestione del ciclo del cemento e nel controllo delle aree di escavazione è particolarmente preoccupante una situazione praticamente priva di regole.La fotografia è scattata da Legambiente, in un dossier che raccoglie tutti i numeri sulla gestione dell’attività estrattiva in Italia, nell’intento di fare il punto su politiche e competenze e capire le spinte che muovono un settore strettamente intrecciato con quelli dell’edilizia e delle infrastrutture. I numeri contenuti nel Rapporto sono impressionanti. L’estrazione di inerti e la produzione di cemento sono in Italia in costante aumento. Le cave attive in Italia sono 5.725 mentre sono 7.774 quelle dismesse nelle Regioni in cui si è fatto un monitoraggio. Si possono stimare in oltre 10 mila quelle complessivamente abbandonate se si considerano anche le 9 Regioni in cui non sono disponibili dati. In testa alla classifica delle cave dismesse c’è la Lombardia, con 2.543 aree abbandonate. Il primo posto per quantità estratta spetta alla Sicilia con oltre 113 milioni di metri cubi nel 2006. Nel 2006 sono state consumate quasi 47 milioni di tonnellate di cemento, per una media di 813 chili per ogni cittadino a fronte di una media europea di 625. Tra i grandi Paesi europei, solo la Spagna presenta una situazione peggiore della nostra. Tra il 1999 e il 2006 in Germania e Regno Unito il consumo di cemento diminuisce. La normativa nazionale di riferimento è ancora un Regio Decreto del 1927, un testo che rispecchia l’idea di un settore da sviluppare, sfruttando le risorse del suolo e sottosuolo al di fuori di qualsiasi considerazione territoriale, ambientale o paesaggistica. Le regole per l’attività estrattiva dovrebbero essere dettate dalle Regioni, a cui sono stati trasferiti i poteri in materia nel 1977. La fotografia aggiornata della situazione nelle Regioni italiane vede un quadro normativo completo, con l’eccezione della Calabria, e invece l’assenza di piani in ben 10 Regioni, Veneto Friuli e tutte quelle del centro- sud (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) con l’eccezione della Puglia che lo ha approvato nel 2007. In almeno metà del Paese, dunque, la situazione è di grave emergenza. L’assenza dei piani cava ha come conseguenza di determinare una enorme discrezionalità in chi deve autorizzare le nuove cave e nello stesso controllo del territorio, e in cui si fa sentire tutto il peso delle lobby dei cavatori e delle ecomafie. Sono pochissime, poi, le Regioni che escludono dall’attività estrattiva aree di rilevante interesse ambientale. In Puglia proprio l’Alta Murgia registra un fenomeno negativo: i casi di abusivismo da attività estrattiva non sono cessati neanche dopo l’inserimento dell’area tra i Parchi Nazionali. A Ruvo di Puglia nel 2004 i carabinieri del nucleo operativo ecologico hanno posto i sigilli su 22 cave nelle quali sette ditte conducevano lavori di scavo non autorizzati né autorizzabili, trattandosi di un’area SIC. Tra i casi più rilevanti è la cava abusiva di calcare ad Altamura dove sono stati prelevati 400.000 metri cubi di materiale che ha alterato irreversibilmente la morfologia della zona. Nella zona di Trani sono decine le cave aperte senza alcun controllo e la situazione è aggravata dalla presenza dei materiali di scarto delle attività estrattive che vengono qui riversate.
da quotidianopuglia.it